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Attualità

COSA CI RESTA

FABRIZIO MARONI - 13/12/2019

calendario“Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc.”.

Così scriveva Gramsci sull’Avanti!, il primo gennaio 1916; e probabilmente aveva ragione. Egli non si lamentava della cronologia, ossatura fondamentale della storia, ma piuttosto della percezione comune del tempo, conseguenza della sua suddivisione in unità, decine, centinaia, e di quelli che lui chiamava capodanni della storia.

Ma a noi uomini piace impacchettare il passato recente, specialmente in decenni, cosicché sia poi più semplice averne nostalgia. Cosa resterà, allora, di questi anni ’10?

Il decennio è stato coperto dall’ombra oscura di una parola: crisi. Disoccupazione, impoverimento, ma soprattutto pessimismo: sono costanti che accompagnano, tra un flebile cenno di ripresa e l’altro, tutti gli anni ’10 (in alcuni paesi più che in altri).

Il rapporto tra occidente e mondo arabo ha sicuramente avuto un ruolo centrale: nel 2011 l’attenzione dei media si concentra sulle cd Primavere arabe e sulla guerra civile siriana. In questo habitat convulso e agitato trovano spazio organizzazioni criminali come lo Stato Islamico. È l’inizio della stagione in cui dalle tv si segue con preoccupazione l’avanzata dell’Isis, del terrorismo di matrice religiosa che arriva in Europa. Legata allo stesso filo rosso è una delle più grandi crisi migratorie globali della storia, che trova nell’area del Mediterraneo il suo bacino più tragicamente percorso.

L’esaltazione del conflitto culturale col mondo islamico, incentivato da questi fenomeni, è un tema che segna il dibattito politico e accompagna l’ascesa di una destra sovranista, nazionalista ed euroscettica incarnata da Salvini, Marine Le Pen, Orbán, fino all’elezione di Trump alla Casa Bianca.

Gli anni ’10 sono anche il decennio della rivoluzione dell’informazione. Il potenziamento della rete internet, che ora è tascabile, permette l’immediata disponibilità di una quantità infinita di contenuti. Con l’ascesa degli smartphone, il “telefonino” diventa uno strumento polifunzionale col quale si gestisce il lavoro, si prenota da mangiare. La rivoluzione della telefonia si porta appresso l’esplosione dei social network: piattaforme come Facebook e Instagram divengono affollatissimi non-luoghi, di cui anche politica e marketing apprezzano le potenzialità. Nascono le nuove stelle: i self-made men (and women) di internet trasformano i social network in un lavoro. I miti delle nuove generazioni sono ora gli influencer, gli youtuber.

Nella musica, l’hip hop diviene largamente popolare in diverse forme, declinato secondo sonorità rock o pop; ma è soprattutto il trap, sottogenere dell’hip hop, il fenomeno più rilevante del decennio: si impone dapprima negli Stati Uniti, per poi raggiungere anche l’Italia dove spopola grazie a nomi come Sfera Ebbasta, Ghali, Dark Polo Gang. Il pop si rinnova nella sua forma: acquisisce sonorità elettroniche e la figura del produttore assume sempre più importanza. Anche l’industria musicale viene rivoluzionata dagli sconvolgimenti tecnologici: piattaforme come Spotify rappresentano un grosso passo verso la totale digitalizzazione della musica; milioni di brani sono immediatamente disponibili all’utenza.

Conoscono grande popolarità le serie televisive, soprattutto grazie a piattaforme di streaming video come Netflix che mettono a immediata disposizione degli spettatori un’enorme quantità di produzioni televisive.

La cultura pop degli anni ’10 sembra però portare in sé qualcosa di simile a un vuoto: una certa nostalgia per quegli anni ’70, ’80, ’90 che oggi ci appaiono fortemente caratterizzati culturalmente e politicamente, ha generato un culto del passato che spesso ha dato vita alla reinterpretazione di modelli stilistici rispolverati dalla fine del secolo scorso. Ma, contemporaneamente, tutto ciò ha anche provocato un bisogno di trovare nuovi schemi, di rompere col passato e creare prodotti fuori dalle linee. Ne è un esempio la giovanissima ed estroversa cantante americana Billie Eilish.

Il decennio si conclude all’ombra della generale preoccupazione per i cambiamenti climatici. La rinnovata sensibilità ambientalista si è attestata con prepotenza tra la fine del 2018 e l’inizio di quest’anno; sarà il prossimo decennio, gli anni ’20 che vanno a cominciare, a dirci se quello acceso da Greta Thunberg è stato un fuoco di paglia.

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