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Opinioni

QUALE SCATOLA

FABRIZIO MARONI - 06/03/2020

sardineSono passati poco più di tre mesi dalla prima manifestazione delle Sardine, nata quasi per gioco in piazza Maggiore a Bologna. Era il 14 novembre.

Nel mezzo c’è stata la mobilitazione di decine di migliaia di persone in tutta Italia, le elezioni in Emilia-Romagna, il caso Benetton e la “scissione” con Stephen Ogongo e le Sardine romane.

Che cosa rimane adesso del movimento? Le elezioni sono passate da un mese e Mattia Santori ha annunciato l’inizio di una nuova fase, coincidente con la fine dalle adunate in piazza, e ha convocato per domenica 8 marzo un’assemblea nazionale a Bologna.

La nascita delle Sardine è legata alle elezioni regionali del 26 gennaio; e in effetti sembra aver avuto un ruolo importante nel riportare ai seggi chi altrimenti avrebbe scelto il non-voto. Ma l’obiettivo del movimento è sempre stato più alto: una critica al sovranismo e al suo linguaggio, con una speciale attenzione per Matteo Salvini. Con il successo di Bonaccini, quindi, non si è conclusa la missione delle 6000 Sardine; semmai, come ha detto il leader, si è aperta una nuova fase.

Tuttavia, le Sardine hanno goduto negli ultimi mesi di una forte attenzione mediatica che ha messo in difficoltà persino Salvini, il quale ha dovuto tirare fuori dal cilindro una polemica sulle nocciole per tornare a far parlare di sé. Come tutti i fenomeni mediatici, anche le Sardine hanno disegnato una parabola e adesso sono nella loro fase discendente.

Proprio ora arriva il bello: le Sardine possono, potenzialmente, diventare qualsiasi cosa. Santori ha sempre avuto parole di apprezzamento per il Partito Democratico. In effetti, anche in casa PD c’è voglia di rinnovamento. Sembra che Zingaretti voglia approfittare della ventura primavera per spalancare le finestre, spolverare e sbarazzarsi dei panni vecchi. Chissà che non nasca qualcosa dall’incontro fra le due forze.

Di certo, per i fondatori delle Sardine non sarà facile mantenere unito il gruppo. Fin dall’inizio, la connotazione politica del movimento ha rappresentato un tasto dolente: le 6000 Sardine avevano e hanno una composizione piuttosto variegata politicamente. Il collante, e la forza, di questa manifestazione nata dal basso è stato il bisogno di un nuovo modo di fare politica e di comunicare; una provocazione.

Esclusa la possibilità che si costituiscano in un partito autonomo, alle Sardine rimangono due opzioni: indirizzare le proprie forze verso una compagine politica (verosimilmente il PD, con conseguenze tutte da scoprire), oppure proseguire nel ruolo di provocatori, aizzatori, che fino ad adesso hanno saputo svolgere con discreto successo.

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