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Società

QUESTI MIGRANTI

LIVIO GHIRINGHELLI - 19/07/2019

lesboNella categoria degli immigrati rientrano soggetti molto eterogenei con status legali diritti ben diversi: richiedenti asilo, che viene spesso autorizzato solo dopo anni d’attesa, rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra, provenienti da zone di guerra.

 In Italia la protezione umanitaria risulta abolita. Nell’Unione europea, stando al 2017, su circa 510 milioni di residenti, figuravano 38,6 milioni di stranieri. Nel 2016 994.800 persone hanno acquisito la cittadinanza di un Paese.

 Il fenomeno presenta notevole variabilità tra i Paesi membri. Nell’area Nord-occidentale rientrano i Paesi di più antica tradizione nell’attrarre prima i lavoratori, poi famiglie di immigrati (particolarmente Germania, Francia e Inghilterra); l’Europa meridionale (Italia, Spagna,Portogallo e Grecia) si è convertita da terra di tradizionale emigrazione ad area di prevalente attrazione di consistenti flussi; la regione centro-orientale, fino al1989 bloccata dall’URSS , è diventata un’importante area di provenienza di nuove immigrazioni . In Europa, come in Italia, gli immigrati sono per la maggior parte europei (caduta muro di Berlino eccetera).

Sul versante degli ingressi dal di fuori dell’Ue la crisi economica degli anni Settanta ha determinato uno spartiacque. Lo sviluppo di un libero mercato del lavoro interno è stato promosso in contrapposizione alla chiusura selettiva nei confronti dei lavoratori esterni all’Unione (v. la pietra angolare dell’accordo di Schengen del 1990).

 Il Trattato di Amsterdam (1997) ha istituito un quadro di comunitarizzazione delle politiche migratorie degli Stati membri. Il Codice di Schengen del 2006 ha stabilito regole comuni per il movimento delle persone attraverso i confini con rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne della Ue e l’abolizione pratica delle frontiere interne. Il Trattato di Lisbona del 2007 ha sancito principi base quali la solidarietà tra i Paesi membri e il rispetto dei diritti umani.

  L’attenzione si è concentrata soprattutto sul controllo dei confini e sulla sicurezza (Frontex, Eurosur). Si aggiunga il ricorso a una combinazione di nuove misure volte a controllare l’immigrazione indesiderata. Si è esercitata comunque una fiera resistenza da parte degli Stati membri in tema di ammissione di nuovi residenti, di integrazione sociale degli immigrati e di protezione dei diritti umani. Si tratta di una politica sbilanciata sul fronte sicurezza.

Una certa convergenza ha riguardato gli approcci europei all’integrazione degli immigrati internazionali. Due i pilastri presi in esame: l’integrazione civica e le misure antidiscriminatorie. Risultando l’asilo l’unica porta di accesso legale al territorio della Ue i flussi definiti misti si traducono in domande di protezione internazionale. In base alla Convenzione di Dublino il primo Paese di ingresso per i richiedenti asilo deve provvedere alla loro identificazione, fornir la debita assistenza e valutare l’istanza di protezione internazionale.

 Questo senza tenere conto delle aspirazioni e dei legami familiari e scaricando il peso dell’accoglienza sui Paesi meridionali (specialmente su Grecia e Italia). Nell’Europa centro-orientale si sono costruite barriere sovraniste, reintrodotti controlli ai confini , rimandati i richiedenti asilo ai primi Paesi di ingresso. Di rilievo l’opposizione del gruppo di Visegrad al ricollocamento.

Nel marzo del 2016 in Europa si è verificato un rovesciamento nella politica di accoglienza dei rifugiati. Un controverso accordo con la Turchia, con regia della Germania, ha bloccato gli arrivi dalla Siria in guerra in cambio di cospicui fondi ad Ankara e dell’accelerazione delle trattative per l’ingresso della Turchia nell’Ue.

Amnesty International ha potuto definirlo l’anno europeo della vergogna (nessun chiaro impegno turco nel garantire in cambio i servizi di base, quale Paese sicuro, impossibilità di presentare domanda d’asilo dopo l’approdo sulle isole greche, mancanza di dispositivi di monitoraggio del fenomeno).

 Per quel che concerne l’Italia il nostro Governo ha riproposto il vecchio ruolo della Libia quale guardia di confine esterna a nostra protezione, con finanziamenti alla guardia costiera libica nel riarmo. In concomitanza la guerra dichiarata spregiudicatamente alle Ong e l’aggravarsi tragico delle condizioni di vita nei centri di detenzione. Fosco il bilancio nella protezione dei diritti umani.

Rimangono aperte le seguenti questioni: le condizioni di ingresso, con particolare riferimento all’immigrazione per lavoro dei meno qualificati, l’integrazione degli immigrati insediati sul territorio della UE , specie su questioni di identità nazionale , storia e rappresentanza delle comunità politiche , la maggiore armonizzazione dei criteri di naturalizzazione e accesso al lavoro e al voto locale , il problema dell’asilo. L’esternalizzazione dei controlli e dell’accoglienza non risponde agli standard di civiltà giuridica.

 Nei confronti dell’Africa va associata strettamente la questione dello sviluppo a quella della sicurezza, con necessario equilibrio nel binomio, avendo presenti in particolare la zona dei grandi Laghi, il Sahel, il Corno d’Africa e il Golfo di Guinea, mentre si accusa, per quanto ci riguarda, una minor sensibilità verso problemi cruciali quali il buon governo di quei Paesi, la tutela dei diritti umani, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali delle persone più povere e vulnerabili.

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