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Noterelle

ALGORITMO D’AMORE

EMILIO CORBETTA - 20/09/2019

???????????????????????????????Entro in un negozio, devo comperare un golfino, in un altro devo comperare occhiali, in un altro delle erbe, e poi ancora delle scarpe, e così via. (Ueh, ma quanti dané che te ghét). Dove ho più probabilità di essere servito malamente, magari imbrogliato? Invece dove invece gratificato, servito al meglio? È più facile essere penalizzato in un negozio o in un supermercato, struttura in cui si rischia di comperare più del necessario per eccesso di offerta?

Mi si potrebbe obiettare: “Perché questi dubbi verso il commercio? Non hai le stesse probabilità con tutte le altre attività umane?” Certo! Infatti molti considerano molto infida la politica vissuta con scarsa sincerità da molti. E che dire dello sport con il suo doping? Con le sue scommesse?

In pratica tutti, quando compriamo qualcosa che poi non risponde alle aspettative, ci sentiamo un po’ truffati. Ma come difenderci? La statistica può essere capace con studi matematici di indicare i settori commerciali più onesti? Può dipendere dall’articolo in vendita? dalla personalità del commerciante? Possiamo trovarci di fronte a mancanze di poco conto, al limite tra il guadagno naturale e il furtarello, oltre il quale si cade nella speculazione. Ebbene sì, si potrebbe fare, basta saper usare i quozienti giusti. Qualcuno parla di paradigmi, altri di algoritmi: insomma bisogna intendersi di matematica e di statistica per capire chi ti tratta meglio. Ripeto: più facile fare ricerche nella grande distribuzione o nel negozio di vicinanza?

Noi stiamo chiacchierando con parole leggere, scherzose ma sul commercio son state scritte biblioteche, nelle università fatti studi approfonditi, convegni, conferenze. Infiniti neuroni si sono impegnati.

Invece noi, semplici, siamo direttamente in contatto col pachiderma snello della grande distribuzione, con le botteghe del piccolo commercio, con le bancarelle ambulanti, con l’arte di saper vendere. Artisti coscienti di svolgere un servizio al prossimo. Saper guadagnare ma anche servire i clienti. Avere coscienza di far parte del così detto terziario. Importante saper essere simpatici ai clienti, sprigionare empatia, saper avere merce di qualità, saper coccolare la clientela ed altro: ci vuole quel che chiamiamo “passione”. Un esempio: quando ero piccolo sentivo il macellaio dire col suo vocione a mia mamma. “Èccu, sciura Maria, par lé quatr’etti cün giunta”. Importante il “par lé” e la “giunta” che era un osso regalato per ottenere un buon bollito, che vuole anche le verdure adeguate. Quel brodo serviva anche per il risotto ed altre minestre successive. Oggi al supermercato puoi trovare in vendita (non sempre) in un angolo l’osso di un ginocchio per fare il brodo, ma lo paghi, anche se poco. Nella bottega la mamma si sentiva coccolata, protetta, sicura. Ovviamente “la giunta” non c’era se compravi una bistecca, ma quella era senz’altro la più tenera di quella mattina. Se no “Sciura Maria, par lé ghe l’ho mi el giust: tri fetin de fidigh. Ma racumandi, la faga andà cun ün po’ dé scigola, una nus de bùter e un cicin de vin bianc”,

La stessa atmosfera dal panettiere, dal sarto, dal calzolaio. Cambiati i tempi, cambiati i modi di commerciare ma il buon uso dei numeri, con apparenti gelidi calcoli, dovrebbe suggerire come condurre l’economia, importante elemento di una società di persone destinate a vivere una volta sola per 700.000 ore circa, sotto il sole di questa combinazione planetaria che dicono ricombinarsi in questo nostro universo in un sistema solare distante da noi un bel mucchio di anni luce.

Anni luce confrontati con un sacchettino di orette: una vita di nulla e per una volta sola.

E allora? Cosa c’entrano gli infinitesimi dell’universo con i nostri istanti di vita? Semplice: i nostri istanti sono sacri! Un nulla, ma sacri perché unici. E allora? Appunto: e allora? Quale l’algoritmo per vivere al meglio le nostre miserie, stupende, uniche, fantastiche, dolorose, gioiose, lacrimose orette? Giusto terminarle in fondo al mare con la pagella scolastica cucita nella giacca? O piccolo virgulto sbattuto dalle onde su una spiaggia? O lavoratore soffocato in una infida cisterna? O in auto giù da un ponte che crolla a causa della cretineria dei fratelli umani?

L’algoritmo deve essere intelligente, non ci può imbrogliare, non può essere egoista e dev’essere sacro. L’algoritmo non può uccidere e per essere intelligente deve essere pieno d’amore.

Abbiamo parlato di commercio, ma la vita è tutto. È sì il caffè bevuto al bar, è sì il compito in classe, è sì non passare col rosso, è sì non far finta di far manutenzione di scale mobili, è sì spendere ore su un microscopio, asciugare le lacrime dei vedovi, dei bimbi, prendere in giro una popolazione dicendo di far politica, ma anche ammirare un tramonto, sussurrare una preghiera, urlare una bestemmia per un immenso tradimento, È nulla ed è tutto. È appunto un algoritmo, racchiuso tra uno “0”, una freccetta ——> cui segue il simbolo dell’infinito: un otto scritto orizzontale.

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