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Editoriale

NOI CHE

MASSIMO LODI - 13/03/2020

andraSpesso il diavolo eccede in ottimismo: crede di poter peggiorare gli uomini e non vi riesce. Capita che l’inverosimile accada, produca danni e però non depositi solo macerie. Ma lasci anche semi che germogliano. È l’altra faccia del male. È la resistenza del bene. Il bene. Sembra paradossale, se non assurdo, andarne alla ricerca oggi, nell’imperversare dell’infezione che miete vittime, diffonde panico, stravolge abitudini di vita, squarcia abissi economici. Eppure se fra quella di tanti virologi si potesse ascoltare la parola d’un verologo, cioè di chi ha consumato le suole del conoscere sulle strade dell’esperienza storica, essa ci raccomanderebbe d’aver fiducia nel futuro, non solo paura del presente.

Mentre il prodigarsi degli eroi schierati nella prima linea dell’assistenza sanitaria affronta esemplarmente l’ignoto nemico, un diverso adoperarsi va manifestandosi in attento e persuaso crescendo. Sotto traccia a lungo, appare finalmente nel suo profilo compiuto -in controtendenza alla moda cialtrona/menefreghista del tempo- l’impegno al rispetto delle regole in omaggio a sé stessi e a chiunque altro. Una possibilità, fino a quando non è tirato il vento della tragedia. Una necessità, adesso che soffia con impeto devastante. L’irresponsabile egolatria anarchica cede il campo al suo contrario, la responsabile solidarietà sociale: comoda la prima, faticosa la seconda. E giorno dopo giorno si capisce come non sia un cambio comportamentale confinabile nella temporaneità, ma da inserire in un circuito virtuoso proiettato nel tempo.

Il silenzio sottile e tagliente che accompagna l’angoscia di questi giorni reclusivi cancella l’idea d’un mondo come prigione in cui sia da preferire la cella d’isolamento. Suggerisce l’opposto: l’intensificarsi della mescolanza di popolo, sciogliendo i ghiacci dell’aridità egoistica. Mentre l’atteggiamento materiale, obbedendo alle disposizioni mediche/politiche, inclina alla rarefazione dei rapporti comunitari, il moto spirituale procede nella corsia opposta, secondo una tacita vaccinazione dall’amoralità.

Era ora che la si praticasse, riscoprendo il valore dell’essere fraterni, l’unico capace di vincere la solitudine, non a caso definita il campo da gioco di Satana. Il bene che è rovescio del male vuol dire l’ “io” che si volge nel “noi”. Verseggia una celebre canzone: “Noi, è la solitudine che se ne va. Noi, è la tristezza che diventa felicità. Noi, sono le tue mani che cercano le mie. Noi, è essere insieme anche quando non sono solo”. Noi che la pensiamo in questo modo, forse (di sicuro?) ce la faremo. Convinti che, quando se ne coglie il significato e la presenza, il senso della fine non diventa un oscuro presagio, ma l’alba di un mondo che verrà. Il rovescio dell’apocalisse.

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