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Divagando

CONTRABBANDIERI DEL LATTE

AMBROGIO VAGHI - 01/11/2019

belforteHo letto con molto interesse l’articolo di Dedo Rossi che saluto segnalando con piacere la sua entrata in RMFonline. Il suo “My Belforte” rivela tutta la nostalgia di un tempo lontano, di un quartiere di Varese che non fu mai quartiere ma una conurbazione sviluppatasi lungo un viale tra Biumo Inferiore e il grande Cimitero, verso Malnate sulla statale per Como. Pur privo di un cuore pulsante ha però una lunga storia col suo Castello e ha saputo conquistarsi una rinomanza per la presenza di molte importanti realtà produttive. Dedo Rossi ne cita parecchie e mi induce a pensare che per sua fortuna il suo anno di nascita sia assai successivo al mio. Lo deduco per esempio dal fatto che cita il Calzaturificio di Varese laggiù verso il cimitero, mentre ancora molti varesini lo ricordano nella sede davanti alla Stazione delle Ferrovie Nord. Si ergeva poco prima degli imponenti Molini Marzoli e Massari, del palazzone del Cioccolato Suchard con l’insegna del cane San Bernardo con al collo la classica tavoletta dolce e, poco più avanti, la fabbrica del ghiaccio con i bei motivi in stile Liberty, ancora oggi visibile svoltando in via Monte Golico.

Lo scritto, accompagnato da due belle foto di epoche diverse del medesimo viale, tocca tanti miei ricordi personali di quella zona dove ho vissuto fin da bambino. Mi suscita tanta nostalgia e anche il desiderio di dare qualche altra notizia della nostra (Our) Belforte.

Fin da piccolo ho vissuto con gli zii nella casa che dava sul cortile dietro il tabaccaio, un punto di via vai obbligato per chi abbisognava della privativa di Sali e Tabacchi. Ma quanti Rossi c’erano da quelle parti. Tutti Rossi e Bernasconi più o meno famigliarmente incrociati. Il nostro Dedo era dei Rossi della Cascina Giunta, laggiù in fondo vicino al Cimitero e di faccia al marmista Brusa. Ma un altro numeroso nucleo di Rossi, “I Campana“, aveva dimora in via Tonale con attività ben remunerata nello sgombero dei pozzi neri. Vantava numerose proprietà di boschi e terreni. Di fatto si trovava a pachi passi dalla via Podgora dove nel pratone e negli adiacenti spazi del nuovo macello comunale la Camera di Commercio organizzava la Mostra/fiera dal pollo. Facevano meraviglia e divertivano grandi e piccini i poveri pulcini colorati e gli enormi tacchini da carne. Ottimo successo di un evento poi trasferito nei più ampi spazi del parco delle Ville Ponti. Quel pratone dei polli confinava con un’altra icona del rione, la villa, il giardino e le Officine meccaniche Ganna, dove si facevano le biciclette e viveva il “Sciur Luìs” il mitico campione del primo ciclismo.

Il lungo rettilineo del viale che iniziava dalla Casa Merini a Biumo e terminava alla curva sotto il Castello mi piace ricordarlo per i nostri eventi sportivi autogestiti. Due in particolare. La gara in bicicletta da Biumo al circolo di Belforte (Km. 1,2 circa) e la classica “ Tabache – Circul” uno sprint podistico di un centinaio di metri.

Faceva da pista il viale con un fondo malandato pieno di buche dopo anni di guerra e di mancate manutenzioni. Il traffico assai limitato permetteva a gruppetti di ragazzi pazzerelli di pedalare senza respiro a testa in giù, incrociando anche qualche sparuta macchina che veniva in senso inverso. Le gare col passa parola fecero notizia e vi giungevano anche ragazzi da Valle Olona e da viale Valganna. Il campioncino era un tale Caravati che anni dopo vidi titolare di una avviata cartoleria sotto i portici.

La più seguita era la gara podistica e qui il campione era il Pepìn Corbetta che roteando le sue gambette al traguardo dava sempre metri di distacco a tutti.

Ma parliamo del Castello, il simbolo, l’emblema del rione. Era abitato da vecchie famiglie contadine che coltivavano i terreni intorno, tenevano qualche mucca in stalla e i più giovani andavano a lavorate in Conciaria Cornelia o in Cartiera Sterzi. Erano gli Ambrosetti, i Caccia, i Legnaro, i Conconi, i Terziroli.

In tutto 154 persone censite dalla sezione del PCI di Belforte al tempo delle prime elezioni. Il Castello era veramente il cuore. Si trebbiava il frumento ed era una festa per tutti quando arrivava la macchina. C’era poi il rito quotidiano di procurarsi il latte, nelle case dei contadini. Si portavano bottiglie vuote e si ritiravano quelle piene che ti dava la “regiùra “. Alla bisogna provvedevano spesso i ragazzi. Era una passeggiata. Un tempo fummo tutti …contrabbandieri. Precisamente, contrabbandieri del latte. Il Comune di Varese per motivi igienico sanitari aveva istituito la Centrale del latte e aveva concesso al Bonelli l’esclusiva per la pastorizzazione, l’imbottigliamento e la vendita.

Approvvigionamento vietato quindi presso le stalle, in periferia. Ma la vendita clandestina non cessava. Nei quartieri vigilavano “i Cumèss“ in bicicletta, per multare i trasgressori. Per noi ragazzi diventava un gioco del gatto col topo per sfuggire ai controlli. Raggiungevamo il Castello passando nei sentieri nascosti dagli stocchi del granoturco.

E la fuga della Rocca? Nel bosco dove c’era la casa dei Pensa esisteva l’inizio di un tunnel che doveva portare al Castello. Non ho mai capito se serviva di fuga dalla Rocca, ciòè dal Castello, oppure come dicevano gli anziani, se servì per fuggire ad un bandito chiamato Della Rocca. Quel che è certo è che il Paolino Pensa ci comandava da capitano, ci faceva preparare torce naturali con stracci e resine, e ci portava nel tunnel fino alla parte franata e non proseguibile. Una avventura nell’antro.

Il cortile del Castello era tutto, luogo di lavoro, di divertimento,anche di cultura. In estate la Famiglia Rame faceva teatro all’aperto con l’aiuto delle sorelle Mariuccia e Valeria Caccia e dei rispettivi futuri mariti Sergio Baldo e Silvio Favalli. “Il Cardinale Lambertini”, “Le due orfanelle”, “ I promessi sposi”, drammoni e commedie per commozione e risate. Tutto autogestito. Le sedie venivano portate dalle case e dalla Chiesa del Lazzaretto bonariamente concesse dal don Rino Tedeschi. Il Don si sdebitava così dell’aiuto di quei giovani comunisti che alla festa patronale di San Materno organizzavano giochi e soprattutto il benefico incanto delle torte e dei canestri.

Niente scontri ideologici o religiosi ma tutti con buona volontà al lavoro per il rione inesistente. Spesse volte per far cassa ed aiutare le tante famiglie bisognose.

Nella settimana Santa si fece una sacra rappresentazione addirittura nel salone del Circolo accanto al bancone di mescita. Il Martino di Malnate,nudo, fece la controfigura del Gesù crocifisso davanti alle pie donne, la giovanissima Franca Rame e le sue cugine.

Fin quando la Chiesa non riuscì a costruire il suo centro oratoriano sulla collina ogni attività aggregativa veniva assunta dal Circolo cooperativo coi partiti della sinistra. Il Carnevale dei bambini, il Natale con feste e beneficienze, il doposcuola gratuito, le prime vaccinazioni antipoliomelitiche costose e offerte gratis.

Finì un’epoca quando,credo nel 1953, tolsero il tram. Partiva da Belforte Cimitero e terminava a Bobbiate. Quello che non vedemmo più fu il Tram dei Morti con vetture speciali per il trasporto dei defunti, dei famigliari al Cimitero. Il passaggio rendeva sempre un poco curiosi e molti lo salutavano deferenti facendosi il segno della croce. Forse l’avrà visto anche Dedo Rossi bambino quando passava davanti alla sua cascina Giunta. Sempre che la sua famiglia non avesse già lasciato casa e campi ai sopraggiunti immigrati valtellinesi De Luis che invece io ricordo molto bene. Mio padre e il De Luis erano stati insieme alpini artiglieri di montagna ed erano felici di incontrarsi. I De Luis poi scoprirono che escavare sabbia sotto i loro terreni era meglio che coltivarli, realizzando così la loro fortuna.

Oggi più che mai Belforte ha bisogno di un cuore pulsante per riqualificarsi. Le autorimesse degli autobus urbani dovrebbero andarsene altrove. Liberati quel sedime ed altri residui del vecchio Macello potrebbe sorgere un bel centro civico, con servizi comunali decentrati, sale incontri, sedi di associazioni e un ampio parco pubblico. Si realizzerà tutto questo? Ai posteri amministratori comunali l’ardua sentenza.

Con l’augurio all’attuale sindaco Davide Galimberti, belfortese doc, di venire rinnovato alle prossime elezioni e di provvedere anche qui.

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