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Cultura

IL PENSIERO DI SIMMEL

LIVIO GHIRINGHELLI - 31/01/2020

simmelGeorg Simmel (Berlino 1858-Strasburgo 1918), filosofo e sociologo tedesco, è docente straordinario nell’Ateneo berlinese nel 1901 e dal 1914 ordinario a Strasburgo. La prima fase del suo pensiero registra il tentativo di inserire la tradizione kantiana nel positivismo evoluzionistico (Spencer, Darwin); si avvicina poi al neokantismo e alla filosofia dei valori di Windelband, Rickert e alla fenomenologia di Husserl, con prevalente tendenza relativistica.

 Gli si pone come problema centrale la critica della conoscenza storica: i valori e lo svolgimento della civiltà non sono riconducibili alla causalità naturale, non c’è una conoscenza oggettiva del passato. Bisogna mirare alla penetrazione psicologica per rivivere i caratteri di un’epoca.

 Ecco una molteplicità di mondi, che coesistono, fondandosi su un principio organizzativo, nell’individuo l’uno accanto all’altro. Si delinea una concezione biologica della vita spirituale con progressività della tendenza organica in ogni sfera; è l’espressione dell’autopotenziarsi della vita, con identificazione tra verità e utilità vitale (qui Simmel manifesta vicinanza al pragmatismo di James, a Bergson, a Nietzsche).

Una terza fase del pensiero di Simmel sviluppa una concezione vitalistica, in cui si accentuano le tendenze mistiche (Sulla filosofia della religione, 1912). La vita è contrasto tra la spirito e le sue stesse forme: lo spirito vitale è chiamato di continuo a sormontare la semplice esistenza e al contempo a superare l’irrigidimento delle forme spirituali. Il contrasto non approda comunque a una verità definitiva e assoluta. Nel contrasto è la tragedia della cultura.

 Nel mondo contemporaneo si rivela come una tragedia sociale: l’individuo si oppone sempre più a una sottomissione passiva alle forme e istituzioni sociali, onde una permanente conflittualità (Il conflitto della cultura moderna, 1918).

Per Simmel l’uomo nel passato era incapsulato entro una molteplicità di sfere tendenzialmente concentriche (famiglia, stirpe, corporazioni, Stato, Chiesa). La società contemporanea invece procede verso una differenziazione accentuata (La differenziazione sociale, 1890), ponendo il singolo nell’intersezione di circoli sociali eccentrici.

 L’individuo diventa tanto più se stesso, quanto più ingloba tratti di universalità condivisi con altri, allargando il ventaglio delle combinazioni possibili, con l’opportunità di realizzarsi. Ogni accrescimento del ruolo della soggettività produce come contraccolpo una dilatazione dell’ambito dell’oggettività e viceversa.

 La liberazione dalle fatiche non si traduce comunque in una maggiore soddisfazione personale. Con la diffusione delle macchine e l’esonero dalle mansioni più gravose si apre un inatteso spazio di virtualità, di tempo libero, di cui non si sa appieno godere.

 La tecnica cammina più rapidamente della possibilità di sviluppo delle persone (Filosofia del denaro, 1900). La razionalità emigra dalla coscienza soggettiva e si insedia in automatismi e supporti materiali (il denaro) e tende a diventare priva di senso. La spiritualità si trasferisce entro automatismi oggettivi e a-coscienziali, mentre si amplia uno spazio sempre maggiore di libertà e di indeterminatezza.

Si scopre l’essenziale nell’inessenziale, nel marginale. Siamo spinti verso una de-realizzazione che soddisfa, un’illusione più vera di ogni realtà. La filosofia del denaro fa che questo crei una distanza tra persona e proprietà e quindi tra persone e persone. La libertà priva di qualsiasi direttiva porta con sé costante inquietudine. La cultura moderna muove verso il livellamento e la massificazione.

Per quanto concerne la fondazione della scienza storica (Il problema della filosofia della storia,1892), (Introduzione alla scienza morale,1892) Simmel ritiene che le categorie che organizzano la conoscenza non sono degli a priori con validità universale, ma si definiscono a partire dai contenuti empirici, contenuti non dati, ma ricostruiti.

 L’oggetto delle diverse scienze è realtà empirica strutturata. Le strutture costitutive della scienza storica sono anch’esse storiche, ricavate soltanto dalla processualità concreta del divenire umano. Gli oggetti della sociologia si presentano indipendenti dagli individui, pur esprimendo i rapporti interpersonali. Lo studio mette tra parentesi gli individui concretamente esistenti per delle realtà sussistenti di per sé (Sociologia, 1908).

Nella storia invece le motivazioni individuali risultano fondamentali. L’unificazione di soggetto e oggetto è dettata dalla necessità di immedesimazione nell’altro. Le categorie non possono essere considerate come strutture logiche, bensì come strumenti concettuali per l’elaborazione dei dati. Si ha distanza al contempo dal neocriticismo, come dalla filosofia kantiana.

La relatività delle forme categoriali ci dice che vengono prodotte a partire dalla vita concreta. Così la tematica della vita come spontaneità creatrice diventa centrale. In Schopenhauer e Nietzsche (1907) quest’ultimo diventa punto di riferimento per una in-trascendibilità della vita che contiene in sé e produce in modo autonomo le forme della propria organizzazione.

Nell’Intuizione della vita (1918) la vita si autotrascende producendo la propria razionalità e il proprio senso nei mondi ideali della conoscenza, della religione, del diritto, della morale. Nel Conflitto della cultura moderna, 1918) si afferma che la vita deve sempre limitare le forme in quanto queste la esprimono sempre parzialmente ed esigono perciò di essere superate.

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