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Cultura

AUTORITÀ DEL PAPATO

LIVIO GHIRINGHELLI - 01/11/2019

Il Concilio Vaticano I

Il Concilio Vaticano I

Il testo di Matteo16,19 recita: “Ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra resterà legato nei cieli e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra resterà sciolto nei cieli” e in precedenza (v. 18): “ Io dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

Tutto in forza del v. 16: Prese la parola Simon Pietro e disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente “. Si suol citare in proposito a prefigurazione anche Isaia 22,22: Gli portò sulle spalle la chiave della casa di Davide: ciò che egli apre, nessuno potrà chiudere; ciò che egli chiude, nessuno potrà aprire. A compimento Giovanni 21, 15-17: alla dichiarazione d’amore di Pietro, la missione conferitagli: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore (ribadito).

Di qui le origini del primato di Pietro, l’affidamento e la guida del gregge per il tempo tra l’Ascensione e la Parusia. Questo primato nella Chiesa nascente fu concepito in mezzo alla koinonia fraterna cogli altri vescovi. Nel corso della storia ci furono le perentorie affermazioni intervenute con Gregorio VII e Bonifacio VIII, ma anche il profilarsi delle tesi conciliariste al seguito dello Scisma d’Occidente (superiorità del Concilio rispetto al potere del Papa–Concilio di Costanza, 1414, Decreto Sacrosancta). Indi la Riforma e la seconda scissione all’interno della Chiesa.

Primato e infallibilità del Papa sono stati ribaditi nella quarta sessione del Concilio Vaticano I (Costituzione Pastor Aeternus) con 533 sì e 2 no. Queste le definizioni particolari: il Papa non insegni in quanto persona privata, eserciti il suo privilegio solo nelle res fidei et morum, si rivolga a tutta la Chiesa, intenda promuovere un giudizio definitivo e perentorio, vincolante le coscienze. E si tratta di una infallibilità personale, mentre le definizioni sono irreformabili ex sese, non ex consensu Ecclesiae, grazie alla particolare assistenza dello Spirito Santo.

Il Concilio Vaticano II ha riaffinato l’argomento in questi termini: Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio di vicario di Cristo e pastore di tutta la Chiesa, ha su questa una potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente. Anche l’ordine dei vescovi è soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa, ma questa potestà non può essere esercitata se non consenziente il Romano Pontefice (Lumen Gentium 22). I vescovi sono vicari e legati di Cristo ; la potestà che esercitano in nome di Cristo è propria, ordinaria, immediata (n.27).

Ambedue le potestà concorrono alla koinonia e unità della Chiesa universale. I singoli vescovi sono visibile fondamento e principio di unità nelle loro Chiese particolari.

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