Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Parole

TRECCINE/2 TERZA VIA

MARGHERITA GIROMINI - 20/09/2019

alpileviScampia, uno studente di scuola media si presenta a scuola con le treccine blu: per lui ingresso vietato.

La preside: “Chi le porta è un ignorante”.

Le mie riflessioni partono da questo fatto, ancora una volta ingigantito dai media, su cui si sono scatenati in troppi e che, come al solito, ha registrato la corsa al parere degli esperti, appena consumate le posizioni di operatori scolastici, famiglie, ragazzi.

La vicenda mi offre l’occasione per riflettere sul significato della scuola, delle regole, dei comportamenti collettivi e individuali: dunque diventa una vera e concreta lezione di educazione civica sul campo.

Mi chiedo se si può trovare un punto di equilibrio tra il rispetto del “dress code” (regole per un corretto abbigliamento, corretto secondo l’istituzione che lo sigla) di una scuola e il rispetto della libertà personale, sia pure quella di un minore soggetto all’autorità genitoriale.

Proibito, e siamo d’accordo in tanti, insegnanti, dirigenti, genitori, censori della pubblica morale, recarsi a scuola con minigonne e calzoncini inguinali, magliette dalla scollatura esagerata, jeans stracciati fino al punto di rottura, trucchi pesanti o luminescenti, come se la scuola fosse una discoteca. Inoltre, quando giunge la calura estiva, ecco comparire mutandoni hawaiani, ciabatte infradito, canotte slabbrate, che rendono bene l’idea di una camminata sulla spiaggia a Ferragosto.

L’elenco sarebbe lungo e difficile da compilare: le mode cambiano di stagione in stagione e l’asticella delle restrizioni si abbassa.

La dirigente scolastica della scuola media Alpi – Levi di Scampia è persona appassionata del proprio lavoro, soprattutto legata al luogo del suo operare: certo non si sta a Scampia, territorio duro e complesso per così tanti anni se non per scelta.

Peccato però non aver valutato l’impatto di una decisione come quella assunta in ossequio alle regole dell’istituto.

Invece di far risaltare il lungo e persistente impegno messo in atto dal gruppo di questi eroici educatori di frontiera, l’evento ha evidenziato la rigidità delle regole, l’inflessibilità della dirigente, la debolezza dell’educazione familiare, la precarietà degli equilibri contenuti nel patto educativo che fa da ponte tra casa e scuola.

E dunque, ecco il ragazzino, che si porta sulle spalle una bocciatura, che torna a scuola con le treccine blu e una lunga cresta. Ha ottenuto dalla famiglia il permesso per questa acconciatura, discutibile per la scuola e anche per alcuni semplici osservatori.

Lino si presenta a scuola con il suo nuovo look, felice per come lo guarderanno compagne e compagni, ma viene fermato. La madre reclama: ma come, quell’acconciatura l’hanno scelta insieme, lei e figlio!

È forse sconveniente? E perché? Il colore sgargiante sottintende uno scarso rispetto per l’istituzione? Sarà motivo di distrazione durante le lezioni?

Personalmente dubito che un regolamento scolastico possa stabilire quali acconciature siano censurabili per decreto interno.

Puntuale l’intervento di un politico. Un consigliere regionale dichiara: “Fatto di una gravità esponenziale, atto discriminatorio e ingiustificabile. Abbiamo inviato una nota all’ufficio scolastico regionale e al Miur”.

La dirigente scolastica non arretra: le treccine blu sono il prodotto di un capriccio e violano il suddetto dress code, pertanto Lino resterà fuori dalla classe. Viene riammesso a scuola ma soltanto alla frequenza di un laboratorio che serve, pare di capire, da “camera di decompressione”, come passaggio dal fuori – scuola al dentro – classe. Che è previsto più avanti.

Pensiero buono: la professoressa Rotondo agisce in assoluta buona fede e per amore dei ragazzi, non nutro il benché minimo dubbio. La sua fermezza è encomiabile in un sistema dalle troppe falle educative.

Anche se l’inflessibilità non è sempre una virtù. Tra il tacere il disappunto per un look poco consono a un luogo di studio e il divieto di accesso alla classe, forse si potevano attivare procedure diverse.

Pensiero politicamente scorretto: trentasei anni nella stessa scuola, prima da insegnante poi da preside, potrebbero essere troppi. Qualche volta un cambiamento può essere la risposta.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login