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Opinioni

LA VITA BENE PREZIOSO

FELICE MAGNANI - 04/10/2019

Foto Rossella Magnani

Foto Rossella Magnani

In quanti modi si può difendere la vita? In tantissimi, il problema è che bisogna conoscerla, viverla, amarla, stimarla, apprezzarla, goderla. Per fare questo è necessario ricevere un’educazione alla vita.

 Quando si parla di educazione il riferimento introspettivo diventa fondamentale, la verità esce allo scoperto quando viene partorita a tempo debito e con le dovute maniere, quando chi la dona si preoccupa di fare in modo che possa essere salvaguardata e protetta, in modo tale che possa produrre tutti gli effetti benefici del caso.

Non sempre ha avuto il ruolo che avrebbe meritato, non sempre la sua “sacralità” è stata riconosciuta e legittimata, in molti casi la vita si è impossessata della vita stessa, imprigionandola come se si trattasse di una verità subalterna, priva di una sua identità, di una sua logica identitaria, di quella libertà che le avrebbe consentito di produrre concretamente quel rispetto di cui la vita ha sempre avuto un estremo bisogno per potersi realizzare nella sua pienezza.

Parlare di educazione alla vita significa quindi riservarle quella dignità che le spetta di diritto. La vita è dunque un diritto? Credo si possa annoverare come diritto fondamentale, senza il quale non sarebbe possibile allineare tutti gli altri, quelli che se ben coordinati la esaltano, fino a permetterle di diventare il motore vero della nostra evoluzione, il faro che illumina la bellezza di un mondo che si concede a chi ha adottato tutti gli strumenti necessari per conoscerlo e per viverlo con dedizione e intensità. Per capire la forza e la bellezza della vita bisogna dunque viverla, soprattutto quando i suoi detrattori l’aspettano al varco per snaturarla, per privarla della sua centralità.

C’era una volta una società che la valorizzava al punto di investirla di sacralità, formalizzandone l’origine divina, forse per metterla al riparo dalle intemperanze delle ideologie, delle convenzioni filosofiche e soprattutto dalle mire della malvagità umana. Nelle famiglie di una volta era benedetta, era l’unico, vero miracolo della condizione umana, era il perno attorno al quale gravitava la speranza. La vita ha avuto una valenza religiosa, quasi fosse l’immagine concreta di una volontà destinata a manifestarsi, a dare immagine e corporeità a un desiderio, quello di dimostrare che per realizzare questo miracolo si potessero sopportare anche la sofferenza e la morte.

Vivere non è così facile, soprattutto se non c’è qualcuno che ti aiuti, qualcuno di cui fidarsi, che sappia leggere nel nostro cuore, aprendolo alle sue ricchezze, alla possibilità di sviluppare appieno quella curiosità di cui la vita si fa portavoce sempre, soprattutto quando le condizioni non sono pari alle aspettative.

Il diritto alla vita ha spesso subito i condizionamenti della storia, si è dovuto difendere dalle iniquità e dalle intemperanze, ha dovuto spesso dimostrare sul campo che non basta avere, perché nella maggior parte dei casi bisogna essere, coscienti che l’essenza sia la parte più intima della verità, quella che non si vede ma che si sente, si ascolta, si percepisce.

C’è nella storia umana la convinzione che ciascuno sia padrone della propria vita e che nessuno possa metterla in discussione, proprio come se si trattasse di un bene personale, al di sopra di ogni prassi organizzativa o relazionale. Non è così forse, perché ogni vita vive un rapporto di interdipendenza con le altre, trae alimento da quelle che le stanno accanto, si ciba di sensazioni e di esperienze, di verità e di compromessi, ha le sue strutture portanti, le sue certezze, dentro le quali si annida anche l’aspirazione all’eternità. Dunque la vita è un dono, un dono talmente unico e importante che ci viene consegnato all’insegna della gratuità.

Forse nessun dono come la vita gode di una così sensata e ragionata accoglienza. Chi la riceve non ne comprende subito l’importanza, ma chi la dona ne conosce a fondo la forza, perché ne ha sperimentato sul campo la straordinarietà e così la dona con la convinzione di aver fatto la cosa più giusta, quella più umanamente sensata, quella che legittima il ricorso a tanta miracolosa bellezza.

Oggi i tempi sono difficili, manca una cultura vera e profonda della vita, sono sempre di più coloro che la vivono come se si trattasse di un bene di consumo personale, un possesso, una opzione per far risaltare l’idea di un potere e di una libertà senza confini, la vita ha perso di vista quel senso così intenso e profondo che la cultura cristiana le aveva affidato con tanta cura e fermezza in tempi non sospetti. Oggi non è più sicura di nulla, si dibatte tra incertezze e presunzioni, galleggia col timore che arrivi qualcuno e la condanni a essere o a diventare quello che non è e non le compete. Vive uno stato di grande confusione. Ogni mattina si sveglia e guarda dalla finestra se piove o c’è il sole, osserva con curiosità se il mondo si preoccupa ancora del suo benessere, delle sue umanissime curiosità, poi si ritira in buon ordine, convinta che qualcosa di buono possa ancora capitare, soprattutto là dove l’incuria umana ha raggiunto carenze abissali e dove l’egoismo padroneggia il campo, ritagliandole spazi sempre più esigui e sempre meno percorribili.

Eppure nessun dono come la vita offre all’uomo la possibilità di intraprendere uno straordinario percorso dentro quella bellezza che ogni giorno si tinge di colori e sfumature diverse, senza mai cedere alla tentazione di chi la vorrebbe incerta e claudicante. Difenderla e promuoverla è uno dei massimi compiti della condizione umana.

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