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Cultura

IL MERCANTILISMO

LIVIO GHIRINGHELLI - 08/11/2019

mercantilismoDal XV al XVIII secolo si verificano nel mondo occidentale trasformazioni politiche, sociali ed economiche caratterizzate per un verso dallo spezzarsi dell’unità politica, religiosa e culturale, per l’altro da un crescente dinamismo economico, onde l’ultima corrente di pensiero prescientifico, il mercantilismo: l’attività economica non deve essere subordinata a una finalità extraeconomica propria a tutti gli uomini, bensì alla potenza dello Stato, ritenuto un apparato a servizio del sovrano, mentre si disgrega il feudalesimo e si formano i grandi Stati nazionali.

Si tratta di politiche diverse da un paese all’altro, condizionate dal grado di sviluppo d’ogni singola compagine nazionale. Il mercantilismo di Spagna e Portogallo, possessori di ricche miniere d’oro, si differenzia da quello dell’Inghilterra e della Lega anseatica, la cui potenza deriva dai traffici marittimi e dal commercio internazionale, mentre il mercantilismo francese si fonda sull’esportazione dei manufatti.

Se nel Medio Evo si tende alla moderazione nell’acquisto e nell’uso dei beni economici, ora il denaro è potenza e la vita economica ha una finalità autonoma, gerarchicamente indipendente rispetto ai valori morali. Il pensiero economico si stacca dalla morale, a cui era prima incorporato. Ecco l’intento puramente pratico di rivolgersi all’aumento della quantità di metalli preziosi a disposizione dello Stato. Non aumentano il benessere dei cittadini, ma sono strumento di potenza.

Nella visione statica delle risorse non si dà arricchimento dello Stato, se non a spese degli altri. Perciò si mira a una bilancia commerciale attiva, esportando molto e importando poco. Di qui l’esigenza di una quantità enorme di minuziose regolamentazioni, creando un complesso sistema protezionistico (sistemi raffinati di politica doganale, di manovre dei cambi, premi all’esportazione, aggressioni monetarie). Occorre una controparte costretta a cedere più beni di quanti ne riceva.Alla base lo sfruttamento delle colonie e una cattiva distribuzione della ricchezza a livello territoriale.

Documento fondamentale del mercantilismo inglese l’Atto di navigazione, emanato da Cromwell nel 1660, con la codificazione della politica colonialista. Sono presupposti il favore all’attività manifatturiera e mercantile interna, il mantenere bassi i costi di produzione e limitati i consumi interni. La pesante regolamentazione statale è intesa a favorire lo sviluppo produttivo. Sorgono banche commerciali, si incrementano le vie di comunicazione, si istituiscono le Grandi compagnie commerciali. Bassi devono essere i prezzi delle derrate agricole,alto il prezzo della terra. I mercantilisti caldeggiano sempre una popolazione abbondante a scapito degli incrementi salariali.

Da una parte il mercantilismo appare una dottrina organica, dal punto di vista morale invece traspaiono politiche spregiudicate, disincagliate da ogni remora. Le proposte logiche e coerenti favorirono il decollo e l’accumulazione, preparando la rivoluzione industriale e il capitalismo moderno.

Questa la politica degli scambi: importare possibilmente solo materia prima e non manufatti; ricerca di paesi economicamente complementari. È un colonialismo che non mira a diffondere le proprie concezioni di vita, né a collocare le proprie eccedenze di mano d’opera o di popolazione, né a elevare culturalmente, spiritualmente o politicamente i popoli, ma a legarli economicamente. È un’economia di mercato in cui si vende tutto quello che si produce e si acquista tutto quello che si consuma; un’economia fondata essenzialmente su commercio e scambio, sullo stimolo del guadagno a danno del concetto di servizio. Un’economia monistica, in cui ognuno mira a produrre quello per cui in concreto è più adatto. Naturalmente però anche nel Seicento la grande maggioranza degli europei visse lavorando la terra, mentre una piccola minoranza trasformò e trafficò i prodotti. Nel 1696 di 100 inglesi 77 erano occupati nell’agricoltura, 5 nell’industria mineraria e manifatturiera, 8 nel commercio e nei trasporti. Alla regola generale si sottraeva l’Olanda : pur interessandosi vivacemente alla bonifica e alla coltivazione dell’esiguo territorio nazionale, la popolazione trovò largo impiego nei commerci, nella pesca e nell’industria dei trasporti.

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