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Noterelle

SENILITÀ

EMILIO CORBETTA - 19/07/2019

pensionataMi è piaciuta questa frase “… probanti del nostro segmento demografico, rilassati ma con cervello, energici ma non frenetici, visto che siamo anziani che vivono la parte degli anziani, proiettando nella società un’immagine di noi stessi in quanto rappresentativi, per adesso e per la posterità, di una senilità  che si trova ad uno snodo …della vita … essendo noi stessi …” . Con piacere ho usato nuovi vocaboli, mettendo da parte quelli dell’autore Dave Eggers in “Opera struggente di un formidabile genio”, che parla non di anziani, ma di giovani.

Perché questo elaborare la frase di un altro? Mi sembra che delinei certe situazioni che valgono sempre per quasi tutte le età: infatti è uno stimolo per i giovani, ha valore per le mezze età, ma anche per gli anziani, anzi può divenire un notevole stimolo a reagire a tutta una serie di fattori che possono condurre ad una resa, ad un rassegnarsi lasciando spegnere la speranza, le motivazioni al fare, a dedicarsi agli altri, a coltivare i grandi affetti degli amici e della famiglia.

Da tempo immemorabile la politica, i sindacati, le istituzioni sociali parlano dei problemi molteplici dei pensionati e dell’istituzione della pensione. Viviamo ed abbiamo vissuto esperienze incredibili con possibilità di accedere al pensionamento in età eccessivamente “verdi” (mi si perdoni il termine), o anche di raggiungere il pensionamento con assegni altissimi ed è impensabile che quei soggetti abbiano potuto effettuare versamenti così alti nella loro era lavorativa.

Il “mito della pensione” crea deformazioni organizzative, speculazioni politiche, ma anche sofferenze psicologiche, disamoramento delle professionalità, speranza di una lunga e quasi eterna vacanza, rilassamento dai compiti, dai doveri sociali e molti altri desideri che poi crollano di fronte alla cruda realtà della vita. Qualcuno afferma che in pensione dà sfogo a sogni non realizzati nella vita per cui diventa iper attivo. Qualcun altro afferma crudamente che in pensione si va per morire.

C’è un fatto: pensione e senilità formano un binomio inscindibile; bisognerebbe saper costruire una istituzione della pensione con caratteristiche tali che renda più vivi i protagonisti che ne vengono a far parte: i pensionati quindi più protagonisti del loro destino e non soggetti vittime di altre istituzioni.

I pensionati sono persone che hanno vissuto grandi esperienze, che hanno studiato, progettato, costruito, creato, risolto, che hanno sapere, saggezza, conoscenza ed altro; metterli da parte è un grande spreco di cervelli. Essi stessi devono saper avere l’umiltà di comprendere che in una struttura non possono essere più quelli che comandano; ritornano nel rango dei semplici collaboratori, ritornano ad esser i “gregari che portano l’acqua” ma devono continuare a saper dare, a poter contribuire per una società migliore. Saper donare senza chiedere un ritorno.

È possibile? Non so, perché non è facile saper fare un apparente passo indietro. Ma veder sprecare, buttar via cervelli sembra un delitto, uno spreco imperdonabile. Nel contempo i protagonisti di questo fenomeno potrebbero avere una qualità della vita decisamente più ricca di soddisfazioni, più psicologicamente soddisfacente, più vera, lontani dal doloroso e triste limbo che ora sono costretti a vivere.

Nasce anche un dubbio: tutti quelli che hanno contribuito a creare questa realtà, su cui si gioca a porre limiti di età, e poi dopo poco a cancellarli cercando consensi politici, quelli che creano figure pensionistiche credendo di creare di conseguenza posti di lavoro, quelli che hanno creato le regole di questa istituzione, troppo spesso lontane dalla realtà dell’economia della nazione, possono accettare il cambiamento dello “spirito pensionistico” (mi si permetta di sintetizzare in questo binomio il quadro sopra descritto)?

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