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Cultura

DANTEDÌ

RENATA BALLERIO - 13/12/2019

danteIl 2019 volge al termine e con esso le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo, il genio per antonomasia. Non è ancora tempo di bilanci, né culturali né economici, visto che non mancano – anche in questo caso- i detrattori per supposte prebende distribuite per le varie manifestazioni. Ma la macchina cultural-politica è già in movimento per nuovi anniversari e nuove celebrazioni. A dire il vero con lungimiranza non comune dal 2017 sono stati finanziati dal CIPE progetti per tre anniversari consecutivi: Leonardo nel 2019, Raffaello Sanzio nel 2020 e – come gran finale- nel 2021 si ricorderanno i 700 anni della morte del sommo poeta, Durante Alighieri: il nostro Dante.

Una staffetta culturale degna di nota. Basti pensare al ritratto di Dante lasciatoci da Raffaello nella Stanza della Signatura al Vaticano per immaginare un grande dialogo con le radici identitarie della nostra cultura. In questa sinfonia celebrativa si è inserito un elemento quasi provocatore. Paolo di Stefano, giornalista e editorialista del Corriere della Sera, scrittore, lauretosi in filologia romanza all’Università di Pavia, ha lanciato qualche mese fa la proposta di istituire il Dantedì.

Se il 23 aprile è la giornata del Libro, scelta dall ‘Unesco per celebrare nel giorno in cui ricorre la morte di Cervantes, di Skakespeare e del peruviano Inca Garcitaso de la Vega, perchè non pensare- questa è stata l’idea partita dalle pagine de Il corriere della Sera- anche ad un Dante Day, o meglio Dantedì? Non si tratta di orgoglio nazionale ma di gratitudine e di rispetto all’universalità della poesia e alla cultura del fiorentino, uomo del Medioevo cristiano che è capace di parlare all’uomo moderno.

La proposta, accolta dal presidente onorario dell’accademia della Crusca,Francesco Sabatini,dalla Società Dante Alighieri e da altri, è diventata una mozione. Il primo firmatario è stato Michele Nitti del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Cultura della Camera dei deputati. Dalla cronaca sappiamo che la mozione, accettata trasversalmente dai molti partiti- questo dicono i mass media – è stata portata nell’aula di Montecitorio e approvata a larghissima maggioranza. Certamente è una bella notizia. Non scontate sono le parole pronunciate da Nitti. “L’identità nazionale italiana che rappresenta Dante non si può ridurre sovranisticamente- ha affermato il deputato – a confini geografici ben definiti, quanto piuttosto a una serie specifica di riferimenti su base linguistica, politica e culturale, ad un modello intellettuale, ad un’idea di civiltà che diventa universale”.

Non si sa ancora quando sarà celebrato il Dantedì. Si pensa al giorno in cui ebbe inizio il viaggio che portò il fiorentino dalla selva oscura alla luminosità dell’Empireo. I critici da anni dibattono se fosse il 25 marzo o l’8 aprile. Ma questo poco conta. Più importante sarà non trasformare sia la giornata dedicata a Dante sia il 2021 in una scontata celebrazione. E questo non sarà facile. Non abbiamo bisogno di monumentalizzare il grande poeta- sono le giustissime parole di Nitti. Lo si fece nel 1921, come testimonia tra le tante la statua inaugurata nel Dante Park a New York grazie agli immigrati italiani. Ma questo era cento anni fa. Oggi sarà inevitabile fare i conti con tutto quanto per cui siamo debitori a Dante, non dimenticando, anzi riflettendo profondamente su tutta la sua storia umana e culturale. L’elenco sarebbe lungo: exul immeritus, esule che ha conosciuto le conseguenze dell’ingiustizia, messo all’Indice dei libri proibiti per il suo testo “De Monarchia”, l’essere ignorato, quasi disprezzato nel 1700, essere rivalutato e reso patrimonio scolastico grazie anche a Francesco De Sanctis solo nel 1800. A volte retoricamente celebrato insieme all’Unità italiana, come avvenne nel 1911.

 Insomma il sommo poeta, studiato, amato, merita una inevitabile indagine perché tutti possiamo diventare con lui viaggatori per uscire dalla selva oscura dell ‘ignoranza. Il Dantedì sarà, dunque, una grande scommessa culturale. Ha fatto bene Il Corriere della Sera a lanciare la proposta. E, commentando i risultati delle indagini OCSE PISA circa le difficoltà di comprensione nella lettura degli studenti italiani, ha fatto bene l’onorevole Nitti a ricordare che l’Enciclopedia Treccani ha calcolato che il 90 per cento del lessico fondamentale dell’italiano in uso oggi è già presente nella Divina Commedia. Un dato su cui riflettere. al di là delle celebrazioni.

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