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Attualità

BICCHIERE TUTTO VUOTO

SERGIO REDAELLI - 11/04/2019

Il premier Giuseppe Conte alla 53a edizione del Vinitaly

Il premier Giuseppe Conte alla 53a edizione del Vinitaly

Al 53° Vinitaly di Verona i vip sfilano di buon umore con il calice in mano, un’invitante flùte di bollicine elettorali e il sorriso stampato sul volto. S’intuisce lo stato d’animo: ragazzi si beve, questo si che è fare politica con gusto. Ci sono tutti. Il premier Conte, i litigiosi diarchi Salvini e Di Maio, il ministro all’agricoltura Centinaio competente alle bevande, il governatore veneto e padrone di casa Zaia, l’alta carica istituzionale Casellati. C’è spazio anche per la minoranza. Nello stand della Puglia il presidente Emiliano degusta un primitivo rosso e da qualche parte l’ex premier D’Alema partecipa a un dibattito condotto dall’immancabile Bruno Vespa.

Il presidente del Consiglio gonfia il petto: “Celebriamo la produzione 2018 che ha infranto diversi record, l’export che va forte e ha prospettive di crescita importanti”. Riceve il titolo di Sommelier Onorario, come se i risultati nella vigna fossero merito suo. Bianchi e rossi italiani a denominazione d’origine, spumanti compresi, superano i venti milioni di ettolitri e il governo ci mette la faccia, come si usa dire. Le occasioni di fare bella figura, di questi tempi, non sono così numerose. L’economia del Belpaese è ferma, la crescita viaggia sullo 0,1%, molto meno dell’1% stimato pochi mesi fa e il deficit tendenziale balza verso il 2,4, contro il 2,04 promesso alla Ue.

Insomma, farsi vedere alle tv di tutto il mondo con un bicchiere di nettare italiano è la manna dal cielo. Neppure il tempo di alzare il sipario sulla rassegna scaligera e la scena è tutta per i protagonisti della politica. L’uomo forte del governo Matteo Salvini è accolto dai vertici di Verona Fiere con una felpa griffata e la indossa prima di iniziare la visita. Gongola: “La politica cerca il vino perché fa bene, perché è un business, perché tutela il territorio e rappresenta l’Italia nel mondo”. Non confessa il quinto motivo: che sarebbe da pazzi non approfittarne per prendersi un po’ di gloria. Anche se immeritata. Le elezioni europee del 26 maggio incombono.

Al Vinitaly partecipano 4600 espositori di 35 nazioni e i top-buyer (cioè i compratori) di cinque continenti. Insieme alle tecnologie applicate alla filiera del vino si celebrano anche quelle dell’olio, della birra, del design e dell’agroalimentare di qualità. Tutto il mondo guarda. Davanti alle telecamere il presidente del Parlamento europeo Tajani, il commissario per l’agricoltura Hogan e il vicepresidente della commissione De Castro. Con il voto europeo di maggio cambieranno gli interlocutori ma non i problemi sul tappeto, l’etichettatura che indichi il Paese di provenienza dei prodotti e la Pac, la politica agricola comunitaria che può dare o togliere finanziamenti all’Italia.

È il Sanremo del vino. Secondo Coldiretti, il vigneto Italia crea opportunità di lavoro per 1,3 milioni di persone impegnate nei campi, nelle cantine, nella distribuzione commerciale e nelle attività connesse. Il fatturato è salito nel 2018 alla quota record di 11 miliardi in valore, grazie alla crescita di export (+3%) e consumi (+4%). L’export è aumentato nel 2018 a quota 6,2 miliardi di euro e i consumi interni hanno raggiunto 4,8 miliardi. Sul fronte delle esportazioni nel 2018 le vendite sono cresciute del 4% negli Usa, che si confermano il nostro primo cliente. Seguono la Germania (+4%) e il Regno Unito (+2%). La Brexit e la guerra commerciale Usa-Cina sono i punti interrogativi.

Un’altra buona notizia. Secondo il Rapporto Eban-Nomisma sulle attività agricole, gli italiani, forse spinti dalla crisi economica, hanno riscoperto il lavoro nei campi e dopo anni cresce la loro presenza in agricoltura. Il rapporto mette in evidenza l’aumento complessivo del 4% di operai impiegati, più di 1 milione, e del 6% delle giornate lavorate, 110 milioni. L’agricoltura è oggi il secondo settore dopo il turismo. Il rapporto rivela che il 26% dei lavoratori agricoli è di provenienza estera. Fra questi ultimi il 49% è comunitario (75% rumeni) e il 51% extracomunitario (42% africani). Nel 2017, gli stranieri sono calati del 5% fermandosi a quota 275 mila.

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