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In Confidenza

LA PROVA

Don ERMINIO VILLA - 19/07/2019

giovanni-e-andrea«Quando si ama qualcuno, non si ha bisogno di vederlo per pensare a lui. Così, se noi amiamo Dio, – diceva il santo Curato d’Ars – la preghiera ci diventerà familiare come il respiro. Quando abbiamo un qualche peso da portare, pensiamo subito che seguiamo Gesù Cristo che porta la croce ed uniamo le nostre pene alle sue».

Si legge nei Detti dei Padri del deserto: “Guardiamo i cani quando cacciano le lepri: uno di essi, vista la lepre, la insegue finché non l’ha raggiunta, senza lasciarsi trattenere da nulla, gli altri invece guardano semplicemente il cane che corre e corrono con lui per un po’, quindi ci ripensano e tornano indietro; soltanto quello che aveva visto la lepre la insegue finché non la raggiunge, senza lasciarsi sviare dalla meta e senza guardare né ai precipizi né ai rovi né agli spini. Allo stesso modo, chi cerca Cristo, fissando incessantemente la croce, supera tutti gli ostacoli, finché non l’abbia raggiunto”.

Ma nella sequela di Cristo è inevitabile, prima o poi, provare stanchezza nelle nostre vite, disperare della nostra capacità di ripartire, diventare consapevoli di quanto difficile sia sottrarsi ai circoli viziosi nei quali ci hanno iscritto la nostra storia, le nostre paure, i nostri fallimenti. Ci sono degli scenari che continuano a ripetersi ed ai quali sembra impossibile scampare: ciclicamente siamo esposti agli stessi litigi, alle stesse impossibilità di perdonare, alle stesse paralisi, agli stessi abusi e non intravediamo nessuna possibilità di spezzare questi meccanismi.

Qui va cercata la nostra croce, che non è semplicemente la prova o la sofferenza. ‘Croce’ è solo quella prova e quel dolore che ad un certo punto non temiamo più, non subiamo più stoicamente, ma abbracciamo perché in esse scopriamo possibilità nuove, la presenza del ‘Dio con noi’, del Risorto che sempre è vicino.

Se Gesù ci dice: “Chi non prende la propria croce e non mi segue non è degno di me” vuol dire che sofferenza e prova diventano croce solo nell’istante in cui cominciamo a seguire Gesù, perché lui ci ha chiamati, ci ha guariti, ci ha rialzati e presi per mano e ci guida, si fa il nostro cammino, ci conduce su pascoli erbosi e ad acque tranquille e non ci fa mancare la sua consolazione.

A noi, forse spaventati dalle esigenze di Cristo, dall’impegno di dare la vita, di avere una causa che valga più di noi stessi, il Signore aggiunge una frase dolcissima: “Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca, non perderà la sua ricompensa“. Il dare tutta la vita o anche solo una piccola cosa, la croce e il bicchiere d’acqua sono i due estremi di uno stesso movimento: dare qualcosa, un po’, tutto, perché nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare: “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio… Non c’è amore più grande che dare la vita!“.

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