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Opinioni

TRA GENERAZIONI

ANTONIO MARTINA - 05/07/2019

Tito Boeri

Tito Boeri

Qualche settimana fa l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri, ospite di una trasmissione televisiva in qualità di direttore scientifico del Festival dell’Economia di Trento, dedicato quest’anno al tema: “Globalizzazione, Nazionalismo e Rappresentanza”, ha esposto alcuni concetti molto importanti. Ne voglio ricordare almeno un paio.

Il primo riguarda lo spread: 100 punti in più di questo indicatore significano per l’Italia 20 miliardi di euro di maggiori spese sugli interessi che dobbiamo pagare per il nostro debito pubblico. Lo spread è qualcosa di devastante non soltanto per i conti pubblici ma anche per quelle imprese che devono prendere a prestito denaro, con costi molto più alti. Vuol dire mettere in crisi le banche che devono finanziare le piccole imprese e le famiglie.

La recessione tecnica in cui siamo entrati sul finire del 2018 è stata causata dall’aumento dello spread. Questo è accaduto in Italia e non negli altri paesi Europei. Si tratta, ancora oggi, di una perdita di credibilità che ci costa moltissimo. Ci costa soprattutto in termini di posti di lavoro perché molte imprese chiudono. Questi sono i veri costi dello spread. Si tratta di una cifra rilevante che destabilizza il problema del lavoro, l’unico motore per aumentare i consumi interni e dare giusta dignità alle persone.

Il secondo si riferisce alla situazione demografica con le dirette conseguenze sull’impianto del welfare e particolari implicazioni sul settore della previdenza sociale. Mentre era presidente dell’Inps, Boeri si è reso garante di quel patto intergenerazionale che è alla base del sistema pensionistico.

È un patto molto delicato che si basa sul consenso tra generazioni perché chi paga oggi i contributi deve poter pensare che un giorno verrà trattato allo stesso modo: riceverà i contributi versati e la propria pensione sarà pagata dai futuri lavoratori. Se questo patto si incrina, tutto crolla. Quindi ci vuole chi garantisca che questo avvenga. Se si dovessero scaricare eccessivi pesi sulle generazioni future lo si dovrebbe dire chiaramente. Serve pertanto la massima indipendenza dell’Istituto, a prescindere dal colore del governo in carica, per garantire che le operazioni previdenziali non scarichino un costo improprio su quelle generazioni.

Al riguardo vale ricordare che le procedure di nomina del presidente dell’Inps sono simili a quelle delle autorità indipendenti quindi vuol dire che lo stesso legislatore ha pensato che dovesse essere un organismo non influenzabile. È fondamentale che mantenga questa indipendenza proprio perché deve avere una visione di lungo periodo.

Inoltre, in questo momento di scarse risorse, si dice che gli immigrati gravino sul nostro welfare e contribuiscano ad abbassare il costo del lavoro. Non è affatto vero, dobbiamo pensare agli immigrati regolari, quelli ai quali permettiamo di pagare i contributi sociali. Loro stanno tenendo in piedi il nostro sistema pensionistico perché versano, ogni anno, alle casse dell’Inps circa 14 miliardi di euro e ne prelevano soltanto 7 tra pensioni, prestazioni assistenziali, assegni al nucleo familiare e altri trasferimenti. La ragione per cui prelevano così poco è che sono molto più giovani degli italiani. Un italiano su quattro ormai ha più di 65 anni. In sintesi: sono gli attuali lavoratori che pagano le pensioni agli attuali pensionati, contando sul patto intergenerazionale.

Sulla cosiddetta “quota 100” si sostiene da più parti che, forse ogni due o tre pensionati ci sarà un assunto. Dovevamo aspettarcelo perché le imprese, dopo un pensionamento, non assumono. Hanno bisogno di ridurre gli organici e quindi lo fanno nel modo meno costoso. Non dimentichiamo poi che si tratta di un provvedimento programmato per un solo triennio quindi un’operazione che aumenta le situazioni di privilegio e di asimmetria nel trattamento del sistema pensionistico. Asimmetria che va riducendosi per effetti naturali nonché per l’introduzione del contributivo, ma dobbiamo ricordare che ci sono ancora troppi privilegi e tra questi i trattamenti dei parlamentari.

Esiste una difformità segnalata più volte: la doppia pensione. Infatti oltre ai vitalizi, si avvalgono dei contributi che l’Inps versa per loro, ovviamente se avevano un’occupazione precedente in qualità di lavoratore dipendente. Quindi cumulano: oltre al vitalizio e alle prestazioni legate al vitalizio stesso, anche gli effetti dei contributi versati durante il loro mandato parlamentare. Situazioni e regole che andrebbero affrontate. In qualche modo modificate e molto rapidamente.

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