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Economia

SCONFORTANTE EREDITÀ

GIANFRANCO FABI - 20/09/2019

pensioneTra le motivazioni che hanno fatto nascere il nuovo Governo, con una nuova maggioranza e un nuovo programma, i temi economici sono stati al primo posto. Con la necessità di varare la manovra di bilancio per il 2020, che va presentata in Europa entro il 15 ottobre e comunque va approvata dal Parlamento entro fine d’anno. Con l’urgenza di trovare i fondi per evitare l’aumento dell’Iva, sbloccando quelle clausole di salvaguardia che la precedente maggioranza aveva approvato per garantire il finanziamento di due misure puramente assistenziali: il reddito di cittadinanza e quota 100. Con la necessità di dare ossigeno ad una economia sempre più fiacca e incapace di creare nuovi posti di lavoro soprattutto per i giovani.

In effetti l’eredità del Governo giallo-verde, tra impegni di spesa e ritardi negli investimenti, è particolarmente sconfortante. La produzione ed i consumi sono sostanzialmente fermi, gli investimenti in opere pubbliche altrettanto (Il ministero delle Infrastrutture ha bloccato per mesi l’avvio delle nuove opere), mentre è aumentata una spesa improduttiva che, soprattutto con quota 100, è stata un ulteriore granello di sabbia negli ingranaggi dell’economia.

L’esempio più clamoroso di una politica economica che ha bloccato un Paese con già tanti problemi è stata infatti l’ossessiva volontà di attuare una nuova riforma delle pensioni, la famosa quota 100, per superare quella legge Fornero che, anche se indicata da Salvini come il peggiore di tutti i mali, nel 2011 aveva contribuito a far uscire l’Italia da una delle crisi finanziarie più complesse. Ebbene quota 100 ha aggravato molti problemi, non solo di finanza pubblica. Il welfare italiano infatti è da molto tempo sbilanciato verso il sostegno della terza età e dei pensionati. Politica encomiabile se non sacrificassero risorse che potrebbero essere dedicate ai più giovani. Con un particolare non da poco. L’Italia fortunatamente è uno dei paesi dove la speranza di vita è più alta, si arriva oltre gli 82 anni, e dove è più avanzato l’ingresso effettivo nella terza età. Tra i 65 e almeno i 75 anni si parla ormai di longevità attiva e la partecipazione, ancorché in forme diverse, al mondo del lavoro può costituire un elemento positivo anche per mantenere una buona salute fisica e mentale.

C’è poi, soprattutto in prospettiva, un problema di sostenibilità economica del sistema pensionistico: non solo gli anziani, fortunatamente, vivono più a lungo e in buona salute, ma diminuisce il numero dei giovani che entrano nel mondo del lavoro e quindi che pagano i contributi necessari per sostenere il sistema. Un intervento sulle pensioni quindi dovrebbe non solo puntare ad un aumento dell’età media di pensionamento (il contrario quindi di quota 100), ma anche e soprattutto ad introdurre elementi di flessibilità che aiutino le persone a rimanere inserite nella vita sociale: lavori a tempo parziale, affiancamento a giovani apprendisti, staffetta generazionale. Nella logica di considerare il lavoro non come una gabbia o una schiavitù, ma qualcosa di positivo che può far crescere la persona, le singole imprese e la comunità. Quota 100 invece ha facilitato l’uscita anticipata dal posto di lavoro, senza nessun meccanismo di sostituzione graduale, e con un palese incentivo al lavoro nero con il divieto di cumulo con eventuali nuovi impieghi.

Ora si tratta di riuscire a superare i danni provocati da 14 mesi in cui le scelte economiche sono state sottomesse alla logica della propaganda politica. Non sarà facile anche se vi sono concreti indizi che il Movimento Cinquestelle abbia cambiato atteggiamento, soprattutto abbandonando quella continua tentazione di scontro con l’Europa che non poteva che portare, e non ha portato, a nulla di costruttivo. Anche se rimane in quel Movimento una volontà sostanzialmente statalista che non può che provocare un aumento pericoloso della spesa pubblica oltre che ad una minore efficienza delle imprese interessate.

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