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Attualità

MURI

EDOARDO ZIN - 05/07/2019

Salvataggio di migrani in mare

Salvataggio di migrani in mare

E’ arrivata l’estate. Questa stagione abbacinante, densa di calore, considerata l’espressione nostalgica delle passioni giovanili, il tempo dello svago, del divertimento. Ed io sono qui a crogiolarmi in cerca della verità.

Sono angosciato: chi avrà ragione? Il capitano che con un decreto vieta l’ingresso della nave in un porto o la capitana che si appella alle norme internazionali del diritto del mare? E’ la capitana che entra in porto speronando una motovedetta della Guardia di Finanza o è l’imbarcazione che ha compiuto una mossa maldestra? E la motovedetta ha fermato o ha accompagnato in porto la nave? E questa motovedetta può essere considerata o no una nave da guerra? E la capitana è una criminale o un’eroina, nuova Antigone che segue la legge della coscienza e rifiuta la legge di Creonte? Chi tra i due è stato il più coraggioso? Insomma, chi ha ragione: la gente che popola il porto e che applaude quando Carola scende dalla nave o la turba di chi fischia, di chi squittisce addosso alla donna insulti, sfogando così la sua misoginia, augurando contemporaneamente la morte a poveri innocenti? E i povericristi che scendono dalla nave, dopo aver passato diciassette giorni ammassati sul ponte sotto il sole cocente del Mediterraneo che picchia inesorabile, sono veramente bisognosi di cure o è solo un pretesto inventato dalla giovane crocerossina?

Che cosa raccontano della Verità i fatti di cui discutiamo? E che cosa lasciano nel nostro cuore le parole che abbiamo udite o che sono state scritte su una tastiera? E che cosa abbiamo fatto per trasformare l’odio, la rabbia, l’insofferenza in gesti d’amore e d’amicizia?

Sì, perché a me pare questa triste vicenda così enfatizzata, questa eccessiva ostentazione pare non abbiano affatto contribuito ad abbattere il muro invisibile che attraversa la nostra coscienza. Anzi, hanno maggiormente diviso gli animi tra chi odia e chi viene chiamato “buonista”. Tra gli accidiosi e i buonisti, c’è una terza strada da scegliere: quella della responsabilità!

L’odio è senz’altro il più durevole dei piaceri. L’odio è un liquore prezioso, un veleno potente usato per rendere più duro il nostro cuore, più tossico il nostro sangue, più precaria la nostra salute, il nostro sonno. L’odio si diffonde facilmente: basta un epiteto, una parola, un gesto. Non vi accorgete come esso si è insinuato nelle famiglie, in alcuni operatori sociali, si è infiltrato nelle curve dello stadio, nel supermercato, sull’autobus, negli studi televisivi, sugli schermi dei computer? Di fronte all’odio, la ragione è impotente e la sua forza sta nella sua diffusione che nasce dall’imitazione. Tutti rimangono sedotti dagli “incantatori”, dalle parole degli imbonitori che usano l’odio per sviare argomenti ben più importanti per dedicarsi solo all’illusione e all’inganno. L’odio è un potente anestetico per impigrire le menti e far nascere degli stupidi che – come osservava Bacchelli – “impressionano non foss’altro che per il loro numero”

Dall’altra parte ci sono i “buonisti”: sono coloro che tentano di trovare ogni giustificazione per qualsiasi azione. Essi oppongono ragioni diverse rispetto a quelle della tanto decantata “gente” o all’utilitarismo degli imbonitori; utilitarismo che vorrebbe essere pensiero unico, ma che – paradossalmente – cerca il pensiero unico perché anche il buonista è incapace di distinguere criticamente, dipendente com’è dalla sua ragione, ed è incapace di opporsi con veri argomenti al pensiero dominante. Se il rancoroso si dimostra baldanzoso, ma rifiuta il dialogo, il buonista è pusillanime. Tra i buonisti – “che mai fur vivi” – ci sono anche coloro che amano il quieto vivere, che non prendono posizione, che si lavano le mani come fece Ponzio Pilato, che non si schierano e vivono “sanza infamia e sanza lodo”: più che buonismo, la loro è viltà!

Più che di rancorosi e di buonisti, oggi il nostro Paese, l’Europa, il mondo hanno bisogno di uomini responsabili, capaci di obiettare alle contraddizioni, di esaudire le speranze, di trovare mediazioni oggi più che mai necessarie davanti al rischio di subordinare i valori agli interessi. La responsabilità degli uomini politici deve fondarsi sulle tradizionali virtù del dialogo e della prudenza, della ragione e della scelta politica partecipata.

Valeva la pena di fare la voce grossa e minacciosa (“la pacchia è finita”), di trasformare il mare nostrum in un campo di battaglia tra chi combatte per salvare vite umane e chi detiene donne e uomini deprivati e sofferenti in una detenzione abominevole, di dilapidare risorse, di dissipare tempo prezioso, di rischiare di rompere buoni rapporti con paesi amici quando bastava avere un sussulto di buona volontà partecipando ai comitati europei indetti proprio per risolvere il problema delle migrazioni? Senza dimenticare che questo braccio di ferro avveniva mentre altri migranti trasportati su barchini venivano sbarcati e accolti.

Sì, è il tempo della responsabilità. Per coloro che credono nel Gesù del Vangelo e vogliono mettere in pratica il suo insegnamento e anche per coloro che non hanno più il desiderio di combattere Dio con l’ateismo, ma versano il loro rancore verso chi di Dio è immagine. Brandiscono pure il Rosario, ma lasciano Dio fuori del loro cuore. Per costoro la nostra stagione non è quella della morte di Dio, ma della sua assenza nel loro cuore. Ed è più pericolosa l’indifferenza di quanti non prendono posizione a favore dell’uomo, che la sorte di quelle donne e di quegli uomini non li inquieti al punto di sentire il bisogno di allentare la pressione, ritraendosi verso quel fondo nascosto che è il loro cuore.

Bonhoeffer ci ha lasciato in dono queste parole:” Chi resta saldo? Solo colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, il proprio principio, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma che è pronto a sacrificare tutto questo quando sia chiamato all’azione ubbidiente e responsabile, nella fede e nel vincolo esclusivo a Dio: l’uomo responsabile, la cui vita non vuole essere altro che una risposta alla domanda e alla chiamata di Dio. Dove sono questi uomini responsabili?”

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