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Editoriale

BUIO

MASSIMO LODI - 31/05/2019

salvdimaiozingIn un Paese normale Di Maio, tralasciando manfrine e piagnistei, si sarebbe dimesso sua sponte un minuto dopo l’esito del voto. Ha fallito la spericolata avventura, trascinando nel dirupo i Cinquestelle: consenso dimezzato rispetto a un anno fa. In contemporanea, beffardo raddoppio della Lega. Il peggio possibile. Lo salva, per ora, il fatto che nessuno vuole sostituirlo perché si teme che la rovinosa caduta non sia ancora finita. E tuttavia: 1) se pur di stare al governo l’M5S dirà di sì sempre e su tutto a Salvini, polverizzerà il favore popolare che gli rimane; 2) se dirà di no provocando la crisi di governo e il ritorno anticipato alle urne, lo polverizzerà egualmente. Rifarsi una verginità dall’oggi al domani non appare semplice né credibile. Figuriamoci se elettoralmente remunerativo.

Prigionieri di tali ambasce, gli ex trionfatori del marzo 2018 saranno la palla al piede dell’Italia nelle settimane/nei mesi a venire. Improbabile che Salvini riesca a levarsela di dosso. 1) Se va avanti con loro, obbligato a qualche compromesso dato che rappresentano comunque la maggioranza parlamentare, eroderà il 34 per cento conquistato domenica scorsa. 2) Se li molla e affonda l’esecutivo, vincerà le elezioni a seguire, ma poi dovrà imporre lui agl’italiani – con Berlusconi e la Meloni, o solo con la Meloni- una finanziaria lacrime e sangue. Con relativa perdita del capitale d’applausi accumulato.

Siamo dunque (siamo purtroppo noi, di questo bislacco Paese) in un cul de sàc dal quale non s’intravede in che modo uscire. Né vale raccontare la storiella beneaugurante che l’Europa prenderà atto della “nuova situazione” consentendoci ulteriori debiti. L’Europa -vedi la lettera ammonitrice appena inviata a Palazzo Chigi- non ci pensa affatto. Lo scenario parlamentare di Strasburgo illustra che i sovranisti sono cresciuti, ma non abbastanza per comandare. Gli antisovranisti sono diminuiti, ma non così tanto da non poterlo fare. A negare indulgenza all’Italia si ergono per primi i nazionalisti amici di Salvini, contrari ad accettare violazioni di regole da parte di chicchessia. Compreso il Capitano tricolore.

I tempi s’annunciano cupi, come dimostra l’aggravarsi della situazione economica. Seria in molte parti del continente, drammatica qui da noi. Ci aspetta in autunno una falcidie di tasse, l’occupazione resta piatta, gl’investimenti dall’estero sono pari a zero, l’imprenditoria interna lancia un allarme dopo l’altro, la povertà che risultava abolita (Di Maio dixit dal balcone di Palazzo Chigi) si va allargando, il governo del cambiamento ci è già costato diciassette miliardi di overspread. Eccetera: inutile sgranare rosari di noia. Inutile anche fare pronostici su possibili alternative al potere in essere: il Pd di Zingaretti ha evitato il temuto collasso, ma -parola dello stesso segretario- si tratta solo d’una ripartenza, non d’un arrivo. Come e con chi proseguire la corsa, è da scoprire/inventare. Il Pd del futuro esaminerà se allearsi con i sopravvissuti dell’ecatombe grillina, il Pd del presente assolutamente no: significherebbe andare incontro a un’ulteriore, e stavolta esiziale, scissione. Qualora i gialloverdi esplodessero, meglio rivotare. Anche se al buio.

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