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Politica

EUROPA/1 IL DISTACCO

GIANFRANCO FABI - 24/05/2019

fiducia Finalmente si va alle urne. Dopo quella che è stata una delle più sconcertanti campagne elettorali degli ultimi anni (soprattutto in Italia). Il voto per il Parlamento è arrivato, ma ha dovuto superare le cortine fumogene della politica, le trappole della propaganda, le indicazioni fuorvianti dei protagonisti.

Il massimo del paradosso lo si è raggiunto in Gran Bretagna, dove gli elettori sono stati chiamati ad eleggere rappresentanti che, verosimilmente, non siederanno mai nel Parlamento europeo. La sciagurata gestione della Brexit da parte del premier Theresa May, dopo un’altrettanto sciagurata decisione del precedente premier, David Cameron, di convocare il referendum, ha portato a tre anni di negoziati che hanno dimostrato semplicemente una cosa: non si possono risolvere problemi complessi con soluzioni facili.

Ma il massimo delle acrobazie politiche lo abbiamo visto in Italia con gli stessi personaggi che hanno di volta in volta ricoperto i ruoli della maggioranza e dell’opposizione. Secondo le opportunità del momento, cercando di attirare consensi sull’onda delle emozioni, sfruttando un’attenzione accomodante delle televisioni. Senza badare al fatto che il conto lo pagheranno non solo le generazioni future, perché si stanno compromettendo i già difficili equilibri del sistema previdenziale, ma anche tutti i cittadini che si troveranno tra qualche mese a dover rimediare alle politiche senza scrupoli che fanno a pugni con quella che dovrebbe essere una sana gestione di un buon padre di famiglia.

E come può essere definita se non un’acrobazia l’alleanza delle Lega con gli altri partiti cosiddetti sovranisti europei: gli stessi partiti che chiedendo un’Europa meno rigorosa hanno esplicitamente contestato sia le politiche della spesa facile sia le richieste italiane di dividere gli immigrati tra tutti i paesi europei. Il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha così ammonito l’Italia a non mandare fuori controllo i propri debiti e il presidente ungherese Victor Orban ha sempre respinto l’ipotesi di rivedere il trattato di Dublino che impone l’accoglienza ai paesi di primo approdo degli immigrati.

Si è fatta campagna elettorale come se i veri problemi dell’Italia fossero quelli di qualche decina di immigrati o dello sconto sui pannolini per bambini. Mentre la camorra imperversa indisturbata per le strade di Napoli e il reddito di cittadinanza spinge a divorzi e separazioni per ottenere il beneficio.

C’è un preoccupante distacco tra il consenso e la fiducia. I partiti attualmente al Governo otterranno probabilmente la maggioranza dei voti, ma la fiducia sia all’interno, sia dall’estero, è in inquietante diminuzione. Le imprese hanno ridotto gli investimenti per le prospettive sempre più incerte di un Paese che è sostanzialmente in stagnazione ed si trova così all’ultimo posto, superato anche dalla Grecia, nelle classifiche sulla crescita. E per sottoscrivere il debito italiano si chiedono interessi sempre più alti (lo dimostra il differenziale dei tassi, lo spread, che continua a restare pericolosamente in alto) che anche costringeranno le banche a stringere i rubinetti del credito.

Con un Governo che sembra limitarsi a mettere delle belle etichette su provvedimenti che rischiano di essere ben poco efficaci: lo dimostra il cosiddetto “decreto crescita” che da parte è un’autocritica, perché rimette in pista incentivi che erano stati tagliati solo pochi mesi fa, e dall’altra è un’illusione perché riduce comunque le risorse disponibili.

L’Europa è così rimasta sullo sfondo. E l’Italia, con la sua politica velleitaria, rischierà di contare sempre di meno in un momento come l’attuale in cui solo una grande di forza politica ed economica, come l’Europa appunto, potrebbe giocare un ruolo determinante nei nuovi scenari della globalizzazione e delle gravi crisi, non ultima quella libica, che continuano ad infiammare l’Africa e il Medio Oriente.

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