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Cultura

OVE ABITAI FANCIULLO

SERGIO REDAELLI - 21/02/2020

Sempre caro mi fu quest’ermo colle e questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude….”. E’ l’incipit de L’Infinito, uno dei più elevati idilli di Giacomo Leopardi. Il poeta lo scrisse appena ventunenne nel 1819 quando incominciava a chiudersi in una progressiva solitudine. Il cantore del destino infelice dell’uomo, l’autore del Sabato del Villaggio, di A Silvia e de La Ginestra, simbolo della fragile e tenace condizione umana, sognava di fuggire da Recanati, il “natio borgo selvaggio” di cui si sentiva prigioniero. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto visita a Casa Leopardi nel dicembre scorso per celebrare i 200 anni della stesura de L’Infinito e ora la famiglia vara un nuovo grande evento in memoria del poeta forse più profondo e musicale della letteratura italiana.

Dopo il restauro eseguito sotto la supervisione della Soprintendenza alle Belle Arti, aprono infatti il 21 marzo gli appartamenti privati di Giacomo che da oltre due secoli erano off-limits per i turisti. Il nuovo itinerario di visita, denominato “Ove abitai fanciullo”, consente l’accesso ai saloni di rappresentanza del palazzo, alla galleria con le collezioni d’arte, al giardino che ispirò i versi de Le Ricordanze, al salottino dove i fratelli Leopardi si intrattenevano e alle camere private del poeta. Aperte dunque, dal 21 marzo, insieme alla biblioteca di 20 mila volumi, alla cantina e alla mostra permanente Museo Leopardi che ripercorre la vita del poeta attraverso gli oggetti a lui più cari.

Poco distante dal palazzo è il poggio che ispirò la più celebre lirica, L’Infinito. Il manoscritto originale appartiene al Comune di Visso nel Maceratese ed è esposto nella mostra con alcune pagine autobiografiche del conte Monaldo, lo stemma di famiglia e i cimeli che documentano l’antica storia dei Leopardi. Il museo, ricavato nei locali dell’ex frantoio, contiene le testimonianze sui “diletti studi e le sudate carte”, lo scrittoio del poeta, i classici greci, latini e italiani con cui Giacomo consolidò la sua formazione culturale, i programmi di studio, le schede biografiche e 150 ex libris. La mostra-museo espone i manoscritti giovanili, i giocattoli dell’infanzia, la culla e l’abito di battesimo, i mobili e gli oggetti della collezione di famiglia.

Una video-proiezione digitale esplora il trattato di Storia dell’Astronomia che Giacomo scrisse a quindici anni. In evidenza le patenti di nobiltà della contea di S. Leopardo risalenti al XIV secolo, l’albero genealogico di famiglia e due libri che attestano la parentela dei Leopardi con una celebre casata siciliana, i Tomasi di Lampedusa dell’autore de Il Gattopardo. Fra tabacchiere, orologi da carrozza, soldatini di piombo, monete e cedole d’inizio ‘800, sigilli e ceralacche dell’Accademia dei Diseguali Placidi fondata da Monaldo, i documenti ricordano la nascita dell’amato fratello Carlo, il prediletto, “l’altro me stesso” come amava dire il poeta e certificano la nascita della terzogenita Paolina, dapprima compagna di giochi e poi confidente e copista degli scritti della maturità.

Il palazzo neoclassico della famiglia Leopardi si affaccia sulla piazzuola intitolata al Sabato del Villaggio. Ne fanno parte la Cantina del XVII secolo rimasta in attività fino al 1994 (oggi è la sede amministrativa dell’azienda agraria Conti Leopardi di S. Leopardo i cui vigneti in località Valdice e Chiarino, sul versante marino di Recanati, sono curate in collaborazione con Terre Cortesi Moncaro che commercializza i vini della casa e ha contribuito al restauro conservativo). La cantina occupa una superficie di 350 mq con le antiche botti e le arcate a crociera che sorreggono la biblioteca leopardiana. La cantina è stata recentemente arricchita con un’ampia documentazione agronomica ed enologica.

È utilizzata per serate di gala leopardiane e mostre d’arte, meeting universitari, conferenze, degustazioni e convivi enogastronomici. Una delle bottiglie più vendute si chiama Zibaldone come la raccolta d’annotazioni, pensieri e riflessioni filosofiche che esprimono il desiderio del piacere nell’uomo e l’impossibilità di afferrarlo se non con l’immaginazione, l’illusione e l’arte. Il vino fu creato nel 1998 in occasione del bicentenario della nascita di Giacomo (29 giugno 1798). Il Centro nazionale di Studi Leopardiani ha sede in un edificio contiguo, costruito nel 1937. Possiede una biblioteca aperta agli studiosi, una sala espositiva di materiale legato alle memorie e alla produzione di Giacomo e ospita corsi di studio, convegni e seminari.

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