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Economia

LA CRISI VISTA DA LUVINATE

GIANFRANCO FABI - 24/03/2012

Scegliamo la crisi”, questo il titolo, molto provocatorio, che il gruppo di “AmiciziaCivica” ha voluto dare a un incontro a Luvinate in cui, la settimana scorsa, mi avevano chiesto di spiegare i tanti perché della crisi economica, magari insieme a qualche indicazione sulle soluzioni. Mi avevano spiegato che “AmiciziaCivica” è un gruppo di persone, alcune impegnate anche nella politica comunale, che tra Luvinate e Comerio, cercano di far riflettere, partendo dal messaggio cristiano, sui valori da rilanciare all’interno della società contemporanea.

Al centro del confronto c’era infatti il tema dell’attuale situazione finanziaria, intesa non solo nei suoi aspetti economici ma anche sociali, a partire dalle riflessioni proposte dal Cardinale Scola che nei mesi scorsi aveva parlato di crisi come “travaglio” e “transizione”: “Mi sembra decisiva la prospettiva con cui si sceglie di guardare all’odierna situazione. Parlare di crisi economico-finanziaria per descrivere l’attuale frangente di inizio del Terzo Millennio non è sufficiente. A mio giudizio la crisi del momento presente chiede di essere letta e interpretata in termini di travaglio e di transizione”. È questo uno dei passaggi del primo “Discorso alla città” che il cardinale Angelo Scola ha pronunciato lo scorso 6 dicembre 2011 in occasione della celebrazione di Sant’Ambrogio.

Al di là delle mie parole di spiegazione l’incontro è stato particolarmente interessante per le numerose domande e per gli interventi che hanno fatto seguito all’introduzione. Domande e interventi ispirati a una palese e sincera volontà di voler comprendere una crisi sicuramente complessa e che sembra svolgersi su percorsi dettati da logiche che sfuggono a qualunque principio di partecipazione e di responsabilità.

Ed è emerso un profondo desiderio di concretezza, di sfuggire ai luoghi comuni e alle ideologie per cercare quasi di riannodare i fili di un discorso spezzato. Un discorso fatto dell’economia delle cose concrete, della creatività e della produzione, e di una politica fatta di partecipazione e di rappresentanza, due elementi questi ultimi largamente disattese dalle classi politiche che hanno governato l’Italia negli ultimi decenni.

L’Italia si trova così ad avere grandi handicap sotto il profilo economico: il peso di un debito pubblico e di una spesa pubblica che appare difficile quanto necessario tagliare, il peso di un calo di competitività dell’industria, il peso di una conflittualità rituale che non sa fare i conti con i cambiamenti della realtà economica.

Molto puntuali sono state, in questa prospettiva, le sottolineature sulle profonde differenze che sono balzate in evidenza negli ultimi anni tra la Germania e l’Italia: una Germania che è un forte sistema paese, un sistema che aiuta le industrie nella loro proiezione sui mercati esteri, con dei sindacati profondamente convinti del valore della partecipazione e della corresponsabilità.

Ma il punto finale è stato, in maniera molto significativa, il ribadire come una rinnovata spinta di un’etica “amica della persona” (come dice la Caritas in Veritate) possa essere la mossa vincente per ricostruire su basi nuove i rapporti sociali ed economici. Dove il mercato e la moneta tornano a essere semplici strumenti nelle mani dell’uomo, della sua cultura e dei suoi valori. Con una dinamica progressiva in cui l’economia della qualità, delle relazioni, della solidarietà, prende il sopravvento sulla dittatura del Prodotto Interno Lordo e del profitto.

Il PIL e il profitto, due indicatori utili per misurare l’efficienza di un Paese così come di un’impresa. Ma a fianco di questi vanno collocati i più significativi valori dell’umanità, compreso il senso religioso. Perché solo guardando alla persona nella sua integralità, e quindi anche nella dimensione trascendente, è possibile dare un senso alle cose e alla storia: e magari ricreare quella speranza che non ha nulla a che fare con l’angoscia che tanto spesso contraddistingue l’uomo contemporaneo.

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