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Quella volta che

L’ALTO NOTARILE

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 08/11/2019

Il parco intitolato a Luigi Zanzi senior alla Schiranna

Il parco intitolato a Luigi Zanzi senior alla Schiranna

-Caro Mauro, quella volta che…

“Caro Massimo, quella volta che Luigi Zanzi mi sorprese più di altre…

-Luigi Zanzi senior, il celebre notaio?

“Lui. Avevo cominciato a conoscerlo bene al tempo in cui dirigevo l’Azienda autonoma di soggiorno, sotto la sua presidenza”.

-Ovvero?

“Dal ’68 al ’74, anni formidabili. Per idee, entusiasmo, realizzazioni”.

-Zanzi uomo poliedrico?

“Assolutamente. Innanzitutto professionista di qualità, tanto che le maggiori contrattazioni a livello varesino passavano tra le sue mani. Ne cito una per tutte: l’accordo Ignis-Philips”.

-Poi impegnato in attività istituzionali…

“E lì dava sfogo a una straripante inventiva, messa al servizio del civismo. Fu strameritevole, lavorando con intensità e dedizione eccezionali. Un privilegio stargli accanto e condividerne le imprese”.

-Per esempio?

“L’acquisizione alla Schiranna dell’area che sarebbe poi divenuta un parco a suo nome. Sempre lì, la costruzione del nuovo lido, in parallelo all’impulso per bonificare le acque del lago. E poi la realizzazione dell’Osservatorio astronomico al Campo dei fiori, dei campi di tennis alle Bettole, del Palaghiaccio con annessa piscina. Eccetera. Potrei fare un elenco sterminato”.

-Tipicità dell’uomo?

“Vulcanico, puntiglioso, visionario. E informatissimo: aveva una curiosa predilezione verso i giornali”.

-Perché curiosa?

“Il mattino, per non essere disturbato, si portava in auto la mazzetta dei quotidiani, fermandosi poi in viale 25 aprile, o lì vicino, a leggerli. Capitava a volte che, non vedendolo arrivare in studio, la segretaria lo raggiungesse con sottobraccio le pratiche da firmare: bussava al finestrino, e il notaio finalmente si ricordava d’esser tale”.

-Torniamo all’incipit. Ti sorprese, nella circostanza cui accenni, per quale motivo?

“Mi raccontò un fatterello rivelatore della filosofia morale che gli apparteneva. Ogni domenica un barbone lo aspettava al suo arrivo in studio, perché anche la domenica Zanzi vi andava. Il solito saluto dell’uno, la consueta generosità dell’altro. Cinquemila lire di obolo, e arrivederci alla prossima. Fin quando il notaio decise di scucire il quadruplo: ventimila lire. Prontamente intascate dal barbone”.

-Che tornò a mendicare, la volta dopo?

“Non tornò più”.

-Zanzi che insegnamento ne trasse?

“Spiegò: gli diedi quei soldi pensando che se fosse ricomparso, gli avrei detto di considerarsi a posto per altre tre domeniche; e se si fosse dileguato, mi sarei levato quell’incombenza festiva. Ma mi pentii d’aver agito così. Più precisamente: commisi un peccato mortale, inducendo in tentazione quel vagabondo”.

-Addirittura?

“Addirittura. Perché, affermò Zanzi al modo in cui aveva scritto nell’antichità Giovenale, puoi scordare e perdonare i peccati altrui, ma non i tuoi”.

-La certificazione dell’umiltà…

“Degnissimo di nota, oltre che di notaio. D’un simile notaio”.

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