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Apologie Paradossali

L’IMPREVISTO

COSTANTE PORTATADINO - 13/12/2019

nativita(S) Un’altra bella settimana di confusione!

(C) Sì, ma non voglio essere io l’opinionista con l’elmetto che dice parole di verità su tutto ciò che accade. Lasciamolo fare ad intellettuali e giornalisti, con l’elmetto e il fucile (giocattolo a tappi di sughero). Però non mi dispiace segnalare una bella quantità di casi strani, destinati a suscitare sentimenti e giudizi contrastanti.

Partiamo dal caso più strano: l’accusa di genocidio nei confronti della minoranza Rohingya portata dal Gambia contro il governo di Myanmar, coinvolgendo nientemeno che il premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi. Il ministro della Giustizia di Banjul, Abubacarr Marie Tambadou, ha detto alla stampa che “il Gambia sta portando avanti quest’azione con l’obiettivo di fare giustizia e trovare le responsabilità per il genocidio dei Rohingya”. Il ministro ha sottolineato anche l’importanza di “sostenere e rafforzare le norme globali contro il genocidio che interessano tutti i Paesi”. Che questo problema drammatico che investe più di mezzo milione di profughi rifugiati in Bangladesh, e molti di più quelli tuttora oggetto di discriminazioni all’interno de Myanmar, arrivi davanti alla Corte Internazionale di giustizia dell’ONU per iniziativa di un piccolo paese africano, nonostante la vicenda fosse ampiamente conosciuta da governi, Ong e media di tutto il mondo, è davvero desolante. Possiamo anche immaginare che lo spunto sia quello della solidarietà islamica, il Gambia infatti fa parte della Organizzazione islamica di cooperazione tuttavia ci si chiede come mai non si siano mossi invece i grandi Paesi democratici e illuministi, patrocinatori da sempre dei diritti umani, come nemmeno i grandi Paesi musulmani asiatici e lo stesso Bangladesh.

(O) Non ci dai subito una risposta?

(C) Nemmeno io la conosco. Ne parlo proprio come esempio di avvenimento che contiene in sé una dose di ambiguità, che ci deve far riflettere, tanto quanto il comportamento di San Suu Kyi. Passiamo ad un altro esempio.

Il nostro amato ‘Avvenire’ si accorge che stanno passando in televisione messaggi denigratori nei confronti della Chiesa, nientemeno che attraverso la prima di ‘Tosca’ e la fiction ‘I Medici’. Cerca di porvi rimedio con un dotto articolo che vorrebbe valorizzare gli accenni di religiosità inseriti nella figura di Tosca e, per l’altro caso, in compenso alla problematicità del comportamento mondano di Alessando VI, (sebbene nello svolgimento attuale della fiction si veda solo Sisto IV) appoggia la rivalutazione della figura di Savonarola, chiedendosi perfino come mai è rallentato il processo di beatificazione. A questo proposito, l’articolista suggerisce una soluzione, citando il filosofo e giurista cinquecentesco Francisco da Vitoria: distingue tempora et concordabis jura (‘distingui le epoche e metterai in armonia le leggi’).

(O) Mi sembra un principio saggio, che dovrebbe piacere ad un appassionato di storia come te, nonché sempre alla ricerca del giusto mezzo.

(C) Come regola storiografica ha un valore indubbio, ma non ha nulla a che fare con quella, che mi attribuisci a torto, del giusto mezzo. È vero che sono stato e rimango ‘centrista’ in politica, ma la regola dell’azione quotidiana deve essere diversa: occorre rischiare, anche nel giudizio, cui fa seguito l’azione. Altrimenti dalla più profonda saggezza non scaturirebbe mai un’azione di valore. In questo senso vi segnalo un intervento di Pancho Pardi nella discussione intorno alle ‘Sardine’. Pardi fu, circa due decenni fa, tra i principali animatori del movimento dei ‘girotondi’: “Care Sardine, non fate come noi Girotondi”. A questi ragazzi, che credo vadano lasciati liberi di sperimentare e inventare senza che ci sia da parte nostra alcuna volontà di dirigerli, dico: “Non illudetevi sulla capacità di ascolto dei partiti tradizionali. Faranno finta di ascoltarvi, ma non lo faranno, vi utilizzeranno solo per i voti. Non credo comunque che le Sardine si accontenteranno di fare da portatori d’acqua ai partiti scalcagnati del centrosinistra, che fondamentalmente si sono autodistrutti. Ormai il centrosinistra è un’ombra”.

(S) Non mi è chiaro. Se non devono fare i portatori d’acqua, pardon, di voti, che cosa possono fare di diverso, un altro partito? È vero che uno dei tanti inflazionati sondaggi accredita un 20% di italiani disponibili al voto, ma è pura teoria.

(C) Infatti Pardo non arriva a questa conclusione, Ecco la proposta:“Si può arrivare anche a una sorta di meticciato tra partito e movimento politico. Questo si vedrà. Di certo, però, le Sardine devono capire che non si può solo scendere in piazza, non si possono fare manifestazioni all’infinito. A un certo punto bisogna fermarsi e iniziare, in autonomia, a ragionare su cosa si vuole fare e dove si vuole andare”.

(S) Piuttosto che fermarsi a ragionare, bisogna decidere e partire. La realtà non aspetta l’esito dei nostri ragionamenti. Ma non credo sia lo spirito delle Sardine, anche se qualcuno specie in Emilia, si farà pescare. In ogni caso correrà solo il rischio di finire nella rete del vincitore. Quindi alla peggio per il governo finirà pari e potranno continuare a non prendere decisioni vere, a rattoppare provvedimenti, ciascuno sperando di arrivare in posizione determinante all’elezione del Presidente della Repubblica. In questo caso il candidato sarà uno solo: l’attuale.

(C) Visto che hai evocato il principio di realtà, siccome penso che la confusione che lamentate nasca a questo livello, vi voglio presentare l’intervento di Papa Francesco ad ‘Aggiornamenti sociali’, la rivista dei Gesuiti, in occasione del Novantesimo di fondazione.

« Oggi in Europa stiamo vivendo il pregiudizio dei populismi, i Paesi si chiudono e tornano le ideologie. Ma non soltanto nuove ideologie – qualcuna c’è – ma tornano le vecchie, le vecchie ideologie che hanno fatto la seconda guerra mondiale. Perché? Perché non si ascolta la realtà com’è». Ovvero «la realtà è sovrana, piaccia o non piaccia, ma è sovrana. E io devo dialogare con la realtà». Ascoltare e anche «dialogare», cioè «non imporre strade di sviluppo, o di soluzione ai problemi. Se io devo ascoltare, devo accettare la realtà come è, per vedere quale dev’essere la mia risposta». «È questo che io vorrei dirvi per la vostra Rivista – ha continuato Francesco – mai, mai coprire la realtà. Dire sempre: “È così”. Mai coprirla con quella rassegnazione del “vedremo… forse dopo cambierà…”. Mai coprirla: la realtà così com’è. Poi, cercare di capirla nella sua autonomia interpretativa, perché anche la realtà ha un modo di interpretare sé stessa. Si deve capirla. E poi il dialogo con il Vangelo, con il messaggio cristiano; la preghiera, il discernimento, e così fare dei piccoli sentieri per andare avanti. Oggi non ci sono “autostrade” per l’evangelizzazione, non ce ne sono. Soltanto sentieri umili, umili, che ci porteranno avanti».

Ricordo che questo discorso è stato fatto ‘a braccio ’, pur non differenziandosi sostanzialmente dal testo scritto e consegnato. Ma così, l’affermazione dell’ascolto della realtà come anteriore al Vangelo stesso è posta con una determinazione sorprendente e anche un po’ difficile da comprendere.

(S) Anche se non capisco bene cosa vuol dire “autonomia interpretativa “della realtà, apprezzo in modo particolare il richiamo all’umiltà, a percorrere “sentieri umili”, che rivolto ai confratelli Gesuiti, spesso tentati di insegnare al mondo come deve funzionare, mi sembra proprio significativo.

(O) Vorrei capire meglio a cosa allude quando dice tornano le vecchie ideologie, che hanno fatto la Seconda guerra mondiale. Io non sono per nulla amante delle ideologie, semmai subisco la tentazione dell’utopia, però vedo che la tentazione, il peccato di massa di oggi è proprio il contrario: l’istintività, la mancanza di riflessione, la reattività mossa dal rancore, l’assenza di progetto che lascia tutto frammentato e precario. (C) Populismi, sovranismi, nazionalismi odierni: tutta roba senza consistenza. Non ho letto il nuovo rapporto CENSIS, ma dalle anticipazioni e dai commenti della stampa traggo un serio allarme solo a proposito dell’assenza di intelligenza e di volontà cui ormai ci stiamo rassegnando in massa. E se aggiungo che il rapporto Ocse sulla scuola ci dà in decadenza non solo nelle scienze, ma pure in lingua italiana, (l’unico nostro orgoglio), devo concludere che la malattia sociale di cui soffriamo è veramente grave e non abbiamo idea di come curarla. Siamo come un pesce preso nella rete (sardine attente!), che più si sbatte più ne diventa prigioniero. Magari la malattia fosse un’ideologia: la si combatterebbe con la ragione. Invece è soprattutto un disgusto, un disgusto della realtà che, come dice il Papa, non ce la fa guardare com’è, quindi la respingiamo.

(S) Concordo, una volta tanto, con Onirio. Il rischio della Chiesa, persino della religione in generale, ma in particolare di quella cristiana, è di fare da capro espiatorio di tutti i mali sociali. Capisco anche il piccolo allarme di Avvenire a proposito di quella forma sottile di diffamazione rilevata in spettacoli popolari come quelli televisivi.

(C) A questo punto capisco meglio anch’io la tentazione di mettersi in testa l’elmetto, magari la casseruola di don Chisciotte, di raccogliere le armi, (metaforiche) che hai e di fare la guerra a tutte le emergenze sociali, politiche e culturali. Ma non basta, non basterà mai, non basteranno l’Onu e i suoi tribunali, le vittorie progressiste o quelle tradizionaliste, l’Europa o l’impeachement di Trump, i dazi o la globalizzazione. Una cosa potrà forse essere un po’ meglio di un’altra, ma non possiamo continuare a riporre la nostra fiducia in quello che ci appare come il male minore. Speriamo nell’imprevisto; dopotutto siamo in Avvento, attendiamo, attraverso la liturgia, qualcosa di umanamente insperato.

(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti

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