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Politica

PRIMATO DELLA PERSONA

EDOARDO ZIN - 20/09/2019

conte“Se devo costruire una scuola, non vado a chiedere all’impresario il suo certificato di battesimo! Gli chiedo competenza e onestà” disse Giorgio La Pira alla fine di un infuocato consiglio comunale di Firenze durante il quale alcuni rappresentanti della sua maggioranza lo accusavano di aver concesso l’appalto per la costruzione di un edificio scolastico ad una cooperativa “rossa”.

Mi è sovvenuto questo episodio durante la recente formazione del nuovo governo, quando il presidente incaricato Conte disse: “Non contano i nomi, contano gli uomini”. Nel caso del nuovo governo dovremmo aggiungere: ”E i programmi!”. L’incontro tra due forze politiche avversarie che s’incontrano per realizzare un ragionevole programma presuppone, oltre che una sostanziale uguaglianza tra le parti, uomini saggi e competenti che sappiano mediare tra diverse tendenze. Questa è democrazia.

Quando sopraggiunge una crisi di governo, ogni parte politica dà la colpa agli altri e la propria autostima la porta a cercare il colpevole nell’altra parte. È successo anche questa volta, ma la giustizia esigeva che Conte mettesse a nudo le contraddizioni di chi sembrava cieco e sordo come un gallo cedrone in amore e, incurante delle urla, ha illustrato il suo programma e la squadra che dovrà portarlo a termine.

Dopo il governo che voleva essere del cambiamento, dopo estenuanti trattative, tra finti naufragi e minacce di rottura, dopo tatticismi spregiudicati, è nata una nuova maggioranza parlamentare che fa ben sperare perché due forze politiche, che si erano strenuamente combattute fino a poco tempo prima, hanno convenuto di unirsi su alcuni punti chiari e convergenti espressi in un programma concreto. È stato trasformismo? Tradimento?

No, è la vittoria della democrazia parlamentare. Sembra sia terminata la stagione della politica così come l’abbiamo conosciuta nell’ultimo anno. Un quotidiano titolava così un intervento di Scalfari: “Un governo forte per un’Italia risorta”. Non ci piacciono coloro che si innamorano immediatamente dell’immagine di questo governo durante la luna di miele, ma vogliamo sperare che il matrimonio possa continuare e generare opere buone per l’intero Paese. È di buon auspicio la presenza di ministri giovani, con esperienze professionali e politiche di tutto rispetto (anche se non manca un’eccezione, ma, si sa, la politica ha le sue ragioni che l’intelletto non può comprendere!), la promessa di un’autentica ortodossia europea ed atlantica, un programma forse troppo ambizioso, ma che si può compendiare sul rispetto della centralità del Parlamento, sulla solidarietà, su una politica sobria.

A guidare il nuovo governo “politico” è Giuseppe Conte, la cui grandezza umana e istituzionale sarebbe oggi molto di più apprezzata se egli avesse trovato il coraggio, durante il precedente governo, di censurare certi atteggiamenti del suo ministro degli Interni e avesse avuto la voglia di condannare con parola ferma i suoi rigurgiti di odio. I silenzi pesano come le pietre e le pietre possono diventare muri. Questi muri – dobbiamo dargli atto – sono stati abbattuti da Conte sia al Senato, nel momento del voto di sfiducia presentato dal suo ministro, sia all’uscita dallo studio del Quirinale dopo aver ricevuto l’incarico, sia – e soprattutto – durante le dichiarazioni che hanno preceduto il voto di fiducia del nuovo governo.

Siamo certi che il nuovo Presidente saprà guida il governo “con dignità ed onore”.

Sua prima preoccupazione sarà quella di riportare nell’alveo della democrazia i partiti che hanno subito un tracollo sotto l’imperversare di un insano populismo e sotto i guasti di una continua campagna elettorale. Se così sarà, anche la politica non si affiderà più agli imbonitori, ma ai ragionamenti e all’utopia per agevolare la comprensione e costruire la solidarietà. Abbiamo bisogno che grandi ideali muovano l’azione del governo. Anche in questo momento di affanni si possono trovare vantaggi pur di lasciarci dietro il cadavere di qualcuna delle nostre idee. Sarà la mediazione a mettere assieme proposte, visioni, progetti, rinunciando alle istanze individuali, valorizzando quelli che un tempo si chiamavano “corpi intermedi”, primi fra tutti i sindacati (da “sinducere”= mettere insieme!).

Ma la politica dovrà essere sobria: non dovrà sedurre la gente, instaurare il culto della personalità, creare le masse che applaudono. C’è bisogno di agire nel silenzio e di parlare a fatti compiuti. Il silenzio è lo spazio che avvolge ogni atto e ogni umana convivenza. Quando il politico è scoraggiato, angosciato non deve cercare un narcotico nel rumore e nella fretta, ma fissare ancora più risolutamente gli obiettivi che si è prefissati.

È significativo che il presidente Conte abbia evocato la formula di “un nuovo umanesimo” e abbia fatto riferimento al “primato della persona”. Forse ha appreso queste lezioni non nelle aule universitarie, ma a Villa Nazareth, sotto la guida di quell’impareggiabile educatore che fu monsignor Achille Silvestrini. Oggi, dopo la triste stagione del sovranismo, effetto del disgregarsi dell’umanesimo, abbiamo la necessità di riallacciare le relazioni, ricostruire il tessuto sociale, rifondare la solidarietà, riconoscere anche il valore del limite: l’individualismo indifferente e l’edonismo egoista hanno già promesso tutto e subito, anche ciò che è impossibile. E oggi ne paghiamo le conseguenze.

Riferendosi all’Europa, De Gasperi diceva: ”Per unire, c’è più bisogno di distruggere che da edificare; gettare via un mondo di pregiudizi, di pusillanimità, un mondo di rancori…”: è questo il lavoro più urgente che spetta al nuovo governo: unificare il Paese, gettare via l’onda di odio.

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