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Noterelle

MI RIBELLO

EMILIO CORBETTA - 08/11/2019

anziani“Ma quel vecchio lì, che cosa è capace ancora di fare quello lì? Cosa pretende ancora?” E qualcuno aggiunge, anche se lui stesso è vecchiotto: “Facciamo che i vecchi non possano più votare. Non lasciamoli più votare i vecchi …”.

La morsa della demenza senile, la morsa della sostanza bianca interneuronale che aumenta lenta ma inesorabile, la devastazione del fenomeno della apoptosi che va avanti ad insidiare il frutto delle sue sinapsi, i pensieri che cercano di restare vivi combattendo una realtà maligna che riesce ad intorpidire con le sue numerose insidie anche i più giovani… “Quello può essere solo buono d’essere messo in pensione! “…: tutto questo caratterizza il vivere degli anziani.

Altro momento cruciale è l’andare in “pensione”. Agognare alla pensione, “in pensione per riposare”, “in pensione faccio tutto quello che voglio e che non ho potuto fare”, “ho un sacco di cose da fare io in pensione ” … E la super citata legge Fornero ti escludeva dalla pensione … E inventano la quota 100 … E la pensione è troppo bassa …. E con la tua pensione vive tutta una famiglia… anche i preti sono in pensione… … “Siamo solo noi che difendiamo i pensionati”:gridano i politici a caccia di facili consensi. … Beata società che ha realizzato la “pensione”.

Sì, ma questa società non è stata capace di evitare i soprusi. “Con quella cifra potrebbero vivere altri cinquanta, e quello lì se la prende tutta lui”.

“Ha lavorato tutta una vita per costruirsi la pensione”. Ma uno vive, fatica, lavora solo per quello? Per raggiungere la pensione o invece per realizzare il suo vivere?

Il lavoro è in funzione solamente per la vita dei singoli? Il lavoro è finalizzato a vantaggio di uno solo o è in funzione della propria famiglia o è riferito a tutta una comunità? Anche il più umile lavoro, ovviamente fatto bene, invece è a vantaggio di tutti e va a finire che talvolta uno può soffrire per il fatto di andare in pensione, costretto a vivere ripiegato tutto su sé stesso, messo lì a combattere la battaglia della memoria. “Dove sono le chiavi della mia macchina?” “Dov’è finito il foglio dell’assicurazione?” “Ma perché son qui al supermercato?” Ma anche la sofferenza di molte altre cronicità è in agguato.

E lì a chiedersi perché le sostanze dette tossiche insidiano così facilmente il nostro cervello. Sono loro che riducono piano piano le nostre capacità? Perché ne siamo così dipendenti? E poi perché la sofferenza fisica? Che logica ha?

Mi mandano in pensione, ma perché non mi lasciano un briciolo di lavoro che mi pulisce il cervello e me lo tiene vivace?

Non sono d’accordo con questa società: odio la pensione! Odio la sofferenza ad essa legata, perché è stupida ed inutile. E anch’io in pensione sono stupido e inutile. Forse io non sto pensando bene, ma andare in pensione in questo modo sembra spesso un vivere solo in attesa di morire. Praticamente solo una penosa agonia più o meno lunga, talvolta accompagnata da sofferenza continua, tal altra invece da inerte vegetare passivo ed intralciante nei confronti dei parenti più giovani.

E lì a ripetersi l’eterna domanda: “Che cosa significa questa vita? Perché vivere così?” Proprio come l’adolescente che scopre l’aprirsi dei compiti, dei doveri, dei problemi della vita e che,turbato, si chiede il perché di questi sentimenti profondi che gli nascono dentro, questa sete di poesia, di bellezza, questa vocazione, questo impulso a procreare, questo richiamo del sesso che se malamente interpretato può essere motivo di sofferenza di tutta un’esistenza e non invece, giunto vecchio, essere la consolazione senile, la gioia, il privilegio di veder il travagliare di un vivere prolungarsi a più generazioni. Nel contempo però il tuo tramonto è imprigionato nella gabbia, talvolta, come detto, decisamente crudele della pensione, troppo spesso interpretata come mezzo sociale per risolvere il problema della disoccupazione, mentre invece la realtà ci dice che così non è. Perché? Ovvio: perché come sempre i problemi della vita, come il lavoro, la disoccupazione, la povertà, la fame e anche quelli della pensione, sono risolvibili, se risolvibili, usando la saggezza che deve essere sagace e quindi molto, molto faticosa e intelligente.

Non possono esser sufficienti i centri sociali, i centri di aggregazione per dare un senso a questo periodo della vita e recentemente qualcuno si è finalmente accorto del grande apporto alla società che gli “anziani”, i “vecchi”, i “pensionati” continuano a dare, praticamente ribellandosi a questa imposizione e cercando di vivere attivamente in un continuo dono di sé ai figli ed ai nipoti.

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