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Attualità

CHIARA E GLI ALTRI

LUISA NEGRI - 24/01/2020

lubichChe tutti siano uno, per queste parole siamo nati. Per l’unità e per contribuire a realizzarla nel mondo”.

In quel Deus Caritas est, Dio è Amore, del Vangelo di Giovanni, argomento fondamentale anche dell’Enciclica di Benedetto XVI (25 dicembre 2005), Chiara Lubich (1920-2008) ha trovato ogni giorno la conferma della sua fede. E la consapevolezza che l’Amore per Gesù Crocifisso e per l’immagine di lui, riflessa nelle sofferenze degli altri, dei poveri, dei bisognosi, dei diversi, è la chiave della conoscenza della Verità.

Ricorrono nel 2020 i cento anni dalla nascita di Chiara Lubich, la fondatrice del movimento dei Focolari, un’educatrice, studiosa e saggista, un’attiva operatrice di carità e di pace nello spirito ecumenico del Concilio Vaticano II.

Donna semplice e meravigliosa, figura mistica e insieme carismatica di pacifica rivoluzionaria, cercava e trovava nell’amore, nell’attenzione agli altri, il prezioso tramite per mettere in comunicazione il cuore di ciascuno con il cuore del mondo. Molte le lauree ‘Honoris causa’ assegnatele da diverse università del mondo per la sua attività che ha realizzato “un esempio di nuovo umanesimo planetario, profetico e emancipatore”.

Oggi l’opera da lei fondata a Trento nel ’43, e approvata nel ’62 con il nome ufficiale di Opera di Maria, è presente in 180 Paesi con oltre due milioni di aderenti, 350 Chiese e comunità ecclesiali di persone (compresi buddisti, ortodossi, musulmani, e via dicendo) che si riconoscono nello spirito dei Focolari, i cui obiettivi sono condivisi anche da non praticanti.

Le cittadelle fondate da Chiara e dai focolarini, con case, scuole, luoghi di lavoro e di preghiera, sono 25, e mille sono i progetti di sviluppo internazionale, 93 dei quali sono rivolti a 11 mila ragazzi e bambini aiutati in 48 Paesi del mondo.

Silvia Lubich era nata il 22 gennaio 1920 a Trento, seconda di quattro figli, da Luigia Marinconz, cattolica devota, e da Luigi, fervente socialista e antifascista.

Prenderà più avanti negli anni il nome Chiara allorché, tra il ‘42 e il ’49, dopo l’incontro con il frate cappuccino Casimiro Bonetti, entrerà a far parte del Terz’ Ordine Francescano.

Sono dunque l’amore per la famiglia e quello per la verità i valori esemplarmente trasmessi alla giovane Silvia, accompagnati da sentimenti di solidarietà e giustizia. La madre, profondamente devota, la segue nella pratica religiosa e nella crescita spirituale. Gli studi di lei saranno poi altra fonte di soddisfazione per la famiglia, che la vedrà diplomata alla scuola magistrale. Silvia sogna di frequentare l’Università Cattolica, ma non ottiene per un punto la desiderata borsa di studio. Non approderà dunque nell’ ateneo milanese, ma seguirà studi filosofici a Venezia e insegnerà poi in provincia di Trento presso buone scuole, dove la sua vita seguirà un esemplare percorso segnato da un impegno molto coinvolgente a livello pedagogico e umano. Supportato dallo spirito di un fattivo, concreto aiuto agli altri, ai bisognosi, a tutti coloro che le capitava di incontrare sulla sua strada.

Li andrà poi a cercare nel tempo in ogni parte del mondo, laddove la sua conoscenza e intelligenza, le necessità delle vicende politiche e storiche le suggeriranno che è importante esserci.

Il padre di Silvia è tipografo del Popolo -il quotidiano socialista diretto da Cesare Battisti- e sarà costretto a cambiare più volte mestiere dopo la forzata chiusura del giornale imposta dal partito fascista.

Silvia vive ben presto i disagi di una famiglia unita dall’amore, ma inseguita dall’intolleranza politica verso chi osa sottolineare i difetti e le prevaricazioni del regime. Il padre rifiuta per coerenza la carta annonaria e non mancheranno di conseguenza momenti di penuria di cibo.

Anche il fratello Gino sarà perseguitato politicamente e nel ‘44 subirà l’arresto e la tortura.

Sono poi i dolori della seconda guerra mondiale ad aprire il cuore di Chiara, questo è ormai il suo nome, alla sofferenza, rivelandole i dolori di tanti altri fratelli, vittime della pesantissima situazione storica.

Infuriano anche in Trentino i bombardamenti. La madre viene fatta allontanare da Trento, ma lei resta, per aiutare chi ne ha bisogno, con le prime compagne della sua avventura spirituale.

Un giorno in un rifugio antiaereo apriamo a caso il Vangelo alla pagina del Testamento di Gesù: ‘che tutti siano uno, Padre, come io e te’. Quelle parole sembrano illuminarsi ad una ad una, quel tutti sarebbe stato il nostro orizzonte. E quel progetto di unità la ragione della nostra vita”.

Un povero le si accostò in quei giorni, mentre varcava la porta della chiesa: necessitava di un paio di scarpe da uomo del numero 42. Come posso trovare, si domandò Chiara, un paio di scarpe ora?

La risposta arrivò subito. All’uscita dalla chiesa una donna si accostò chiedendole se a qualcuno servisse un paio di scarpe del 42.

Nasce anche da quella sollecita, provvidenziale risposta, il suo bisogno di dedicarsi sempre più agli altri, per sanarne le necessità materiali e spirituali.

Nel ‘47 prende forma il piano “Carità in atto” e nel ’48, sul periodico dei frati Cappuccini “L’ amico serafico”, Chiara lancia in un editoriale la comunione dei beni, sull’ esempio dei primi cristiani.

Dopo pochi mesi ben 500 persone aderiscono al suo messaggio e se ne sentono coinvolte in comunione spontanea.

Altre figure di spicco l’affiancheranno, come l’esemplare figura di giornalista e politico Igino Giordani, cofondatore del movimento e primo laico sposato a consacrarsi nel ’53 a Dio nel Focolare (anche di lui è in corso la causa di beatificazione).

L’opera nel tempo si espanderà per il mondo, Chiara sarà in Brasile, in Africa, in Germania e Cecoslovacchia, negli Stati Uniti. Accosterà chiunque ha necessità – senza distinzioni tra fratello e fratello- nel rispetto di tradizioni, culture e religioni diverse. Ad esempio nel 1966, ‘69 e 2000, correrà lei stessa più volte in aiuto alla popolazione di Fontem a rischio di estinzione, nel Camerun anglofono. Qui sorgeranno, e ancora ci sono, un ospedale, scuole, e molte altre strutture necessarie da lei volute nel segno di “una giustizia riparatrice del debito contratto dall’Europa colonizzatrice verso l’ Africa”.

 “È arrivato il momento -aveva scritto già anni prima- in cui la patria altrui va amata come la propria. Oggi i tempi domandano una coscienza sociale che edifichi non solo la propria terra, ma aiuti l’ edificazione di quelle altrui”.

Un lavoro di apostolato suffragato dai fatti, dalle risposte concrete, dalla soddisfazione dei bisogni di tutti i giorni, nella convinzione che i beni economici debbano essere alla portata di tutti, è per lei la sola risposta.

Religione e economia per Chiara non debbono essere divisive, ma avvicinate e considerate con rispetto, basandosi su criteri di equità ed eticità. Nutrimenti necessari a una vita, fatta di fisicità e spiritualità, vissuta nell’amore.

Perché la centralità del pensiero della Lubich dall’amore parte e ad esso ritorna. Negli anni Sessanta lei affida queste parole ai suoi Scritti Spirituali (III, Città Nuova, Roma 1966). “Dio Amore, credere al suo amore, rispondere al suo amore amando, sono i grandi imperativi di oggi. Sono l ‘essenziale che l’ attuale generazione attende. Senza di esso il mondo minaccia di correre per poi sbandare, come un treno fuori binario”.

E ancora: “Scoprire o meglio riscoprire che Dio è amore è la più grande avventura dell’uomo moderno”.

A conferma definitiva annoterà, di ritorno da Fontem nel ’69: “ Non siamo completi se non siamo umanità, siamo umanità se abbiamo dentro tutte le culture”.

Chiara Lubich muore il14 marzo 2008 a Rocca di Papa.

Maria Voce, focolarina vicinissima a Chiara, le è temporaneamente succeduta alla presidenza del Movimento, che secondo il regolamento (in una clausola richiesta dalla Lubich e approvata da papa Giovanni Paolo II) sarà sempre guidato da una donna, in quanto sempre ritenuto come Opera di Maria.

Sul buon proseguimento del cammino del Movimento – sostenuto, approvato e appoggiato anche dai pontefici succedutisi negli ultimi anni- Maria Voce non nutre dubbi, ma speranze confortate dalla Provvidenza.

La sua è una convinzione professata con la stessa umiltà della fondatrice, che rivelava: “Non ho mai fatto programmi. Lo spartito è in cielo. Noi cerchiamo di suonare quella musica in terra”.

La causa di beatificazione della Lubich, iniziata il 27 gennaio del 2015, è in corso e sono cominciati fin dalla scorsa domenica, nella chiesa di Loppiano -santuario di Maria Theotokos( Madre di Dio) in Valdarno- le celebrazioni per ricordarla a cento anni dalla nascita. Accanto al messaggio di papa Francesco con l’invito a vivere sull’esempio della Lubich” la mistica evangelica del noi, a camminare insieme nella storia delle donne e degli uomini del nostro tempo come un cuore solo ed un’anima sola”, s’è aggiunto quello del presidente Mattarella che il 25 gennaio ha visitato il Centro Mariapoli di Cadine Trento, in occasione del Convegno “Trento incontra Chiara”.

Una Messa è prevista il 14 marzo, giorno della sua morte, nella basilica di San Giovanni in Laterano, presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis.

 

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