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Chiesa

NUOVO STILE

LIVIO GHIRINGHELLI - 31/05/2019

sinodoIl documento finale redatto dall’Assemblea dei vescovi precisa che la Chiesa è invitata a “impegnarsi in processi di discernimento comunitari, che includano anche coloro che non sono Vescovi nelle deliberazioni” (DF, n. 120).

L’atmosfera delineata, lo stile sono stati quello dell’ascolto e hanno visto alla consultazione delle conferenze episcopali nazionali aggiungersi il gruppo degli esperti internazionali e soprattutto la voce stessa dei giovani.

Il Sinodo si configurava come un incontro tra persone, in cui ognuno ha portato con sé la ricchezza della propria esperienza e quella della Chiesa da cui proveniva, le inquietudini e le domande che l’attraversano: si verifica così uno scambio di testimonianze e riflessioni tramite gli interventi in un sano ascolto reciproco, mentre “si cammina insieme”.

L’ascolto prevede che ci si ponga in un atteggiamento interiore di sintonia e docilità allo Spirito (Df, n.6) e una condivisione non fine a se stessa, bensì intesa alla costruzione di un consenso, il più ampio possibile.

La varietà e la differenza delle posizioni si articolano pertanto in un testo, in cui ciascuno possa riconoscersi. Questo all’interno delle difficoltà di una società mediatica, che privilegia l’affermazione di sé e che cerca spasmodicamente le contraddizioni in cerca del successo personale.

 Da un Sinodo per i giovani si è passati a un Sinodo con i giovani. C’è la necessità di coinvolgerli direttamente in relazione a temi come la sofferenza,  l’isolamento, la solitudine; la Chiesa deve prendersi cura di loro, compito di una “priorità pastorale epocale su cui investire tempo, energie e risorse” (Df, n.119).

I giovani si sono già rivelati come pionieri nel campo della lotta alla povertà e all’ingiustizia, della solidarietà fraterna con i migranti, dell’ecologia e della cura del pianeta, della cultura, dell’ambiente digitale,  dell’evangelizzazione e della promozione umana. “La corresponsabilità vissuta con i giovani cristiani è fonte di profonda gioia anche  per i Vescovi “ L’accompagnamento nei loro riguardi è in primo luogo un’azione e una responsabilità della comunità nel suo insieme e c’è la necessità di una ricomprensione del termine vocazione alla luce della Parola: “Non è né un copione già scritto, che l’essere umano debba semplicemente recitare, né un’improvvisazione teatrale senza traccia “ (Df, n.78).

La chiave per una corretta comprensione del significato dell’autorità sta nella maturazione della libertà,  capacità di far crescere, che “non esprime l’idea di un potere direttivo, ma di una vera forza generativa” (Df, n.71). La sinodalità “si deve intendere come modo di essere e di agire,  promovendo la partecipazione di tutti i battezzati e delle persone di buona volontà, ognuno secondo la sua età, stato di vita e vocazione” (DF,  n. 119). È uno stile che dà forma e riorienta la vita ordinaria della Chiesa e il suo modo di svolgere la missione.

I giovani cercano una Chiesa autentica, libera, fraterna, relazionale,  concreta, trasparente,  impegnata, “con la valorizzazione dei carismi, che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei suoi membri, attraverso un dinamismo di corresponsabilità “ (Df, n123). Necessitano una conversione del cuore e una disponibilità all’ascolto reciproco  e va “accolto con gratitudine anche l’apporto dei fedeli laici, tra cui giovani e donne, quello della vita consacrata femminile e quello di gruppi, associazioni e movimenti” (Df, n. 123).

Questa dinamica richiede un certo rinnovamento delle forme d’esercizio dell’autorità, nella linea della promozione della crescita personale di ciascuno e del presidio dell’unità  come comunione delle differenze e non come omologazione uniformante. Ogni cristiano deve assumere fino in fondo la propria vocazione battesimale, evitare sia la trappola mortale del clericalismo, come un’interpretazione della sinodalità in chiave puramente formale. La sovranità di Dio è garantita dallo stile collegiale della sinodalità come dalla pratica del discernimento in comune.

Va contrastato l’individualismo, che segna profondamente molti contesti culturali contemporanei. L’aggettivo missionaria, che qualifica la forma sinodale di Chiesa e la fraternità che la caratterizza,  non deve avere una valenza esclusivamente intraecclesiale, ma investire anche i rapporti che la Chiesa intrattiene col mondo.

In questo contesto di debbono dare credibilità ed efficacia alle iniziative di solidarietà, integrazione e promozione della giustizia “per mostrare in che cosa consista una cultura dell’incontro e della gratuità” (Df, n. 126).

Urge un approfondimento anche teologico, oltre che la crescita nell’ascolto reciproco. Il numero dei voti sfavorevoli in Assemblea è passato da una manciata a qualche decina (su un totale di circa 250 votanti) in ordine ad argomenti quali il ruolo e il contributo delle donne, la sessualità, le questioni di genere, l’esercizio dell’autorità e del governo, la trasparenza nel rapporto con le risorse economiche e finanziarie e la stessa sinodalità.

L’ulteriore percorso verso questa fa considerare:  1) il rapporto con la varietà di contesti sociali, politici e culturali, in cui la Chiesa è presente; 2)che la sinodalità deve essere appresa mediante una formazione specifica, avendo come punto chiave la formazione della coscienza,  senza cedere al relativismo ; 3) che la sinodalità deve concretizzarsi in strutture adeguate (la riforma delle strutture ecclesiali vada oltre l’impianto elaborato dal Concilio di Trento, perché le vite degli uomini d’oggi si snodano in spazi e tempi ben diversi da quelli tardorinascimentali). Ne sono investite la parrocchia, la liturgia, il ministero, la partecipazione ai processi decisionali, specialmente per il coinvolgimento delle donne.

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