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Chiesa

SE PARLA IL PAPA

SERGIO REDAELLI - 20/12/2019

barberoLe parole di Francesco fanno discutere, ma in due millenni di storia della Chiesa è capitato di tutto, parole dei papi cadute nell’indifferenza, dileggiate, stravolte o attese e mai pronunciate. Il modo in cui il pastore di Roma si rivolge al mondo è l’espressione della sua personalità individuale, del coraggio, dei valori che ha in sé, ma indica anche il ruolo che la Chiesa cattolica svolge e il peso che esercita in una data epoca. Come la condanna espressa da Benedetto XV nel 1915 che non riuscì a sventare la Prima guerra mondiale. O talvolta silenzi che parlano, come la scomunica del Fuhrer e dello sterminio degli ebrei invano attesa da Pio XII, che si affrettò invece a colpire il comunismo per sue convinzioni politiche.

Alessandro Barbero, docente e scrittore di storia, star di Youtube con lezioni super-visualizzate e autore del best-seller La battaglia di Lepanto, affronta il delicato tema nel libro Le parole del papa. Da Gregorio VII a Francesco (Laterza, 114 p., 16 €). Un excursus che parte da lontano, l’anno Mille, quando la Chiesa aspirava a dominare il mondo e lottava contro l’imperatore. Nello scontro con Enrico IV, il papa Gregorio VII cercò in tutti i modi di negare l’origine “divina” del potere monarchico: “Chi non sa che i re hanno avuto origine da quanti con la superbia, le rapine, la perfidia, gli omicidi e i delitti, spinti dal diavolo, hanno preteso di dominare i propri pari con cieca avidità e intollerabile presunzione?”.

Ai papi impegnati nello scontro con l’impero, scrive Barbero, “capitava di avventurarsi in dichiarazioni di sfiducia nei detentori del potere terreno che non sarebbero sfigurate sotto la penna di Marx e Proudhon”. Tutti devono obbedire al papa e chi non lo fa è colpevole di eresia. Il pontefice ha il diritto di dare ordini al re e costui il dovere di sottomettersi. Così papa Gregorio IX scomunica Federico II di Svevia come “fabbricante di falsità che non sa cosa sia la modestia e ignora il pudore, si fa beffe della verità e mente senza arrossire”. Parole dure, di collera. “Se solo i papi del XX secolo – si duole Barbero – avessero usato questi toni contro Mussolini e Hitler!”.

Nel corso della sua lunga storia, la Chiesa passa dall’aggressività militare delle crociate alla scomunica contro Martin Lutero, dalla guerra ai libri e alle nuove idee dell’Illuminismo al vano tentativo di conservare Roma durante il Risorgimento. Trascorrono i secoli e la Chiesa deve restare uguale a sé stessa. Mette all’indice il culto della ragione, il rifiuto del principio di autorità, il liberalismo e la libertà di opinione che minacciano i dogmi, combatte la libertà di stampa e di pensiero. Afferma che è suo dovere dire di no al cambiamento, sempre e comunque, perché la Chiesa è perfetta per definizione e non deve essere soggetta alle oscillazioni delle cose umane.

Per Gregorio XVI (un altro Gregorio!) la libertà di coscienza è “un errore velenosissimo”, come “la smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato…” e “la mai abbastanza esecrata ed aborrita libertà di stampa”. Un concetto condiviso dal successore Pio IX, l’ultimo papa re, costretto a riparare a Gaeta mentre a Roma il 9 febbraio 1849 la Repubblica dichiara decaduto il potere temporale del Vaticano. Papa Mastai se la prende con certi uomini che “spandono per ogni dove, tra i popoli fedeli all’Italia, la sfrenata licenza del pensiero, della parola, di ogni atto empio ed audace, per abbattere la religione cattolica”.

Solo nel ‘900 si afferma un nuovo concetto del papato, fondato sull’accettazione della modernità e la faticosa ridefinizione del ruolo della Chiesa. Con la Rerum Novarum Leone XIII affronta i problemi contemporanei del lavoro proletario nelle fabbriche, dei padroni, del profitto, della speculazione, degli scioperi e dei doveri dei capitalisti. Lontano dalla solennità biblica, si cala nella realtà del popolo e prova a cercare soluzioni per favorire la concordia fra le classi sociali.“Principalissimo tra i doveri dei padroni – scrive – è dare a ciascuno la giusta mercede. Si ricordino i capitalisti che le umane leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, di trafficare sulla miseria del prossimo”.

Le nascenti dittature in molti Paesi d’Europa non trovano in Vaticano censure abbastanza energiche. Il segretario di Stato Eugenio Pacelli fa sparire il durissimo discorso che papa Ratti preparava quando la morte lo colse ed, eletto a sua volta al soglio di Pietro, non condanna l’escalation nazi-fascista e le leggi razziali confidando nella via diplomatica. Ma la lettera Pacem in terris di papa Giovanni XXIII rivaluta i diritti dell’uomo negli anni della guerra fredda e vagheggia una convivenza ordinata tra i popoli. Il successore Paolo VI predica lo sviluppo del Terzo Mondo con l’enciclica Populorumprogressio e pronuncia frasi profetiche: “Le nazioni sviluppate hanno l’urgentissimo dovere di aiutare le nazioni in via di sviluppo… i poveri alla porta dei ricchi fanno la posta agli avanzi dei loro festini”.

La Chiesa di nuovo maestra ribadisce che “i popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza”. Karol Woytjla bacia la terra ogni volta che sbarca in un nuovo Paese e papa Francesco vuole “che la Chiesa esca in strada, che si difenda da tutto ciò che è adattamento al mondo, da ciò che è sistemazione, che è comodità, che è clericalismo, che è restare chiusa in sé stessa”. Bergoglio predica la riammissione alla comunione dei divorziati risposati, la libertà religiosa e la libertà di essere diversi. C’è chi le giudica “affermazioni vaghe e ambigue che permettono interpretazioni contrarie alla fede e alla morale”.

Cattolici integralisti vicini e lontani lo accusano di pronunciare parole, compiere atti e omissioni che tradiscono simpatie luterane in tema di matrimonio e di fede, gli addebitano di portare allo sbando la Chiesa, di commettere errori dottrinali che potrebbero indurre i fedeli a compiere gesti eretici, di correre sul filo dell’ortodossia. E gli ricordano che il dogma dell’infallibilità consente al papa di “custodire ed esporre fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, ma non di manifestare nuove dottrine”. Dire sempre di no al cambiamento! In fondo le parole dei papi, ci ricorda il libro di Alessandro Barbero, rivelano la diversa autorevolezza con cui di volta in volta i papi si sono proposti come leader mondiali.

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