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Parole

I BAMBINI NO

MARGHERITA GIROMINI - 01/11/2019

vietatoCattive notizie dal Rapporto annuale di “Save the children” Italia.

Un paradosso che i dati escano in concomitanza con la campagna denominata ‘Illuminiamo il futuro”.

Se i bambini sono il nostro futuro, allora i giorni a venire della nostra società, che già sono grigi, potrebbero diventare neri.

Oltre un milione e 250 mila bambini italiani,numero purtroppo triplicato negli ultimi dieci anni, vivono in condizioni di povertà assoluta.

Così li raggruppano le statistiche: 563 mila bambini poveri al sud, 508 mila al nord, 192 mila al centro.

Ancora un record negativo in Europa. Quasi senza accorgerci – è il mio caso – ci troviamo davanti a un progressivo peggioramento della condizione dell’infanzia dovuto in primo luogo agli effetti degli anni più duri della crisi economica.

Tra il 2011 e il 2014 il tasso dei bambini in povertà assoluta è passato dal 5% al 10%. Se a questi aggiungiamo bambini e adolescenti iscritti nella categoria della cosiddetta “povertà relativa”, altri 2 milioni, il dato complessivo si fa allarmante.

Nel Rapporto leggiamo che nel 2018 quasi mezzo milione di bambini di età inferiore ai 15 anni ha beneficiato di pacchi alimentari.

Che circa 500.000 i bambini e ragazzi sotto i 15 anni crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici mentre un’altra quota, quasi 300.000, è costretta a un’alimentazione povera sia di proteine sia di verdure

Che un ragazzo su sette ha abbandonato precocemente gli studi: dal 2018 la percentuale è del 14,5%,con un trend in costante salita.

Che la metà circa dei bambini e degli adolescenti durante un intero anno non legge un libro oltre quelli scolastici, rafforzando così il consueto, insopportabile divario tra nord e sud (il primato dei non lettori spetta alla Sicilia).

Che le condizioni abitative del 14% dei bambini sono gravemente insufficienti a fronte di due milioni di appartamenti sfitti.

Poi c’è un altro primato, quello del “no sport”.

Un bambino su 5 non fa sport mentre cresce l’uso di Internet. Se oggi solo il 5% dei minori non ha accesso a Internet, potrebbe significare che navigare in rete è più importante che possedere un libro.

Investiamo poco nell’infanzia, con una diminuzione drastica nei Comuni del sud. Dai 316 euro annui per bambino dell’Emilia Romagna ai 26 della Calabria.

Se analizziamo i numeri della spesa per l’istruzione lo scoraggiamento aumenta.

I dati Ocse segnalano chenel 2016, ultimo dato disponibile, per questa voce si è speso solo il 3,6% del Pil, quasi un punto e mezzo in meno rispetto alla media del 5%dei paesi Ocse.

Si è iniziato con la “spending review” del 2008 che ha registrato una consistente sottrazione di fondi a scuola e università: 8 miliardi di euro in meno in 3 anni.

Il nostro paese continua a non avere un piano strategico per l’infanzia e per l’adolescenza: ecco che si allargano le disuguaglianze mentre si blocca l’ascensore sociale.

In questa situazione bambini e famiglie in difficoltà sono condannati ad affrontare da soli, o quasi, gli effetti della crisi.

Dovremmo preoccuparci, e non poco, del binomio povertà economica – povertà educativa, due fenomeni che si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione. 

Frase dura da pronunciare ma vera: non siamo un paese per bambini.

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