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Attualità

UMILIATI

EDOARDO ZIN - 17/05/2019

Una chiesa bruciata in Pakistan

Una chiesa bruciata in Pakistan

“Spesso, rileggendo la storia, noi cristiani restiamo umiliati e confusi”. – la chiara parola dell’Arcivescovo si alza appassionata verso la folla riunita sul sagrato della basilica di San Lorenzo. Le colonne romane sembrano voler delimitare l’assembramento che ascolta vigile, mentre l’andirivieni dei passanti brulica sulla strada e i tram continuano il loro solito giro attorno alla città.

“Avremmo dovuto essere il popolo della pace e, invece, – in troppo lunghi momenti -, ci siamo fatti la guerra”. – continua mons. Delpini. E il pensiero corre alle crociate di ieri e di oggi; lo sguardo si posa sui ministri delle chiese riformate, frutto di lacerazioni religiose che occultavano spesso poteri politici, e che oggi fanno corona al successore di Ambrogio. Rifletto sulle città ridotte ad un cumulo di ceneri fumiganti subito dopo due guerre mondiali, alle depredazioni d’oggi, alle chiese bruciate, ai genocidi compiuti in nome di Dio, al terrorismo che bestemmia il Misericordioso. Ora tutti ardentemente desideriamo la pace: per noi, per l’Europa, per i paesi attualmente in guerra, per il mondo intero. È la pace che ci permette di vivere il rapporto con gli altri nella solidarietà, nella concordia, nel rispetto reciproco.

È troppo chiedere di non farci più la guerra anche con la parola che offende e sostituire le insolenze e le discordie del passato con la ricerca della verità, di mutare il sospetto in fiducia, i particolarismi con il bene verso tutti, gli slogans con argomentazioni, il soliloquio con il dialogo?

“Avremmo dovuto essere gente solidale, attenta ai poveri, disponibile all’accoglienza e, invece, troppe volte, siamo stati popoli conquistatori, che hanno saccheggiato il pianeta e hanno umiliato i popoli” – denuncia l’arcivescovo. Poco prima, la pastora Mack gli aveva fatto eco, commentando gli Atti degli Apostoli:” Il cristianesimo è arrivato in Europa grazie a case aperte, grazie all’accoglienza e all’ospitalità, che sono le radici del Cristianesimo”. L’odio, il rancore, la paura hanno creato al contrario, nei secoli, diseguaglianze, differenze sociali, fratture che ci hanno portato ad un punto di rivolta brusca, impetuosa, destinata a lasciare il segno anche dopo che sarà assorbita. Il senso della propria identità si è pervertito in psicosi della frontiera, luogo dello steccato, dell’ostilità, sanzione dello straniero, ratifica dell’intolleranza. Non m’ importa tanto se i sordi staranno nelle loro ostinazioni: due mila anni di cristianesimo stanno a dimostrare che esso ha contribuito a creare un’immagine dell’uomo figlio dell’unico Padre e, quindi, a vedere nell’altro un fratello.

Continua l’Arcivescovo: “Rileggendo la nostra storia, tanto spesso ci sentiamo umiliati perché non possiamo recidere il nostro legame con le generazioni che ci hanno preceduto e non possiamo dire che non c’entriamo con la storia che è stata scritta”. Sì, c’è uno scostamento importante tra quello che è avvenuto e il vivere d’oggi. Non abbiamo più memoria e non sappiamo più valutare i fatti odierni alla luce della storia. L’umanità può sopportare un nuovo conflitto? È possibile avere una nuova guerra?

Questo incubo crea difficoltà, disagi, disorientamenti, ricerca confusa di qualcosa di diverso, fuga dalla realtà, mentre la vocazione di ogni cristiano è quella di immergersi nella storia con coraggio e realismo. L’oblio è il male della nostra società tutta immersa nel presente. Se l’amnesia ci fa dimenticare le radici, il presente da solo non ci fa volgere lo sguardo a nuovi orizzonti.

La voce di Delpini si fa più ferma: “I popoli europei, molti, hanno pensato che fosse meglio fare a meno del Cristianesimo per costruire la pace, la civiltà”. La morte di Dio ha prodotto anche la morte dell’uomo. L’identità europea non si può comprendere senza il cristianesimo. La costruzione di un’Europa dello spirito è un dovere per i cristiani e un atto di ubbidienza allo Spirito, che ispira simultaneamente la testimonianza di una chiesa unita e la disponibilità di ciascuno a collaborare con ogni altro uomo di buona volontà.

Non si tratta d’imporre una civiltà cristiana – e la statua bronzea di Costantino posta in mezzo al sagrato ci ammonisce che la cristianità basata sul connubio tra trono e altare è fallita! -, bensì di rispondere con consapevolezza, competenza e coraggio alle sfide d’oggi con creatività intraprendendo strade nuove per portare la Buona Novella “affidandoci alla preghiera di Gesù”.

“Questa umiliazione non ci induce allo scoraggiamento. Umiliati da alcuni episodi drammatici della nostra storia, è tempo che impariamo l’umiltà e la docilità” – conclude l’arcivescovo. Al di là dell’umiliazione, occorre incontrare l’umiltà e a voce bassa, vergognosamente, sperare per ritrovare valori che abbiamo lasciato cadere in oblio, riprendere il cammino iniziato dai nostri padri e ripristinare così la volontà politica per un’Europa fraterna.

Ormai le prime ombre scendono sul sagrato. La folla, con cui mi trovo in armonia, innalza un canto di lode che s’innalza da questa cattedrale all’aperto per poi sciamare e confondersi con il mondo.

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