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Quella volta che

NOI TRE

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 28/02/2020

Mauro Della Porta Raffo tra Bruno Lauzi e Nanni Svampa

Mauro Della Porta Raffo tra Bruno Lauzi e Nanni Svampa

-Caro Mauro, quella volta che…

Caro Massimo, quella volta che Bruno Lauzi scriveva canzoni sdraiato su uno spelacchiato divano della sede del Partito Liberale di via Bernascone mentre io e Chiara giocavamo a carte, seduti al solito, vecchio, rotondo tavolo”.

-La prima e non l’ultima volta di Lauzi compositore in quelle stanze…

Certo che no. Iniziò a frequentarle nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando la sua famiglia, di origini genovesi, si trasferì a Varese perché il padre di Bruno, ingegnere, era stato incaricato di sovrintendere agl’interventi nelle cave di Saltrio e Viggiù. A proposito di cave: nella sede del Pli Bruno estrasse, per così dire, quel capolavoro intitolato “Il poeta”. Lo svelò in prima assoluta a Chiara e a me”.

-Lauzi genovese, ma nato all’Asmara nel ’37…

Sì, perché allora gl’impegni di lavoro avevano portato il padre, e dunque anche la moglie Laura ch’era di origini ebraiche, in Africa. Al ritorno in Italia, Bruno frequentò le scuole a Genova e al liceo ebbe compagno di banco Luigi Tenco. Per quell’istituto passarono altri nomi destinati al successo nel mondo della musica e del cinema. Due per tutti: Gino Paoli e Paolo Villaggio”.

-Come mai la predilezione di Lauzi per il Pli, partito non esageratamente popolare?

Forse per l’insegnamento liberale e antifascista del padre, forse per una sua naturale inclinazione alla libertà e alla tolleranza. Era disponibile, generoso, benvoluto. Ornella Vanoni lo chiamava il mio Brunetto”.

-Che rapporto aveva con Chiara?

Ottimo. Gli dava tra l’altro una mano in campo editoriale, correggendo le bozze del periodico ‘L’altolombardo” che Piero dirigeva, e rivedendo anche quelle d’alcuni suoi libri. Tra me e Bruno nacque un’amicizia solida, resistette nel tempo. Al principio degli anni Duemila lo invitai un paio di volte ai Salotti che tenevo al Caffè Zamberletti, e fu l’occasione per rivedere vecchi amici come Steve Mandelli e Vittore Frattini”.

-Un genio poliedrico, come si dice. O è una definizione banale?

È una definizione che calza. Lauzi era poeta e cantante, letterato e artista. Scriveva per gli altri e interpretava benissimo ciò che altri scrivevano per lui. Cito il caso di “Genova per noi” firmata da Paolo Conte. Con la voce particolare di Lauzi, un risultato straordinario”.

-Torniamo alla sede del Pli. A farsi vedere lì fu un altro protagonista di vicende musicali popolari, Nanni Svampa…

Chiara, che lo conosceva da tempo, gli aveva promesso la parte del protagonista nel ‘Pretore di Cuvio’, quando il romanzo fosse stato adattato a film. L’occasione pareva a portata di mano e Svampa ebbe diversi colloqui con Piero. Andarono poi a Roma, senza alla fine combinare nulla. Svampa diceva, al modo in cui dicono molti passati da un’esperienza come la sua: vai a Roma carico d’idee e di progetti e dopo due giorni ti scopri solo e disperato in un albergo”.

-Anche Svampa fu ospite dei tuoi Salotti…

Nell’occasione in cui ebbi insieme lui e Memo Remigi, si riscontrò il boom di presenze. Eguagliato solo da Enrico Mentana: quel giorno c’era la fila fuori dallo Zamberletti per entrare. Aggiungo che Svampa è stato a lungo mio sodale, partecipando a serate comuni. Io tenevo una conferenza d’argomento culturale, a seguire lui faceva il suo spettacolo di canzoni”.

-Che tipo era?

Sapeva proporre al pubblico il sale della vita, imparato durante i trascorsi giovanili nell’amatissima Milano. E lo faceva, dote rara, mettendo l’ironia al servizio della serietà, ciò ch’era il frutto di doti naturali e d’una profonda preparazione. Come tutti coloro che hanno una speciale sensibilità, mostrava talvolta il lato ombroso del suo carattere. Lavorare assieme a lui è stato gratificante, posso definirlo un sodalizio azzeccato”.

-A chiudere: Svampa e Lauzi uniti da che cosa?

Dalla fortuna d’avermi conosciuto, naturalmente”.

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