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Politica

VELLEITARISMO

GIANFRANCO FABI - 28/06/2019

L’alleanza dei sovranisti per le europee

L’alleanza dei sovranisti per le europee

La strategia del Governo, o almeno della sua forza di maggioranza emersa dalle ultime elezioni europee, appare ormai chiara. Tirare la corda il più possibile con l’Europa muovendosi su due fronti: da una parte contestando le regole liberamente sottoscritte negli anni scorsi, dall’altra preparando la strada con mosse unilaterali, come l’emissione di una moneta parallela, per farsi cacciare dall’euro. In entrambi casi a piccoli passi, senza un preciso mandato popolare, come la se la scelta di stare o non stare in Europa fosse una grande banalità.

E dopo aver rotto con l’Europa si continuerà ad accusarla di essere la causa di tutti i mali in modo da acquisire il maggior consenso possibile e vincere di nuovo elezioni.

Una strategia sapiente e sicura del proprio risultato. Non importa che a pagarne il prezzo saranno gli italiani, paradossalmente gli stessi che affidano le proprie sorti a chi propone soluzioni facili per problemi complessi aprendo la strada ad una Italia isolata e impotente di fronte ad un mondo sempre più economicamente globale.

Le illusioni dei populisti o dei sovranisti, che dir si voglia, si fondano sullo stesso equivoco che loro dicono di voler combattere: pensare che l’Europa sia solo un meccanismo contabile basato sull’austerità.

Certo ci sono regole e procedure, come si conviene ad ogni convivenza. Regole e procedure che possono essere di comune accordo cambiate ed adeguate al mutare dei tempi, ma che sono state volute perché ciascuno possa fare il proprio cammino su basi più solide e costruttive.

È così per la moneta unica, per le regole di bilancio, per la partecipazione ai finanziamenti per la crescita. Non bisogna fermarsi ad una verifica contabile, valutando quanto paghiamo e quanto otteniamo dall’Europa. Ci sono valori e opportunità nell’essere in Europa che non possono essere valutate con il bilancino del farmacista. Ci sono potenzialità per i singoli sistemi economici che vanno molto al di là di quanto si potrebbe ottenere agendo da soli.

Guardiamo alla moneta unica. Da vent’anni garantisce : 1) bassi tassi di interesse, che rendono sostenibile il debito pubblico; 2) un limitato tasso di inflazione, garantendo il potere d’acquisto dei salari e la conservazione di valore dei risparmi; 3) un mercato libero di 300 milioni di persone in cui le transazioni non sono penalizzate dal peso di transazioni e oneri valutari; 4) la possibilità di partecipare alle catene produttive sovranazionali (non è un caso che le imprese italiane siano le maggiori fornitrici di componenti per l’industria automobilistica tedesca); 5) la possibilità di trattare da una posizione di forza condizioni commerciali con i grandi paesi come la Cina, gli Stati Uniti, la Russia.

Se si volesse veramente sostenere l’occupazione e le potenzialità delle imprese ci sarebbe bisogno di qualcosa di molto diverso anche se meno pagante della facile propaganda elettorale. L’industria italiana è già molto forte sul fronte delle esportazioni con una bilancia commerciale largamente in attivo nonostante il peso delle importazioni di materie prime ed energia. È un punto di forza che bisognerebbe difendere e valorizzare, migliorando le condizioni operative, favorendo l’innovazione e la formazione del personale, puntano su infrastrutture più moderne e funzionali.

Abbandonare l’Europa sarebbe come alzare un sasso per lasciarselo cadere sui piedi. L’Europa che viene criticata è la stessa che è pronta a pagare metà dei costi di quella linea ad alta velocità tra Torino e Lione che oltre a creare migliaia di posti di lavoro in fase di attuazione potrà garantire la presenza italiana nelle grandi reti di traffico.

È in gioco il futuro di tutti noi, dei nostri risparmi e del futuro dei nostri figli. Ci sono paesi, come Portogallo, Spagna, Irlanda che grazie alle regole e agli aiuti europei hanno imboccato una strada di crescita dell’economia e dell’occupazione.

Con governi di destra e di sinistra. Ma da noi la destra e la sinistra non ci sono più. E non c’è neppure il centro. C’è un velleitarismo politico fatto di slogan ad effetto. Altisonanti quanto pericolosi.

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