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Quella volta che

PUGNI D’ORO

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 14/02/2020

dagata-Caro Mauro, quella volta che…

“Caro Massimo, quella volta ch’ero al cinema Impero con mio fratello Silvio e davanti a noi stavano, in tuta blu con scritta gialla, due assi del pugilato”.

-Pugilato italiano?

“Pugilato italiano. E perfino mondiale, a proposito di uno dei due”.

-Siamo ai nomi…

“Guido Mazzinghi e Mario D’Agata. Il primo un buon atleta, il secondo un fuoriclasse”.

-Partiamo da D’Agata…

“Campione italiano ed europeo dei pesi gallo. Poi anche mondiale, cintura conquistata a Roma nel ’56 contro il francese di origine tunisina Cohen. L’anno successivo il titolo gli venne sfilato da un altro francese, Halimi, in una memorabile sfida al Palais des Sports di Parigi. Memorabile e discussa”.

-Perché discussa?

“Perché il match venne sospeso per otto minuti a causa di un black out elettrico. Fatto strano, forse pilotato. E che penalizzò D’Agata. Era solito metterci tre o quattro round a scaldarsi e quindi dare il meglio. L’interruzione avvenne proprio quando stava per carburare, come si dice. Sicché Halimi ne risultò avvantaggiato”.

-D’Agata era stato preceduto solo da Carnera, come italiano iridato…

“Solo da lui, che aveva ottenuto il titolo nei pesi massimi. Ma il merito di D’Agata fu straordinario: era sordomuto, e per ottenere grandi risultati nello sport si può immaginare quanto avesse dovuto faticare”.

-E Guido Mazzinghi?

“Aveva gareggiato alle Olimpiadi del ’52, categoria pesi medi, eliminato al terzo incontro. Proseguì la carriera per qualche anno, ritirandosi nel ’57. Era il fratello di Sandro, divenuto assai più celebre di lui”.

-Come mai Mazzinghi e D’Agata in un cinema di Varese?

“Appartenevano, insieme con numerosi altri pugili, alla scuderia Ignis, che Giovanni Borghi aveva creato facendosi sponsor di questo e tanti sport popolari: ciclismo, basket, canottaggio, eccetera. Senza contare il fatto ch’era divenuto patron del Varese calcio. La Casa dell’atleta di Comerio s’impose come modello di struttura collegiale-agonistica: lì si allenavano e riposavano i migliori esponenti d’un sacco di discipline. Avevano a disposizione fior di attrezzature”.

-Ne hai mai fatto uso, appassionato di boxe come sei?

“Avrei voluto. Mi presentai, poco più che giovincello, chiedendo d’essere ammesso a una prova. L’istruttore che mi accolse, negò subito il permesso: ero miope, niente da fare”.

-Torniamo ai Mazzinghi, cioè a Sandro…

“Boxeur eccezionale e uomo fuori del comune. Ho avuto la fortuna di conoscerlo. Sessantaquattro match in carriera, tre sole sconfitte, campione d’Europa e del mondo dei medi junior. Vestiva già i colori della Ignis quando, nel ’60, conquistò il mondiale militare dei superwelter a Fort Dix negli Stati Uniti. Professionista dal ’61, infilò successi a raffica battendo per esempio Tony Montano, Don Fullmer e Ralph Dupas. Vittoria, quest’ultima, ottenuta al Vigorelli di Milano e che gli valse l’alloro mondiale”.

-Venne poi la rivalità con Nino Benvenuti…

“Benvenuti era stato campione olimpico a Roma ’60 e godeva di grande popolarità. Invocato da tutta la stampa italiana, il duello si tenne infine nello stadio di San Siro nel giugno del ’65. Davanti a sessantamila spettatori vinse Nino, e idem accadde nella rivincita al palasport si Roma. Ma se sul successo milanese ci fu poco da discutere, su quello capitolino le recriminazioni di Mazzinghi piovvero. Era convinto che i giudici l’avessero penalizzato”.

-Poi ebbe l’occasione di prendersi quel titolo…

“E la colse. A San Siro s’incontrò col coreano Ki Soo Kim, che aveva scalzato Benvenuti dal trono dei medi junior. Match terribile, botte veramente da orbi. Vinse Sandro, un eccezionale guerriero”.

-Come finì la carriera?

“Uscì dal giro mondiale dopo un paio di dubbi “no contest” contro Freddie Little e Wilfredo Hurst. Erano i segnali del declino che avanzava. Ma Sandro proseguì a brillare in altri campi”.

-Cioè?

“Nel ’69 esordì come cantante con “Fuoco spento” e “Almeno in sogno” scritti e musicati da Gianfranco Intra. E successivamente si diede alla scrittura. Il libro “Pugni amari”, che racconta la sua vita, vinse il Bancarella sport nel 2005. Ma anche “Sul tetto del mondo”, del 2008, ebbe un ottimo riscontro fra il pubblico. Sandro scrive bene, anzi benissimo”.

-Oggi cosa fa?

“Abita in una bella casa in Toscana, produce vino e olio, continua a dedicarsi alla letteratura. Pontedera, la sua città, gli ha dedicato un monumento”.

-Potrebbe dedicargli qualcosa anche Varese?

“Dovrebbe. È stato ambasciatore dell’Ignis nel mondo, dunque della nostra città. Onore a Sandro, uomo d’azione e di sentimento. Ovvero, direi: Sandro ad honorem. E lo dovrebbe dire, cioè fare, anche l’Amministrazione civica”.

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