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Opinioni

FONDAMENTI DI EDUCAZIONE

GIOIA GENTILE - 24/05/2019

basketMilano. Torneo di basket Under 13. Sottolineo: Under 13. Alcuni genitori insultano un piccolo giocatore di origine etiope, ma adottato da una coppia italiana, chiamandolo “negro di m****”. E noi parliamo di insegnare l’educazione civica ai ragazzi per 33 ore annuali con voto in pagella? Qui mancano i “fondamentali”, come si usa dire da un po’ di tempo a questa parte. Manca l’educazione di base.

 Avanzo una proposta, provocatoria fino a un certo punto: insegniamo l’educazione (non solo civica) ai genitori. Sono loro i responsabili del comportamento e della mancanza di civismo dei propri figli, perché loro per primi non sanno comportarsi in una società civile. Quello della partita di basket è solo l’ultimo di una serie di episodi in cui i genitori hanno dato, per così dire, il meglio di sé, gridando “uccidilo” durante le partite o aggredendo fisicamente il professore colpevole di aver valutato insufficienti i loro pargoli.

Insegnare l’educazione civica ai ragazzi è necessario, ma relegarla nell’ambito ristretto di 33 ore e di una sola disciplina mi pare del tutto inutile (per i motivi esaurientemente espressi da Margherita Giromini nel numero del 17/5) e credo che potrebbe sortire addirittura l’effetto contrario: immagino l’entusiastica partecipazione degli studenti costretti a studiare un’altra materia su cui essere valutati.

 L’educazione civica – l’ho sempre sostenuto e l’ho applicato quando insegnavo – dovrebbe essere un modo di vivere e dovrebbe essere appresa e insegnata vivendo. Dovrebbe essere un habitus in ogni momento dell’esistenza. Quindi tutti i docenti dovrebbero guidare gli studenti alla conoscenza e al rispetto delle norme del vivere civile.

Prima dell’educazione civica bisognerebbe insegnare l’educazione, ammesso che siano due cose diverse: il rispetto dell’altro, la capacità di ascoltare, il coraggio di riconoscere i propri errori e, prima ancora, la disponibilità a mettersi in discussione; la volontà di esprimersi senza offendere e di chiedere scusa se ciò avviene; il desiderio di apprendere e di migliorarsi, non solo per se stessi, ma per il bene comune; il senso del dovere; il controllo delle emozioni. Potrei continuare, ma mi pare sia chiaro che, una volta raggiunti tali obiettivi, si è perfettamente in grado di vivere in comunità e che per raggiungerli non è sufficiente un docente, ma è necessaria un’azione congiunta e continua di genitori e insegnanti. Appunto: genitori, magari precedentemente rieducati affinché non si comportino come quelli sopra descritti.

È giusto, d’altra parte, che i ragazzi apprendano il valore e il funzionamento delle nostre istituzioni, che sappiano orientarsi nel panorama politico e sociale a cui saranno chiamati a partecipare, ma non sapranno utilizzare le nozioni apprese se non si saranno contemporaneamente formati come esseri umani sociali.

Sono convinta che i giovani siano molto più disponibili di quanto si pensi a lasciarsi coinvolgere in questo percorso di crescita. Anzi, nutro la fondata speranza che saranno loro a educare i genitori e a indurli a comportamenti più civili.

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