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Società

TRA I CITTADINI

FELICE MAGNANI - 10/01/2020

cittadiniChe cosa vogliono i cittadini? La possibilità di trovare un lavoro e, se già ce l’hanno, di poterlo conservare, avere servizi adeguati, poter contare su classi dirigenti preparate e meno presuntuose, avere un sistema educativo efficiente, capace di fare crescere giovani con la testa sul collo, senza il problema di dover ricorrere alle droghe per risolvere le spinte dell’adolescenza e quelle della giovinezza.
I cittadini vogliono poter vivere in città e paesi sicuri, dove non si corra il rischio di essere stuprati, rapinati, minacciati, insultati, vogliono scuole ampie e sicure per i propri figli, insegnanti che siano sempre all’altezza della situazione, soprattutto quando i fenomeni devianti prendono il sopravvento, vogliono che si insegni l’amore per la patria, per la famiglia, per la cultura, per l’ambiente, per la giustizia e per la legalità, desiderano che l’autorità, ogni tipo di autorità, funzioni, ripristinando quella del ruolo e quella sociale, vogliono che il rispetto torni a essere il perno attorno al quale ruoti tutto il sistema democratico, auspicano che non ci siano più poveri sotto le arcate delle chiese, nelle stazioni, nei parchi e che venga abolito lo sfruttamento delle persone, il commercio di carne umana, il razzismo, la sfiducia nelle leggi, nelle regole su cui si regge il governo delle comunità.
I cittadini vogliono che i rapporti e le relazioni sociali siano improntati alla comprensione e alla collaborazione, vogliono che non si raccontino bugie, che si abbandoni l’ipocrisia e che l’intelligenza prevalga sempre sull’ignoranza. I cittadini hanno una visione molto più ampia rispetto a quella che viene loro riconosciuta, vogliono poter sbagliare senza dover per forza essere denunciati, finire in prigione, essere emarginati, vogliono soprattutto che qualcuno insegni loro a capire da che parte stiano il buon senso, ma anche la fermezza, la legalità e la giustizia.
Sono molto più garantisti di quanto si possa immaginare, anche perché osservano, ascoltano e sanno capire quando una cosa è giusta e quando non lo è, sanno di essere i veri garanti della democrazia e della Costituzione, per cui amano tutto ciò che odora di lealtà, trasparenza, dialogo, collaborazione, solidarietà e giustizia.
Il problema nasce quando tutti vogliono comandare, anche quelli che pur non avendone le capacità, vogliono imporre a tutti costi le loro verità, perché non amano i consigli e i suggerimenti del mondo, non vogliono saperne dell’esame di coscienza e non smettono di utilizzare la demagogia, quando invece basterebbe una piccola dose di umiltà e di sincerità, quando sarebbe forse sufficiente fermarsi a riflettere, a guardare negli occhi un vecchio che barcolla alla ricerca di una sicurezza o un giovane che si aggira smarrito nelle buie penombre di un parco.
Quando sono in troppi a comandare c’è il rischio che le voci si intreccino e si confondano, che non si riesca più a capire da che parte stia il buon senso, quale sia la strada da seguire per evitare di perdere la bussola, che cosa sia davvero importante e che cosa sia invece superfluo. La democrazia è un concerto a più voci, ma è necessario che le voci siano animate da uno spirito comune, che al momento giusto sappia convergere e puntare dritto sulle necessità e sui bisogni della gente, mettendo in primo piano il bene di tutti.
Comandare non è semplice, occorre avere una predisposizione, occorre conoscere molto bene le motivazioni che stanno alla base di una vocazione. Viviamo in tempi difficili, dove occorre unire competenza e saggezza, onestà e lealtà e dove non basta volere, ma occorre una volontà cosciente, capace di mettersi in discussione, di comprendere e di capire, di saper camminare fianco a fianco con quei cittadini che della Costituzione sono l’asse portante.
Le diversità esistono in natura, si evidenziano durante un percorso, ma non per creare antagonismi o muri o conflitti, ma per consentire al sistema di poter usufruire del massimo della produzione, della sua capacità di essere compatta nell’affrontare le difficoltà, nell’essere coesa di fronte ai cambiamenti che caratterizzano l’evoluzione del genere umano.
Comandare può effettivamente avere una funzione rigenerativa, ma per esserlo deve rigenerare prima chi la esercita, si parte sempre dal personale prima di arrivare al collettivo, dalla capacità di capire esattamente se si hanno le capacità per affrontare tutto quello che la vita comune richiede.
Una delle doti migliori di chi si candida a comandare è l’esempio, dimostrare con i fatti che chi comanda è il primo a ubbidire, è colui che apre la via senza alcun timore, che annunzia concretamente la buona novella e che alle parole fa sempre seguire i fatti, ascoltando gli altri.
I cittadini non amano le dispute quando esprimono l’asprezza della demagogia, non amano l’ipocrisia, la falsità, la doppiezza, non amano veder massacrare l’avversario, credono nella ragionevolezza e nel buon senso, credono che la diversità sia un pregio, un modo per rafforzare il bene comune, quella voglia di benessere che appartiene a tutti.
Chi lavora dalla mattina alla sera, chi si alza presto al mattino e sale sul treno per raggiungere il posto di lavoro esige che tutti indistintamente facciano il loro dovere e che la collaborazione diventi l’arma più adatta per rimettere in piedi uno stato che fa acqua da tutte le parti. I partiti? Ben vengano se chi li rappresenta è perfettamente cosciente che non siano eserciti contrapposti, ma spazi di libertà che riuniscono le loro intelligenze per rendere un grande servizio al progresso del Paese.
È in un reale confronto di idee e di pensieri e in una comune volontà elettiva che il paese rinasce, convinto che tutti concorrano all’affermazione di una società attenta e collaborativa, capace sempre di mediare e di rilanciare, senza mai cadere nella bassezza di un conflitto radicale e sistematico, che annulla le risorse e i talenti, relegando così la natura umana in un isolamento assoluto, senza possibilità di recupero

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