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Parole

INCLUSI, ESCLUSI

MARGHERITA GIROMINI - 31/01/2020

ravUna scuola di Roma è stata tacciata di classismo per il modo in cui il quadro della propria utenza è stato presentato nel documento ufficiale di rilevazione (RAV, Rapporto di Auto Valutazione) richiesto annualmente dal Ministero.

È l’Istituto Comprensivo di via Trionfale, diviso in plessi non distanti l’uno dall’altro.

Si presenta al pubblico sottolineando che “in un plesso della scuola ci studiano i ragazzi ‘dell’alta borghesia’ assieme ai figli ‘di colf e badanti che lavorano per le loro famiglie’, mentre la sede che si trova “nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario” è frequentata da alunni di “estrazione sociale medio-bassa”.

La suddivisione della popolazione proposta è discutibile sia sul piano sociologico sia su quello culturale-politico: di qua le classi popolari, di là il ceto medio-alto.

Chi conosce il mondo della scuola però non si stupisce della notizia pur continuando a ritenere inaccettabile la carenza di inclusività di taluni istituti.

In ogni caso non siamo nuovi a queste dichiarazioni, oggi scritte nero su bianco nei siti scolastici, ieri non codificate ma ben note ai genitori e a quella parte di cittadinanza interessata al funzionamento dell’istruzione.

Leggere i RAV delle scuole è istruttivo per conoscere la carta di identità delle scuole del nostro territorio che si presentano in rete con vetrine dove vengono esplicitati programmi, progetti, eccellenze, scelte didattiche ritenute particolarmente prestigiose.

L’istituto romano incriminato è in buona compagnia anche se in molte scuole si è fatta prevalere una certa cautela unita a un pizzico di ipocrisia. Della serie: nel nostro istituto ospitiamo eccellenze socio-economico – culturali ma non serve scriverlo dal momento che i classici canali di informazione, dalle testimonianze al passaparola, funzionano molto bene ancora oggi, ai tempi di Internet.

È successo e succede anche in certe scuole della nostra provincia.

Un genitore “non italiano” viene convocato dallo staff scolastico e invitato a spostare il figlio, per il suo bene, in un’altra scuola, in un istituto con minori pretese, dove è più facile essere promossi. Invece nella determinata scuola, spesso scelta per vicinanza dalle famiglie meno informate, le richieste ai ragazzi sono più pressanti e si corre il rischio di rimanere indietro, cioè di essere bocciati.

Le famiglie più attente compilano una propria lista di scuole appetibili. Perché ritenute tali dall’opinione pubblica, o riconosciute come più valide sul piano culturale; perché da sempre vi insegnano docenti più severi ma più qualificati; perché i programmi e gli obiettivi di studio sono più complessi e l’asticella delle richieste agli studenti si pone più in alto.

Un’indagine effettuata dal sito Skuola.net ci mette al corrente di quanto conti per le famiglie l’ambiente socio-economico al momento della scelta della scuola.

Gli esiti del sondaggio confermano ciò che la scuola di via Trionfale a Roma aveva esposto nel sito. Il campione di 500 genitori di ragazzi della scuola dell’obbligo evidenzia che 1 genitore su 3, al momento di formalizzare l’iscrizione, si è documentato in modo approfondito sulla composizione demografica dichiarata dai singoli istituti.

Il 35% riconosce il peso dei dati forniti sul reddito delle famiglie degli alunni frequentanti; il 22% si è lasciato influenzare solo in parte da questo dettaglio; il 43% del campione dichiara di non aver considerato la condizione economica delle famiglie del proprio bacino di utenza.

Anche se poi per individuare la scuola “giusta” in tanti si dà un’occhiata al numero di alunni stranieri, di nomadi, di disabili, di ragazzi con disturbi di apprendimento.

Ma chiudiamo con un esempio positivo. Esistono numerose scuole inclusive: una di questa dichiara che “l’incontro con culture diverse arricchisce gli alunni e li rende più consapevoli della dimensione sociale in cui sono inseriti”. A questa affermazione fa seguire l’elenco delle nazionalità presenti tra i banchi.

Riteniamo che sia utile indignarsi se una scuola fa distinzioni basate sul reddito.

Potrà servire ad avviare una seria discussione sull’inclusività della scuola.

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