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Noterelle

COSE VECCHIE

EMILIO CORBETTA - 03/05/2019

depositoPerché conservare le cose vecchie? È una mania? Un segno di parsimonia? Di anticonsumismo? Di deferenza nei confronti di chi le ha progettate e costruite? Di austerità e di risparmio? Di illusione di far sopravvivere sé stessi insieme alle cose?

Si assiste anche ad un fenomeno particolare: col trascorrere del tempo la cosa vecchia diventa antica e da oggetto di discarica diventa oggetto da museo. Dalla pattumiera all’antiquariato.

Nell’edilizia avviene un fenomeno un poco analogo: secondo alcuni un edificio vecchio è abbattibile per lasciare il posto a qualcosa di nuovo. Un edificio vecchio da altri viene considerato un edificio bello, un contributo all’arte del costruire e quindi un edificio da conservare. Nell’ambito dell’automobilismo vediamo modelli che hanno superato il periodo della rottamazione e possono diventare preziosa testimonianza di stile e meccanica, per cui ci affascinano ancora.

Solo questo? Conservare per recuperare valore? No: c’è qualcosa in più. Quella casa la ami perché lì sono nati i tuoi figli e spirati i tuoi vecchi; lì hai passato ore felici o vissuto dolori. Su quella macchina da cucire ha lavorato per tante ore la mamma sarta. È stata aggiustata con perizia dal papà. Anche tu su quell’auto hai passato ore di lavoro. E così via per molti altri oggetti su cui si è riversata nel passato la vita e di conseguenza la speranza di miglioramenti, di positività. La speranza: sentimento particolare che troviamo profondamente radicato in noi e che, talvolta senza che riusciamo ad obiettivarne veramente l’esistenza, ci conduce nella vita in modo positivo quando l’assecondiamo, in modo negativo quando la contrastiamo.

Notevole ed intenso è il contrasto che si vive tra la speranza e la sua assenza: la disperazione.

La speranza spinge il profugo, l’emigrante ad affrontare grandi rischi. In loro la disperazione spinge verso la speranza, ma in altri è lei, la disperazione che coltiva la diffidenza e spinge all’aggressione, a far soffrire, torturare, addirittura a imbracciare armi ed uccidere. La disperazione è una fonte di odio, purtroppo non la sola fonte. Quasi sempre si maschera questo modo di agire con retoriche perverse, invocando addirittura il nome di Dio a trionfante giustificazione del male commesso.

Eterno contrasto negli esseri umani.

Anche nella nostra storia, nella nostra esperienza la speranza ci ha spinti nel passato a sognare una confederazione di Stati, a creare l’Europa. La mancanza di speranza fa ora chiudere, rimettere i confini tra una nazione e l’altra in contrasto con l’apertura che ci ha dato anni di pace, mentre nel passato sia quello antico che più recente i confini generarono tanto spargimento di sangue.

Si parla spesso di una idea dell’Europa nata dal pensiero di intellettuali costretti al confino sugli scogli di Ventotene. Lì la persecuzione non aveva ucciso la speranza, anzi l’aveva stimolata. Oggi ancora abbiamo necessità di meditare profondamente su questo e stare attenti a non confondere la “globalizzazione” con il tentativo di confederare gli Stati, le regioni. Il primo, la globalizzazione, è un fenomeno basato purtroppo su mancanza di regole, per cui si sviluppano aspetti molto negativi della nostra società attuale, mentre il secondo, il confederare, veramente molto faticoso, si basa sulla creazione e rispetto di regole capaci di conservare le identità di una popolazione, di rispettare gli individui, ma nel contempo realizzare vantaggi reciproci tra uno stato e l’altro, pur richiedendo spesso notevoli fatiche.

Siamo partiti da una banalità: conservare oggetti del passato e siamo scivolati a meditare su rapporti tra esseri umani in cui ha estrema importanza la speranza. La speranza ci apre verso il prossimo mentre la sua mancanza, come detto, ci spinge ad avere paura del prossimo per cui paranoicamente ci si deve difendere, e si realizzano di conseguenza atti che, come abbiamo vissuto recentemente anche con drammatica monotonia, hanno fatto soffrire e piangere su tanti morti innocenti. Dalla morte non può nascere la vita.

La speranza si fonda su cultura profonda, umanistica, superiore a certi istinti primordiali. La sua mancanza è sostenuta dalla ignoranza, dalla negazione degli altri, considerati eterni nemici.

Sto spendendo parole banali su un fenomeno noto a tutti? Forse, ma quanto sta avvenendo tra di noi, le idee che attraversano la nostra società in questo momento, non mi sembrano capaci di guidarci ad affrontare la realtà positivamente; non vedo progetti di speranza, vedo invece solo esasperazione del negativo, un tornare in dietro, un voler rivivere esperienze negative del passato.

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