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Cultura

IL BACHELARD-PENSIERO

LIVIO GHIRINGHELLI - 29/03/2019

bachelardNato a Bar-sur-Aube (Champagne) nel 1884, il filosofo francese, fisico, chimico e matematico Gaston Bachelard è impiegato postale dal 1903 al 1913, si laurea in scienze matematiche e nel 1927 consegue il dottorato in filosofia con Léon Brunschvicq.

 Dal 1919 al 1930 insegna fisica e chimica nella scuola secondaria; dal 1930 al 1940 è docente di filosofia all’Università di Digione, quindi di filosofia e storia delle scienze presso la Sorbona dal 1940 al 1954.

 La direzione del suo pensiero è affine a quella del popperismo. La vocazione filosofica è tardiva, ma appassionata. Fino al 1940 prevalgono gli studi di carattere epistemologico, quindi quelli relativi all’immaginario e al sogno. Si interessa alla psicologia di Carl Gustav Jung e si dedica all’analisi letteraria e poetica.

 Vede nella perdita temporanea della presenza piena a se stessi, della lucidità e continuità della coscienza, un gioioso ampliamento del raggio dell’esperienza. Ci spogliamo allora del principio di individuazione.

 La rêverie rappresenta uno stadio intermedio, di oscillazione e indecisione, tra il percepire e l’immaginare, tra il sentire e il ricordare. È un inframondo tra conscio e inconscio, “un meno d’essere che si sforza verso l’essere”. Compie gli studi sull’immaginario, che costituisce una forma di conoscenza più profonda di quella tecnico-scientifica e sulla fantasticheria.

Bachelard si oppone sia al positivismo, che fondandosi sul giudizio di utilità è già incline a declinare verso il pragmatismo, sia allo spiritualismo, indifferente nei riguardi della tecnica. La scienza per Bachelard è una pluralità irriducibile di saperi e di tecniche concrete (razionalismo applicato). Il progresso scientifico non ha uno svolgimento lineare e unitario, comporta fratture, coupures epistemologiche e procede per approssimazioni continue.

 Bachelard constata che la scienza non ha la filosofia che si merita. Bisogna abbandonare il terreno delle contrapposizioni gnoseologiche assolute, dialettizzare i concetti filosofici, constatando il processo storico e psicologico delle scienze. Urge una sintesi filosofica non cartesiana. Gli si presenta una duplice rottura rispetto sia al sapere comune che rispetto al passato della scienza. Urge l’esigenza di un razionalismo non astratto, bensì applicato. Elabora la concezione dell’ostacolo epistemologico, di un limite continuamente posto e superato. Si avanza per rotture e salti, con la conseguenza di una purificazione progressiva dei concetti. Nell’opera progressiva di rettificazione e generalizzazione si ha l’incrocio degli specialismi.

 Rispetto all’empirismo logico va introdotta nell’epistemologia una componente storica, psicologica e pedagogica che non gli è presente.

 La scienza partecipa al contempo della realtà e della razionalità. La scienza contemporanea sintetizza e dialettizza le polarità classiche della metafisica ; ci si orienta verso la dialettica aperta di una epistemologia non cartesiana. Le geometrie non euclidee, la meccanica non newtoniana, la fisica non maxwelliana, l’aritmetica non pitagorica sono discipline che si collocano nella complessità di una scienza, che ha abbandonato la chiarezza e la distinzione del metodo cartesiano. I concetti scientifici non si fissano in categorie definite e sostanziali. Non esistono fenomeni semplici, il fenomeno è una trama di relazioni. Bisogna ritrovare la giovinezza dello spirito inventivo. Si conosce contro una conoscenza anteriore. La scienza poi si oppone assolutamente all’opinione: l’opinione pensa male; essa non pensa; traduce bisogni in conoscenze ; designa gli oggetti secondo la loro utilità, si impedisce di conoscerli. Ogni conoscenza è una risposta a una domanda dando senso del problema.

 Alla fine l’istinto formativo finisce per cedere a quello conservativo. Soltanto la ragione dinamizza la ricerca, essa sola suggerisce al di là dell’esperienza comune, immediata e ingannevole, l’esperienza scientifica, indiretta e feconda.

 L’epistemologia di Bachelard, a differenza di quella di Alexandre Koyré, tiene in scarsa considerazione le vicende interne della storia delle scienze e la loro spiegazione alla luce del contesto culturale. Il superamento degli ostacoli comporta un rilevante impegno pedagogico. Bisogna tener presente la psicologia dell’errore, dell’ignoranza e della irriflessione. Non si tratta di acquisire una cultura sperimentale, quanto di cambiarla.

 Queste le linee affacciate nelle due opere “Il nuovo spirito scientifico”(1934) e “La formazione dello spirito scientifico. Contributo ad una psicanalisi della conoscenza” (1938). Entra ora in campo “La filosofia del non . Saggio di una filosofia del nuovo spirito scientifico “ (1940). La filosofia delle scienze si esaurisce tra gli ostacoli epistemologici del generale, di competenza dei filosofi e dell’immediato, del particolare, prediletto dagli scienziati. L’empirismo ha bisogno di essere compreso, il razionalismo d’essere applicato. La polarità va dialettizzata in una visione dinamica e aperta. Si dovrebbe fondare una filosofia del dettaglio, una filosofia scientifica differenziale, che farebbe riscontro alla filosofia integrale dei filosofi, misurare il divenire di un pensiero.

 L’aspetto negativo della filosofia scientifica è dato dallo spirito del dettaglio. La filosofia del non però non procede da uno spirito di contraddizione senza prove. Non può mobilitarsi attorno a dialettiche hegeliane. In tutte le circostanze l’immediato deve cedere il posto al costruito, poiché la ragione non ha il diritto di privilegiare una esperienza immediata. Non è la scienza a conformarsi alla ragione, ma è la ragione a essere riconosciuta come il prodotto mutevole e storico, sempre aperto, della attività scientifica. La ragione deve obbedire alla scienza.

Nel saggio “Il razionalismo applicato”(1949) si chiariscono due esigenze: non razionalità a vuoto, non empirismo sconclusionato. Da una parte il pensiero scientifico non può trovare le sue forme solide e molteplici nell’idealismo, nel solipsismo, che è il male congenito di ogni idealismo ; il positivismo appare come il guardiano della gerarchia delle leggi, ma si fonda su giudizi di utilità. Quella della fisica è una dialettica concreta applicata.

 Nel quadro tracciato da Bachelard è posto un centro, da cui tutte le filosofie della conoscenza scientifica si ordinano, quello del razionalismo applicato e del materialismo tecnico. Bisogna collocarsi nel centro, in cui lo spirito conoscente è determinato dall’oggetto preciso della sua conoscenza e in cambio determina con maggior precisione la sua esperienza.

 Altre opere da segnalare : “Il valore intuitivo della relatività”(1929), “La dialettica della durata” (1936), “L’esperienza dello spazio nella fisica contemporanea” (1937), “Il materialismo razionale “(1953).

Gaston Bachelard muore nel 1962 all’età di 78 anni.

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