Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Stili di Vita

SENTIMENTI E RAGIONE

VALERIO CRUGNOLA - 24/05/2019

dittaturadigitaleHarari simula ulteriori scenari distopici potenziali. I suoi allarmi ci impediscono di dormire sugli allori. Siamo degli esploratori senza mappe, come Colombo e Magellano. Possiamo formulare le domande correttamente, scartare le risposte errate e prevenire i rischi eccessivi o ignoti, ma l’assenza di risposte strutturate ai problemi che incontriamo ci costringe a infarcire le argomentazioni di stucchevoli esortativi e ottativi.

Sino ad ora l’automazione ha modificato il lavoro industriale e la composizione delle classi, ma non ha causato una disoccupazione di massa pari a quella registrata tra il 1929 e il 1933 negli Stati Uniti. In suo luogo sono aumentati i lavori aleatori, precari, dequalificati e privi di tutela. Si entra ed esce di continuo dal mercato del lavoro. Pochi si aspettano di fare lo stesso lavoro per tutta la vita. «Entro il 2050, non soltanto l’idea di “un posto per la vita”, ma addirittura l’idea di “una professione per la vita” potrebbe apparire antidiluviana».

Nei secoli dell’industrializzazione, le fasi di transizione da una struttura produttiva all’altra hanno creato sia disoccupazione che nuovi posti di lavoro. La transizione fu dolorosa per chi perse il lavoro e per chi fu sottoposto ai nuovi regimi produttivi. Questa volta non assistiamo semplicemente a una nuova rivoluzione tecnologica che ricade a cascata sui modelli di vita e sui sistemi politici: sui consumi, gli assetti sociali, la formazione, l’ambiente, l’agire pubblico e via elencando. È in atto un mutamento radicale. Uno spettro si aggira per il mondo: la disoccupazione globale. La specie umana potrà dividersi in tre «differenti caste biologiche»: i progettisti e gli sperimentatori con competenze e qualifiche elevatissime, che operano in modo interdisciplinare in gruppi selezionati per programmare e istruire le macchine; i residui lavoratori, intellettuali, tecnici e manuali, le cui esperienze e competenze sono così puntuali da non poter essere sostituite dalle macchine; e miliardi di non lavoratori superflui e ininfluenti, con bassi livelli di istruzione e scarse protezioni sociali ma dotati delle risorse minime per consumare, sopravvivere e riprodursi.

Nel volgere di pochi decenni alcune professioni altamente qualificate verranno sostituite da intelligenze artificiali; e alcune attività economiche non avranno più bisogno di noi come acquirenti. Le intelligenze artificiali di un’impresa potranno comprare beni forniti da intelligenze artificiali di altre imprese e pagare o incassare senza le intermediazioni dei titolari delle imprese. Più realisticamente, avremo sempre medici in carne ed ossa che studiano malattie rare, compiono ricerche innovative e sperimentano nuovi farmaci o procedure chirurgiche. Ma i medici di base e alcuni specialistici saranno inutili. Non dovremo più andare in un laboratorio o in un ambulatorio per esami e prescrizioni. Non attenderemo mesi per una visita. Sarà semmai più complicato sostituire con un robot un infermiere che deve sollevare di peso e tranquillizzare un paziente anziano per fargli un’iniezione e ascoltare le sue necessità. Con l’invecchiamento della popolazione, il numero di esseri umani a qualifica medio-bassa occupati nella cura agli anziani aumenterà, mentre le terapie che si valgono di intelligenze artificiali ad altissima capacità di apprendimento, progettate e prodotte a propria volta da altre intelligenze artificiali, innalzeranno le speranze di vita.

Rispetto alle intelligenze artificiali la mente umana mantiene il vantaggio di poter deviare dagli schemi routinari e imboccare vie nuove. Ma quanto durerà questo vantaggio? Nel dicembre 2017 il programma AlphaZero, dopo un autoapprendimento di sole quattro ore, si laureò campione mondiale di scacchi grazie alla capacità di rispondere al rivale Stockfish 8 con mosse impreviste e creative. Dopo questa sfida le partite artificiali di scacchi sono, scrive Harari, «il nostro canarino nella miniera di carbone».

Grazie a dei sensori biometrici un minuscolo impianto di intelligenza artificiale potrà interpretare umori, emozioni e stati d’animo, e somministrare suoni, immagini e parole che ripristinano o sollecitano quello che la macchina, grazie al combinarsi di cognizioni a priori e di informazioni apprese, giudica il miglior equilibrio comportamentale per ciascuno di noi. Volendo, potremo interagire con l’impianto per impostarlo più direttamente sui nostri gusti o arricchire le sue informazioni. Una ristretta equipe di ingegneri, psicologi, neurologi ed esperti nella percezione musicale o visuale programmerà questi impianti e ne affiderà la produzione ad altre intelligenze artificiali studiate da un’altra equipe di alti specialisti. Nulla sostituirà il fascino e la qualità di un concerto dal vivo, ma i cultori di simili eventi saranno sempre più rari e forse individui e macchine massificate li biasimeranno come stravaganti radical chic. I sapiens serializzati saranno una sterminata maggioranza di controllati che legittimeranno con il loro assenso democratico i padroni delle informazioni e i tecnici al loro servizio. L’auspicio unanimista e plebiscitario del populismo si realizzerà in una sorta di totalitarismo quasi invincibile che ne è nello stesso tempo l’assoluta negazione.

La possibilità di una simile transizione, di cui intuiamo la traumaticità, ci obbliga a chiederci «se l’umano medio riuscirà ad avere la resistenza emotiva necessaria per una vita costellata da questi sconquassi senza fine. Il cambiamento è sempre fonte di stress, e il mondo frenetico degli inizi del XXI secolo ha causato un’epidemia globale di stress». «Entro il 2050 potrebbe emergere una classe “inutile”, dovuta non solo a un’assoluta mancanza di lavoro o a un’istruzione inadeguata, ma anche a un’insufficiente resistenza mentale al cambiamento». I rischi sono così grandi che non possiamo permetterci di fallire.

«Dovremo esplorare nuovi modelli per le società post-lavoro, per le economie post-lavoro e per le politiche post-lavoro. Il primo passo è ammettere con onestà che i modelli sociali, economici e politici che abbiamo ereditato dal passato sono inadeguati ad affrontare questa sfida. Un altro mondo è forse possibile, ma un mondo peggiore è alquanto probabile. La cacotopia realizzata in Unione Sovietica e in paesi totalitari consimili rase al suolo e desertificò ogni immaginazione utopica. Istruiti dalle catastrofi delle distopie, dovremmo sfidare le inedite cacotopie imminenti con un nuovo immaginario in cui la vita sociale di ogni singolo sia destinata a fini più cooperativi, oblativi e associativi e più incentrata sui beni immateriali, visto che la risorsa principale di cui disporremo, il tempo, sulla carta dovrebbe abbondare. Il lavoro di cura, oggi non riconosciuto, il volontariato sociale, oggi preteso come oblazione assoluta, e la formazione permanente, oggi non strutturata, informale e scadente, dovrebbero poter avere un ruolo preponderante nell’impiego del tempo e un equivalente non simbolico in termini di reddito. Il problema è come finanziare queste attività. Si possono formulare due ipotesi, sia alternative che, entro certi limiti, complementari: una è un reddito minimo universale in cambio di prestazioni di rilievo sociale; l’altra è lo scambio non monetario tra queste prestazioni e la fornitura gratuita di servizi minimi universali come l’istruzione, il sistema sanitario, l’informazione e i trasporti. Nel mondo globale, in ogni caso, questi scambi debbono essere equi e oltrepassare i confini nazionali. L’automazione potrebbe smantellare quelle interdipendenze che negli ultimi decenni hanno favorito la delocalizzazione di alcune produzioni nei paesi poveri, generando uno scambio non equo tra duro sfruttamento e certezza della sopravvivenza. «In passato, il lavoro a basso costo e poco qualificato è servito da comodo ponte per attraversare il fiume del divario economico globale, e anche se un paese avanzava lentamente, alla fine era sicuro di raggiungere condizioni di stabilità economica. Ma adesso il ponte è minacciato da violente scosse, e presto potrebbe crollare. Quelli che lo hanno già attraversato – passando dal lavoro a basso costo alle industrie che richiedono elevate competenze – saranno al sicuro. Mentre quelli che sono rimasti indietro potrebbero trovarsi bloccati dalla parte sbagliata del fiume».

Un esempio. Una camicia prodotta in Bangladesh e distribuita a New York potrebbe essere sostituita dalla vendita online del suo codice da parte di Amazon e stampata in tre dimensioni in un appartamento nel Bronx. Il Bangladesh ricadrebbe nella fame, Bezos e gli azionisti di Amazon diverrebbero ancor più dei superpaperoni, i titolari dei software per le stampanti farebbero più profitti e l’acquirente della camicia risparmierebbe grazie alla semplificazione dei passaggi e alla scomparsa del trasferimento delle merci. Il grado di iniquità degli scambi si aggraverebbe a danno dei soggetti e dei paesi più deboli. Contrariamente alle leggende populiste, non sarebbero le periferie povere o in lenta crescita a minacciare la nostra opulenza, ma sarebbe il gap cognitivo, organizzativo e finanziario a nostro favore a minacciare le periferie globali. Chi sceglieremo tra Bezos e milioni di bengalesi? La domanda non è retorica. In paesi di postprivilegiati che si sentono assediati dai poveri, Superpaperon de’ Paperoni parte favorito. I populisti, specie se in versione pauperista, sbraitano contro élites fittizie – che so?, Asor Rosa a Capalbio –, ma si chinano proni ai potenti della terra.

Non basterà fornire ai poveri un reddito minimo, una buona assistenza sanitaria e un’istruzione migliore se essi non vedranno ridotte sensibilmente le diseguaglianze e se troveranno fuori uso gli ascensori sociali. Ma il rischio più grave è «il trasferimento di autorità dagli individui agli algoritmi, che potrebbe distruggere ogni residuale fede nella narrazione liberale e aprire la strada al potere delle dittature digitali».

Sono in gioco le libertà che hanno caratterizzato la battaglia evolutiva della specie umana e i processi di adattamento che hanno consentito il loro successo e la loro diffusione.

Nell’opinione corrente i sentimenti sono in antitesi con la ragione. Al contrario, si sono sviluppati a supporto di processi razionali a favore della cooperazione reciproca. «Il nostro intimo sentire, quindi, non è l’opposto della razionalità – rappresenta l’evoluzione della razionalità». La democrazia si aspetta dagli elettori una postura saggia, pacata, capace di documentarsi, informarsi e argomentare prima di scegliere. I tribuni antichi e moderni, al contrario, infiammavano le folle, le aizzavano e ne governavano le passioni. In democrazia le parti hanno lottato per conquistare i sentimenti e convincere con idee argomentate. Questo equilibrio si è infranto. I populisti sono come la ciliegina avariata su una torta indigeribile. Vincono perché conquistano il consenso sul terreno delle emozioni, e così indeboliscono le libertà nel momento più critico. I padroni delle nuove tecnologie sono in grado di controllare i sentimenti degli utenti e di manipolarli nei comportamenti quotidiani fino a tradurli in un pensiero comune che trasforma la democrazia in «un teatrino di marionette emotive». Oggi «siamo prossimi alla confluenza di due grandi rivoluzioni. Da un lato i biologi stanno decifrando i misteri del corpo umano, in particolare del cervello e dei sentimenti, mentre gli informatici ci forniscono un potere di elaborare dati mai conosciuto prima. Quando la rivoluzione delle tecnologie biologiche si unirà alla rivoluzione delle tecnologie informatiche, produrrà algoritmi che potranno capire e controllare i miei sentimenti meglio di me». Vincitori incontrastati nell’arena digitale, i populisti ci andranno a nozze.

 

(fine undicesima puntata – Le prime dieci sono state pubblicate sui numeri del 09.03.19 del 16.03.19 del 23.03.19del 30.03.19 del 06/04/19 del 13.04.19 del 20.04.19, del 04.05.19, dell’11.05.19 e del 18.05.19)

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login