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Politica

FACCE IN TV

MANIGLIO BOTTI - 15/11/2019

contesalviniFu Silvio Berlusconi, venticinque anni fa, a imprimere in Italia una svolta nel sistema della comunicazione politica, attribuendo all’immagine un significato preponderante, e anche distorsivo rispetto ai contenuti, quando si presentò al pubblico seduto davanti a una telecamera sulla quale aveva fatto avvolgere una calza di nylon, perché il suo volto “virato” apparisse più disteso, sano, corroborato magari da una giusta abbronzatura, e quindi più convincente.

 Non era una novità. Negli Stati Uniti, la celebrazione della forza dell’immagine, della Tv, nei riguardi dei programmi politici risale a più di mezzo secolo prima. Uno dei fattori che, nel confronto pubblico tra John Kennedy e Richard Nixon, nel 1960, aveva portato alla “vittoria” di Kennedy – così si dice –, fu il fatto che il giovane candidato democratico si presentò al pubblico, elegante, ben pettinato, azzimato, mentre il suo rivale repubblicano indossava un abito stazzonato e aveva la barba non rasata almeno da un giorno. Il repubblicano Nixon divenne presidente ma otto anni più tardi… Improbabile che avesse capito la lezione perché non poteva all’improvviso tramutarsi in fatina. Ciononostante con l’aiuto del suo segretario di stato Kissinger mise fine alla guerra del Vietnam, che aveva iniziato il suo antico avversario, minando per un decennio le fondamenta della coscienza del popolo americano.

Non possiamo dire che da noi, in Italia, nel lontano passato, l’immagine dei politici, anche quando si presentavano in televisione fosse particolarmente curata. Pensiamo a De Gasperi, a Togliatti, a Fanfani, ma anche a Berlinguer, al sette volte presidente del consiglio Giulio Andreotti, che appariva sempre vestito di nero, naturalmente ingobbito, con un sorrisetto sarcastico, tanto da sembrare per qualcuno lo iettatore signor Chiarchiaro, il famoso personaggio di una novella di Pirandello, portato anche sulla scena dal comico Totò. È evidente come quei politici mettessero più conto alla sostanza delle cose che al loro look e all’impatto (superficiale) che da ciò veniva trasmesso al pubblico o al popolo…

Dopo la Tv, anche nella cosiddetta “civiltà dei social” le cose – dal punto di vista dell’immagine – non è che siano cambiate di molto. Pensiamo all’ex ministro dell’interno, e oggi leader dell’opposizione, Matteo Salvini, il quale ha conquistato link, e consensi, indossando le felpe più disparate, da quelle delle più sconosciute Pro Loco alle casacche dei corpi bandistici di paese.

Ma c’è qualcosa di più e anche di originale: mentre per esempio il primo ministro Giuseppe Conte continua a seguire un’antica scia kennediana, presentandosi sempre elegante, fresco e agile come se fosse appena uscito da una sauna o dal barbiere, Salvini per procacciarsi voti e adesioni con la sua ottima équipe di comunicatori, talvolta mette in rete e presenta in Tv immagini di sé ricercatamente brutte e distorte e pronuncia tormentoni, quasi a dire: vedete? Io sono uno come voi, mi presento così come sono, senza fronzoli. E quindi anche il messaggio politico e non solo quello estetico è – dovrebbe essere – più convincente.

I dubbi che tutto ciò sia vero sono tantissimi. Quelli che oggi stanno al governo e prima all’opposizione sono gli stessi. Le facce non sono cambiate. Non è che siano passati anni, ma soltanto poche settimane. Le cose che prima andavano bene e venivano annunciate come risolutive, ora vengono giudicate sbagliatissime e distruttive.

I problemi, dunque, sono sempre gli stessi, e non vengono mai date indicazioni comprensibili e efficaci. Il risultato è che il Paese sta andando sempre di più alla deriva, più o meno elegantemente, tra una felpa e un selfie, tra una pochette e una cravatta.

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