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Opinioni

MONDO CATTOLICO

ROBERTO MOLINARI - 05/07/2019

mondo-cattolicoA ogni elezione si assiste allo stanco rito dell’analisi del voto. A ogni elezione, qualunque sia la sua natura, siano esse amministrative, siano politiche, siano europee si assiste allo spacchettamento del voto e alla ricerca di paradigmi e chiavi interpretative di come si è spostato l’elettorato, di come hanno votato le donne, i millenians, la generazione x, i pensionati, i laureati e così via.

A ogni elezione, poi, appare sempre l’analisi del voto che riguarda il mondo cattolico.

Devo dire che quando si analizza il mondo cattolico e i suoi orientamenti elettorali ho sempre qualche perplessità. E, francamente, sono anche un po’ stupito nel sentire parlare di voto cattolico nel nostro Paese come se, in Italia, esistesse ancora un corpo monolitico, una indicazione all’unità politica dei cattolici e una Chiesa ed i suoi presbiteri, capaci di influenza elettorale.

Io penso che, in un certo senso, il fatto che si cerchi di catalogare il mondo cattolico come un tutt’uno in grado di esprimere tendenze unitarie in maniera di voto sia un po’ frutto di un passato storico e di un’epoca dove, certamente le cose erano più lineari, ma nello stesso tempo anche più facilmente interpretabili perché da un lato c’era un partito come la Democrazia cristiana che, nel suo pluralismo interno, era in grado di interpretare al meglio tutti gli umori dei “voti del cielo” e dall’altro lato c’era una Chiesa che aveva rinunciato ad intervenire direttamente nella politica italiana lasciando ai democristiani la logica della rappresentanza degli interessi e dei valori, sia pur in maniera laica e non integralista.

Insomma a me pare che in passato gli orientamenti religiosi di un popolo erano un elemento significativo, ma oggi questo, forse anche frutto del fatto che i cattolici sono una minoranza nel nostro Paese, parlare ancora di orientamento forse può apparire fuorviante e un tantino restringente rispetto alla realtà ed ad un passato mutato e forse anche in maniera radicale.

Già, ma quel passato era un altro tempo, un tempo figlio di una cultura politica nata anche e certamente all’ombra dei campanili e delle chiese, ma anche un tempo dove chi, da cattolico, faceva politica sapeva di rappresentare sentimenti, sensibilità, ma anche un popolo alieno all’estremismo (di destra o di sinistra ) e comunque distante anni luce dagli eccessi modaioli o della ricchezza ostentata.

Già, un altro tempo, un tempo dove i “guelfi” avevano imparato a rappresentare l’intera società, i suoi interessi, i suoi aneliti di libertà e la sua richiesta di giustizia sociale e dove la scala sociale aveva preso a correre dando alle nuove generazioni il senso che la politica era lo strumento per l’affrancamento dalla povertà e dove i partiti popolari, in primis la Dc, ma anche le sinistre, erano il mezzo per far entrare le masse escluse nello Stato.

Fatta questa non breve premessa e per non cadere nel rischio della mitizzazione di ciò che fu, vorrei provare a riprendere il filo del ragionamento sul voto, o sul presunto voto cattolico partendo da una considerazione che magari sa anche di provocazione.

Ma ha ancora senso parlare di voto cattolico? Esiste, possiamo ancora parlare di una categoria come questa come se fosse un corpaccione unito e distaccato dal resto degli elettori? Non è che così facendo ci si dimostra culturalmente ancorati ad un passato che non c’è più e che difficilmente potrebbe tornare?

Definire cattolico, elettore cattolico in relazione al fatto che uno frequenti la messa alla domenica a me pare poi un elemento in qualche modo limitante rispetto a tutto l’insieme del ragionamento. Normalmente le indagini sociologiche e le analisi di voto si rifanno a determinate categorie di analisi. Quante volte in un mese uno va alla messa, quanto frequenta abitualmente i riti religiosi, quanto si identifica nelle parole del Papa o dei Vescovi, quanto ritiene di dover ascoltare i messaggi delle gerarchie, insomma esistono un gran numero di paradigmi per identificare o cercare di classificare come cattolico un elettore.

Francamente penso che questi elementi alla fine, oggi, siano in parte ormai superati. Io credo che ormai il tasso di laicizzazione che ha raggiunto il nostro Paese abbia in buona parte anche coperto quello che comunemente si individua come mondo cattolico.

Credo che ormai gli elementi qualificanti come quelli scritti sopra abbiano perso di rilevanza o quanto meno debbano essere rivisti.

Quante volte abbiamo registrato che la morale del singolo che si definisce cattolico è distante dall’insegnamento della Chiesa. Pensiamo alla morale sessuale, così come al tema tasse, o ai semplici costumi di vita.

Pensiamo a quanta distanza c’è oggi tra l’insegnamento del Papa di fronte al tema accoglienza e il comportamento dei fedeli o degli stessi chierici.

E pensiamo, ancora, al dialogo tra le religioni, anche questo un tema sensibile dei giorni nostri e l’atteggiamento che ha, probabilmente, la maggioranza dei cattolici. Insomma, tutti elementi che segnano una distanza se non abissale quanto meno problematica rispetto all’insegnamento dottrinario e di una fede che appare sempre più una sorta di fai da te.

Accanto a questo, sempre un po’ provocatoriamente, inserirei un altro elemento di riflessione.

La categoria degli “atei devoti”. Quelli cioè che come Salvini della religione e del mondo cattolico non gliene è mai fregato niente, ma che ora, per pura strumentalizzazione, si ergono a paladini, se non crociati, dei valori cristiani e si propongono, molto improbabilmente, con in mano i simboli della fede ai comizi e ai raduni politici, usando i simboli stessi del cristianesimo come clava da dare in testa agli avversari politici.

Anche questa dovrebbe essere una categoria da approfondire e da ulteriormente analizzare non fosse altro perché, appunto, così come dagli studi delle analisi elettorali, un buon numero di cattolici, definito così proprio in base alle categorie di cui scrivevo poc’anzi, vota Salvini, vota la Lega e si identifica nelle sue politiche.

Ora, forse qualche pensiero, sempre a livello di riflessione a voce alta anche su questo varrebbe la pena di spendere.

Qualche tempo fa ho letto l’affermazione di monsignor Bassetti per cui il voto, in generale alla Lega di Salvini, sarebbe frutto della debolezza politica. Su questo ho qualche perplessità tanto più se inserito nel contesto, tema di questo contributo, del voto cattolico.

In questi tempi, in tempi salviniani, la Lega si dichiara, dopo essere stata autonomista sino al limite del presentarsi come indipendentista alla catalana, come il partito più “sovranista” e dunque più nazionalista presente sul nostro palcoscenico politico.

Ovviamente questo fa parte della strategia elettorale di Salvini che, va riconosciuto, ha avuto la capacità di inserirsi in un filone politico e di tradurre il disagio e la paura dei ceti più a rischio in quello che è, oggi, il più appagante in termini elettorali.

Di Salvini si conoscono le doti comunicative, ma anche la capacità di “fiutare” l’aria e a muoversi di conseguenza e d’altra parte quanti oggi lo ricordano come leader dei “comunisti per la Padania” quando si presentò al finto “Parlamento padano” organizzato da Bossi, allora leader indiscusso della Lega.

Insomma Salvini, a me pare, come il prototipo oggi anche degli “atei devoti”, di quelli cioè che usano le parole d’ordine di un popolo cattolico privo di guide riconosciute e forse anche incapace di sfuggire alla doppia morale, quella che si dice di professare e quella che si pratica e le usa al meglio dando la sensazione di saper interpretare non solo le paure, ma anche le aspettative proprio di chi ha perso i suoi punti di riferimento.

Senza cadere in interpretazioni teologiche che con la politica hanno poco a che fare a me pare che questo aspetto, questo vuoto non possa essere certo definito frutto della debolezza della politica, ma, viceversa, sia frutto proprio della “caduta” educativa che si è verificata, per tante ragioni a dire il vero, proprio nel mondo cattolico, mondo a cui forse va ricordato che Catholica e quindi Chiesa “Mater Magistra” sta a significare universale e non certo sovranismo.

Ovviamente questo ragionamento non vuol dire negare i fatti, il grande consenso che ha oggi Salvini, ma sappiamo anche bene che il grande consenso non solo spesse volte è velocemente mutevole, ma che anche non tutto è giustificabile attraverso il suo uso.

Così come, francamente, non sono d’accordo con chi ritiene il movimento di Salvini come una sorta di partito liberale di massa, anzi dei “girondini di destra” capaci di rispondere, appunto al vuoto politico presente nel mondo cattolico dopo la caduta dei riferimenti politici.

Sarà perché io sono affezionato ai “guelfi”, quindi a gente che, storicamente, sapeva stare contro l’Imperatore del momento, ma ritenere che la Lega salvinizzata sia un partito moderato (e i girondini lo erano) o liberale a me pare una sorta di artificio verbale per giustificare la necessità più di un ceto politico ormai desueto e in parte anche logoro di collocarsi col vincitore o l’attuale vincitore per perpetuare la propria carriera e questo a tutto discapito della necessità di ritornare a formare dei politici consapevoli, ma anche dei cattolici consapevoli.

Senza fare ricorso alla storia e tenuto in conto delle debite diversità, tuttavia, a me sembra che in alcuni ci sia la stessa volontà di quelli che furono i “popolari” o anche gli stessi liberali che, negli anni venti appoggiarono il fascismo, convinti di poterlo utilizzare per normalizzare la situazione e una volta ottenuto il risultato liberarsene tranquillamente.

Sappiamo bene che questo calcolo fu il frutto proprio di una visione distorta della società italiana, della politica e anche della cultura politica di un ceto ormai consunto, ma anche della miopia di chi preferì poi esiliare Sturzo e tutti gli altri “popolari” che si batterono contro questa scelta.

E sappiamo bene anche che nel secondo dopoguerra la Dc non fece lo stesso errore e agì invece sempre nella convinzione della necessità di allargare le basi del consenso della democrazia e di includere le masse nello Stato fuggendo sempre da ogni tentazione “populista” e tenendo a distanza le forze più reazionarie che albergano da sempre nel nostro Paese e anche nel mondo cattolico.

Certo al passato, ne sono ampiamente convinto, non si può tornare. Oggi non è riproponibile un’altra Democrazia cristiana. È cambiata la società italiana, è cambiato il mondo cattolico, sempre più diviso in mondi e sensibilità diverse e manca certamente lo spessore di leader come quelli che fecero della Balena Bianca il partito degli italiani oltre che della capacità di sapere unificare e non dividere.

Ma questo è sicuramente un altro tema, così come un altro tema è se a fronte di un partito egemone sulla destra, la Lega di Salvini, ci sia spazio per un partito di centro autonomo o se, viceversa, questo oggi non sia più possibile proprio per effetto del radicale spostamento a destra di buona parte degli elettori e di una offerta politica appunto totalmente di destra e non certo moderata e se, ma anche questo è un altro argomento conseguente, l’unica alternativa, appunto alla destra di Salvini sia un centrosinistra e una politica di centrosinistra.

Ma questi sono appunto altri argomenti che possono certamente avere ricadute su quello che è o rimane del mondo cattolico, un mondo che, io penso non sia più unitario da molto tempo, ma che anche abbia bisogno, rispetto al passato, di prendere coscienza di quale rapporto ci sia tra fede e politica e tra valori e loro traduzione in soluzioni politiche.

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