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Opinioni

BENEDETTO VOLONTARIATO

WALTER MINOLA - 15/11/2019

csvDa più di un anno aiuto a creare un notiziario locale a Radio Missione Francescana e tutti i giorni mi imbatto in un annuncio di qualcosa di bello fatto da un’associazione di volontariato nella provincia di Varese. Il Csv Insubria (il centro di servizio per il volontariato di Como e Varese) mi ha spiegato che ci sono circa 2956 associazioni iscritte al registro e riconosciute dalla Regione Lombardia senza contare quelle non iscritte ancora. Una quantità che fa capire perché si dice che l’Italia non starebbe in piedi senza il terzo settore.

Certo chiunque é a suo modo e nella sua vita quotidiana un po’ volontario, per esempio quando una casalinga accompagna il figlio del vicino a scuola oppure quando un imprenditore si ostina a continuare per dare almeno il necessario ai suoi collaboratori. Ma qui si sta parlando di relazioni associate cioè con statuti, quote associative, regole e strutture in cui si devono convogliare le energie dei singoli, realtà che il nuovo codice sta cercando di riformare.

Non ci sono solo la Croce rossa, la Protezione civile e il Banco Alimentare o i volontari del Meeting di Rimini ma una pletora di associazioni dai nomi più strani (Passaparola, Nondisolopane, Comunità operosa Alto Verbano ecc.) e dall’anzianità differente, nei più differenti campi a seconda della idea originaria e dell’interesse dei partecipanti: l’ambiente, le attività sportive, la salute e le malattie, l’arte, l’incidenza culturale, il teatro, il riuso, la condivisione e l’integrazione…

Lo stupore iniziale quotidiano si è spesso trasformato in una domanda di fondo: che cosa lo fa fare? Non certo il denaro o un interesse economico, e nemmeno in fondo il desiderio di fare qualcosa di buono nella vita, sia essa all’inizio sia verso la discesa, perché questo sentimento non regge alla fatica.

All’inizio di ogni associazione che resiste nel tempo c’è una gratitudine, un volere rimborsare qualcosa di ricevuto. Bisogna che ogni volontario si chieda al mattino, come dice il cardinale emerito Angelo Scola, non solo il “per cosa?” ma soprattutto il “per chi?” ci si alzi e si cominci la fatica quotidiana.

Ciò detto rimane dopo lo stupore, e la domanda, un grande lavoro: dare voce e mettere in comunicazione, fare rete, dare valenza culturale a queste realtà.

I Social aiutano certo perché ognuno può pubblicizzare in tempo reale le sue iniziative, la maggior parte delle occasioni senza interesse economico.

Questo lavoro può essere fatto solo da persone disinteressate al denaro e interessate all’ideale, capaci di ascoltare il valore di ciascuno per piccolo che sia senza la fretta di inglobare in un progetto comune, in una super-rete. Se il problema dell’associazionismo è l’individualismo, per fare conoscere e valorizzare le esperienze occorrono persone in grado di andar oltre, in un certo senso più volontarie dei volontari, che non permettano di abbandonare l’ideale che è il bene comune. Un lavoro più difficile di qualsiasi dono del proprio tempo.

 

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