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Economia

USCIRE DALL’EURO

GIANFRANCO FABI - 14/06/2019

mini-botIl grande dibattito che ha animato nelle scorso settimane l’ipotesi di pagare con mini-BoT i debiti dello Stato ha dimostrato soprattutto due cose: da una parte la non conoscenza delle regole dell’economia da parte dei politici, dall’altra la volontà di avvicinare un obiettivo drammatico, l’uscita dal’euro, senza avere il coraggio di dirlo.

I mini-BoT sarebbero dei titoli di Stato di piccolo taglio che sarebbero ceduti dalla pubblica amministrazione in pagamento dei debiti in sospeso e che potrebbero essere utilizzati da chi li riceve per compiere altri pagamenti, per esempio pagare le tasse o i fornitori.

 Ma, come ha detto il Governatore della Banca centrale europea, o sono veri Titoli di Stato e allora sono debito aggiuntivo, o sono moneta, e allora sono illegali. Già perchè l’Italia ha liberamente sottoscritto il patto per la creazione dell’euro, che non prevede monete nazionali, ha chiesto di partecipare e si è impegnata ad osservarne le regole. Con grandi vantaggi perché l’euro ha permesso di mantenere sostenibile il debito pubblico, grazie alla riduzione dei tassi di interesse, e ha garantito quella stabilità e quell’apertura dei mercati che sono state e continuano ad essere fondamentali per sostenere le industrie d’esportazione. Certo, l’euro ha anche dei difetti, il primo dei quali è che ad una unità monetaria non è seguita una rapida unità bancaria.

E allora i mini-BoT o sono inutili o sono pericolosi e costituiscono solo il cavallo di Troia per denunciare gli accordi europei e recuperare una sovranità monetaria, in pratica tornare alla lira, che renderebbe l’Italia ancora più debole, isolata e povera.

Ma al fondo di questa insistenza per i mini-Bot c’è anche un pensiero unico che vede solo nei soldi la soluzione dei problemi.

C’è un problema di povertà: si danno dei soldi con il reddito di cittadinanza. C’è un problema di posti di lavoro: si danno dei soldi perché si possa andare prima in pensione con la speranza che le aziende assumano dei giovani. C’è un problema di stagnazione dell’economia: si cercano i soldi degli altri prendendoli a prestito ed aumentando i debiti. C’è un problema di rispetto delle regole europee: si propone di stampare nuovi soldi, magari chiamandoli mini-Bot così è più simpatico.

In sintesi l’economia e la società italiana hanno tre problemi: 1) un drammatico calo demografico con un forte aumento degli anziani che porta con sé un inesorabile, e più che giustificato, aumento della spesa per previdenza e sanità; 2) una perdita di competitività dell’industria che non riesce a tenere il passo con la produttività degli altri paesi europei; 3) una burocrazia soffocata da leggi, regolamenti e ordinanze che frena ogni nuova attività economica.

In compenso l’economia e la società italiana hanno tre punti di forza: 1) la capacità di innovazione, non solo tecnologica, che permette alle imprese di avere ottimi risultati sul fronte delle esportazioni; 2) un tessuto imprenditoriale di piccole e medie imprese a controllo familiare in grado di rispondere con grande flessibilità ai mutamenti dei mercati; 3) un patrimonio storico e ambientale che può offrire grandi opportunità di crescita al sistema turistico.

E allora se guardiamo ai punti di debolezza e a quelli di forza abbiamo chiaramente la prova che per contrastare i primi e valorizzare i secondi non è importante immettere più denaro nell’economia, ma attuare quelle riforme di struttura che possono agevolare l’attività delle imprese, ridurre i vincoli e liberare le capacità delle persone.

C’è una disinformazione che fa leva sui facili slogan, come quello per cui l’Italia sarebbe vittima dell’austerità imposta dall’Europa. Ebbene la storia recente ci dice che, salvo la breve parentesi del Governo Monti e della sua riforma delle pensioni, negli ultimi decenni non si può certo parlare di austerità: le spese hanno continuato a crescere e i conti pubblici hanno sempre, sottolineo sempre, chiuso in disavanzo facendo aumentare costantemente il debito. L’austerità è un’altra cosa, ma fa comodo costruirsi un nemico a cui imputare tutti i mali.

La volontà di spendere, soldi propri o presi a prestito, da parte del Governo risponde essenzialmente ad una ricerca di facile consenso, peraltro non scontato come dimostra il deludente esito elettorale di 5 stelle dopo aver fatti i salti mortali per distribuire il reddito di cittadinanza prima delle elezioni. Ma non risponde, se non in piccola parte, all’esigenza di rilanciare l’economia. I consumi sono fermi per effetto del calo demografico (l’anno scorso sono nati meno di mezzo milioni di bambini, la metà esatta di quanti ne nascevano negli anni ’60). È poi molto alta la quota di risparmio delle famiglie, preoccupate per il futuro. Senza dimenticare che la spesa aggiuntiva si indirizzerebbe comunque almeno in parte all’acquisto di prodotti importati senza quindi particolari effetti positivi all’interno. Forse bisognerebbe anche aiutare l’Europa ad aiutarci se è vero, come è vero, che più di un miliardo che la Ue darebbe per contribuire alla costruzione della Torino-Lione è bloccato dai veti ideologici.

Sarebbe quindi necessario riconoscere i veri valori, come quelli della solidarietà e della ricerca del bene comune. Sarebbe necessario premiare il rischio e la responsabilità, così come il lavoro e il merito. Strade difficili. Più comodo cercare consensi con la spesa facile.

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