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Urbi et Orbi

MA DI CALDO NON SI MUORE

PAOLO CREMONESI - 13/09/2019

Un chiosco di “grattachecca”

Un chiosco di “grattachecca”

Solo da qualche giorno le temperature a Roma si sono abbassate. Una fresca brezza irrompe alla sera facendoci tirare, letteralmente, un sospiro di sollievo.

È stata una estate calda, molto calda. Qualche giorno prima di Ferragosto il termometro del balcone segnava 45°. Con il caldo Roma mostra il suo volto popolare. È come se le temperature abbattessero le differenze sociali: famiglie e turisti, politici e burini, clero e borgatari, tutti alla ricerca di un po’ di refrigerio.

Curioso il ritmo della vita che si instaura nella capitale: alle prime ore del mattino e sin verso le undici, tutti in giro a sbrigare le poche incombenze estive. Poi silenzio di tomba, macchine ferme, persiane abbassate, quando sulla capitale cala un coprifuoco arroventato per aspettare il tardo pomeriggio…

I giardini storici di Villa Borghese e Villa Ada sono pieni. A Villa Pamphili, nella sua inusuale grandezza, una varia umanità sonnecchia, all’ora della ‘pennica’, su tanti prati ingialliti ma all’ombra. I più attrezzati con asciugamani da mare, altri su lenzuoli portati da casa. Qualcuno azzarda un pic-nic pomeridiano. I giovani più coraggiosi una partita di pallone.

Alla mattina nei bar, vicino ai ‘nasoni’, le fontane che erogano generosamente acqua fresca a tutte le ore, si parla del caldo. Qualche accenno alla crisi politica, ma senza appassionarsi più di quel tanto: Roma sembra stremata dalla politica (pur vivendo spesso grazie a essa) e guarda scettica alle schermaglie di Palazzo sempre più distanti dai problemi quotidiani.

Negli uffici e nei supermercati aria condizionata a palla. Gli anziani si attardano tra gli scaffali per approfittare di un po’ di fresco. I reparti di pronto soccorso degli Ospedali sono presi d’assalto.

La sera invece ci si riversa fuori casa. In un’aria ancora arroventata si raggiunge il Lungotevere acceso di luci e suoni. Ristorantini e concerti. Si mangia, si beve vino dei Castelli, si ascolta musica. Roma ha sempre cantato. Il basso e l’alto. Dallo stornello alla lirica dell’Auditorium.

Per altri la meta sono le ‘grattachecche’, chioschi che vendono ghiaccio mischiato a sciroppi di vario genere. Alcune sono talmente antiche da essere considerate dai romani patrimonio storico.

Il sabato e la domenica le consolari verso il mare, la Pontina, l’Aurelia, l’Ardeatina si intasano di automobili. Pur di godere di qualche ora di mare (generalmente sporco) non c’è romano che non accetti di pagare il dazio di ore e ore in coda tra tetti di lamiera roventi. Eppure si fa. Coi bambini che si lamentano, con i panini e le bibite portate da casa “perché se no in spiaggia te spenneno”.

Questa estate la città non si è mai svuotata. Nemmeno nella tradizionale settimana di Ferragosto. La crisi economica si sente. E molte famiglie hanno potuto permettersi al massimo qualche giorno ‘mordi e fuggi’ e nemmeno tanto distanti da Roma.

E ora anche questa estate se ne va. Con il suo caldo torrido che nemmeno quest’anno è riuscito a fiaccare l’anima del popolo romano: tra una bevuta e un canto, una fila al mare e una grattachecca. Come sempre. Eterna.

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