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Società

ROTTO IL SOGNO

don ERNESTO MANDELLI - 13/03/2020

accogliereStiamo vivendo e sopportando in questi giorni i disagi che la sorpresa del Coronavirus provoca: paure e sospetti tra le persone, difficoltà nelle strutture sanitarie e nelle amministrazioni pubbliche. Alcuni in particolare soffrono per la loro debolezza e fragilità: anziani e vecchi. Queste persone più di altre rischiano di soccombere di fronte al nemico invisibile e alle complicanze che lo accompagnano. L’emergenza pone ulteriormente l’attenzione sulle condizioni esistenziali degli anziani e sulla loro fragilità.

Il clima culturale nel quale viviamo -ne sono una singolare espressione alcuni programmi televisivi- ci presenta come modello di vita una popolazione fatta di persone in piena efficienza fisica, bella presenza, benessere economico, eccetera vita. Altri gruppi di persone, disabili, malati cronici, anziani non fanno parte di questa élite. Negli ultimi anni inoltre una assurda quanto disumana politica ha creato un clima di avversione e di discriminazione verso masse di migranti, quasi non fossero persone umane come noi. Questo clima non favorisce attenzione verso i fragili e i deboli, anzi tende ad escluderli. Infine si verifica un fatto che non possiamo dimenticare perché frutto di questo contesto culturale e problema serio per la qualità umana della nostra vita: l’oblio della morte. La morte disturba il modello di vita felice sopra accennato, costringe a riflettere sul vero senso della vita, pone grandi domande e forse per questo viene facilmente accantonata come se non facesse parte della vita.

Ben altro era il clima di valori nella civiltà contadina vissuta dalle nostre parti fino ai primi decenni del secolo scorso. Il lavoro della terra si svolgeva accanto alle abitazioni, tutta la famiglia, allora allargata e patriarcale, era impegnata nei campi. Anziani e vecchi conservavano un ruolo importante, sia nella attività lavorativa per la esperienza acquisita, sia per la saggezza accumulata negli anni. Non esistevano le Case di riposo. L’avvento della “rivoluzione industriale” ha allontanato il lavoro dalle abitazioni. Molto tempo viene impegnato nei trasferimenti per arrivare al posto di lavoro. La famiglia, ormai nucleare, si ritrova abitualmente solo alla sera. Gli anziani in casa possono diventare un “problema”. Quando non sono più autosufficienti e i familiari in casa non in grado di accudirli, anche con l’aiuto di assistenti domiciliari, la soluzione obbligata è la Casa di riposo e quindi l’allontanamento dalla loro vita normale.

Ma proprio qui si acuiscono le fragilità degli anziani. La loro vita è segnata dalla perdita di un ruolo sociale, dal rallentamento dei legami familiari; i figli hanno formato una loro famiglia. La solitudine accompagna solitamente le loro giornate. Le fragilità si verificano a livello fisico, legate all’invecchiamento; a livello intellettivo, come la demenza senile; psicologico per la fatica ad accettare le nuove condizioni esistenziali.

Questo quadro appena tratteggiato non deve indurre a valutazioni negative sulle Case di riposo, che sono comunque una risorsa importante, nella quale donne e uomini che vi lavorano hanno capacità e preparazione per umanizzare la vita degli ospiti, umanizzando nel contempo anche la propria vita.

Anche le riflessioni appena accennate sulla società attuale non intendono orientare a valutazione negativa sul mondo attuale. Comunque siamo costretti a porci domande importanti: dove ci porterà la società dominata dalla economia, dalla tecnologia e con lo scenario della crisi ecologica? Quali spazi di umanizzazione ci saranno riservati e quali saremo in grado di ricreare? Allarmati da tali prospettive gli uomini avranno capacità e coraggio per ricostruire una convivenza umana degna di questo nome?

Il tempo in cui viviamo sarà ricordato come “epoca del coronavirus”, caratterizzato da estrema fragilità, che ha colpito ovunque: persone, vita sociale, sistema sanitario, istituzioni pubbliche. È impressionante constatare che un piccolissimo nemico invisibile metta in crisi un sistema di vita collaudato negli anni. È la rivolta della natura contro l’uomo? La terra è realtà preziosa e stupenda, sulla quale l’uomo può abitare liberamente e felicemente, godendo di tutti i beni e le risorse che essa offre. Ma avviene così? L’uomo sospinto, meglio soggiogato, da una forza che porta in sé, non sa capire e accettare che la terra è per tutti. Emergono i più forti che accaparrano per sé i beni della terra, i più deboli soccombono e diventano miseri. La terra aveva sognato di ospitare tutti in pace: un progetto di fratellanza universale. Gli uomini hanno rotto questo sogno. Sorgono rivalità, inimicizie, esplodono le guerre. Il sogno è infranto. Ma la terra ha in serbo una sorpresa: nuovi virus colpiscono gli uomini, facendo loro scoprire che sono vulnerabili e indifesi. La loro fragilità è un dramma. Paradossalmente si ristabilisce l’uguaglianza nella comune fragilità. È messaggio che livella tutti, senza eccezioni.

Passerà, siamo certi che passerà. Finiranno le quarantene, le separazioni, gli isolamenti. Cosa resterà? Sorgerà finalmente una nuova umanità senza violenza, rifiuti, discriminazioni; senza più divisioni tra ricchi e poveri, tra forti e deboli, tra fortunati e meno fortunati secondo il progetto originario della terra? Le fragilità saranno accolte in un abbraccio amorevole e fraterno? Sogno…illusione…vedremo.

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