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Cultura

PESSIMISMO DI MALTHUS

LIVIO GHIRINGHELLI - 14/06/2019

malthusThomas Robert Malthus (1766-1834) studia al Jesus College di Cambridge e subito dopo la laurea vi diviene Fellow (assistente). Lascia l’insegnamento e prende gli ordini sacri; nel 1797 è nominato vicario in una parrocchia protestante del Surrey. Nel 1805 assume la cattedra di economia politica all’East India College di Haileybury, rimanendovi fino alla morte. Amico di David Ricardo, intrattiene con lui una fitta corrispondenza sui problemi del valore e della distribuzione.

 Nel Saggio sul principio di popolazione, uscito anonimo nel 1798 e col suo nome nel 1803, si pone alla ricerca della causa naturale che ostacola il benessere degli uomini, dello scoglio contro il quale si infrangono gli ideali di giustizia sociale. La individua in una ineluttabile legge biologica, per cui la popolazione è spinta a crescere più rapidamente rispetto ai mezzi di sussistenza. In virtù della forza generativa naturale la specie umana tende a crescere in progressione geometrica di ragione due. Tragici freni repressivi risultano le guerre, le epidemie, la mortalità infantile; per quel che concerne l’uomo diminuiscono la natalità il vizio e il controllo morale delle nascite.

 Uomo di rigida morale puritana Malthus predica una astensione virtuosa o almeno il ritardo nel contrarre matrimonio. Difetto della teoria è un eccesso di semplificazione e di generalizzazione. Malthus inoltre sottovaluta la possibilità di crescita dei mezzi di sussistenza che il progresso tecnico consentirà, mentre sopravvaluta il fattore biologico in un campo in gran parte soggetto a fattori culturali come quello della riproduzione umana. Oppone un comodo alibi da opporre alle tendenze rivoluzionarie o riformiste insite nelle dottrine di derivazione illuministica, che individuano nelle strutture istituzionali la fonte dei mali sociali.

 La politica economica inglese dal 1830 alla fine del secolo mette in luce con evidenza provvedimenti che tendono a scoraggiare i matrimoni precoci, ad abolire le leggi sui poveri e le altre forme di assistenza pubblica, a ostacolare l’azione sindacale (una politica conservatrice e disumana).

 Nei Principi di economia politica, opera pubblicata a Londra nel 1820, Malthus ammette che una accumulazione regolare e costante può mantenere per lungo tempo i salari sopra il livello precedente di sussistenza, onde un rapido accrescimento della popolazione o un miglioramento durevole del tenore di vita dei lavoratori. Dipende dalle abitudini del popolo relativamente al suo vitto, al suo vestire, al suo alloggio, abitudini legate al grado di libertà civile o politica, all’istruzione, all’educazione, al senso di responsabilità e di previdenza.

 Il valore dei beni per Malthus è ricondotto all’influsso dell’utilità e della domanda, punto di passaggio tra la teoria oggettiva del valore dei classici e quella soggettiva dei marginalisti. Domanda e offerta determinano contemporaneamente non solo il prezzo di mercato, ma anche il valore normale dei beni. Per lui perde importanza anche la distinzione tra lavoro produttivo e lavoro improduttivo.

Il suo pessimismo economico è legato alla concezione del processo di sviluppo del sistema capitalistico, indebolito da una cronica tendenza al sottoconsumo. Gli manca la capacità di consumo nella stessa proporzione in cui si sviluppa la capacità di produzione. Riprendendo uno spunto analitico dello storico ed economista ginevrino Sismondi, Malthus nega la validità della legge degli sbocchi. In base a questa per Smith, pur essendo i bisogni umani tendenzialmente illimitati, la loro soddisfazione è limitata solo dalla disponibilità del potere d’acquisto; al contempo il risparmio contribuisce alla domanda globale nello stesso modo e quasi al contempo del consumo dei capitalisti (fondamento logico essendo l’ipotesi che la moneta esista solo come mezzo di scambio).

Malthus dà per esistenti solo due classi sociali, dei lavoratori e dei capitalisti. I primi avrebbero la volontà di acquistare tutti i beni di consumo prodotti, ma un potere d’acquisto insufficiente; i secondi non hanno la volontà di consumare di più, ma la domanda globale di beni di consumo è insufficiente, per cui il sistema entra nel circolo vizioso della depressione e i profitti tendono ad annullarsi. Il sistema capitalista non ha in sé nessun meccanismo endogeno, che assicuri spontaneamente il raggiungimento del massimo di produzione compatibile con le risorse disponibili.

Questi i correttivi al ristagno incombente: la riforma della struttura della proprietà fondiaria; misure atte a facilitare gli scambi interni e internazionali e il reperimento all’estero di sbocchi per il risparmio nazionale e introduzione all’interno di beni nuovi che stimolino la volontà di consumare.

 La valvola di sicurezza del sistema capitalistico per Malthus è il consumo improduttivo, l’esistenza di una nutrita classe di proprietari terrieri e di nobili, che consumano senza produrre. Il consumo improduttivo esercita una funzione stabilizzatrice, a evitare che il sistema si rattrappisca nel ristagno. Evitare le continue crisi di sovrapproduzione è innanzitutto un obiettivo di giustizia sociale. La classe operaia può subire la crisi più nera nei periodi di bassi salari, ma non può essere adeguatamente ripagata da un periodo di alti salari.

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