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Pensare il Futuro

FRATELLANZA AUDACE

MARIO AGOSTINELLI - 13/03/2020

Casa della salute ad Alessandria

Casa della salute ad Alessandria

Non si è originali nel trattare della pandemia da coronavirus ormai a diffusione globale. Tuttavia, alcune valutazioni generali possono servirci da insegnamento.

Bisogna partire da un dato sconfortante: la temibile epidemia, che trova per ora i suoi picchi al Nord, deve fare i conti con un taglio di oltre 50 mila medici e altrettanti infermieri a cui si aggiunge la soppressione, solo negli ultimi 5 anni, di 758 reparti in tutta Italia.

La vicenda del corona virus ci ha mostrato invece la necessità di salvaguardare il servizio sanitario nazionale, basato sull’articolo 32 della costituzione e sui principi stabiliti nella legge 833/1978; allo scopo occorre respingere la tendenza a far crescere qualsiasi forma di sanità integrativa e qualsiasi forma di regionalismo differenziato. Inoltre si è constatato che va ripristinato un governo del sistema sul territorio e fuori da ogni logica accentratrice e burocratica (= basta con le aziende e i direttori generali). Ciò significa ridare ai comuni e ai distretti, la possibilità di sostenere un’ampia rete di partecipazione sostenuta principalmente dai movimenti e dalle associazioni che hanno dato prova di lotta a mobilitazione a difesa del diritto alla salute e del servizio sanitario nazionale. La richiesta così spesso trascurata di mettere al centro dell’iniziativa la nascita generalizzata delle case della salute secondo le migliori esperienze nazionali ed europee va rilanciata, poiché senza partecipazione non c’è prevenzione e senza prevenzione non c’è salute.

In Lombardia, in particolare, preoccupa che l’emergenza accentui ulteriormente il sistema di cura privata, che ne ha caratterizzato l’evoluzione negli ultimi 20 anni. Le recenti misure approvate dalla Giunta regionale lombarda sulla collaborazione tra sanità pubblica e sanità privata hanno due conseguenze a nostro parere molto gravi che devono subito essere chiarite e corrette.

Secondo l’Assessorato alla sanità è infatti prevista la possibilità per le strutture private di reclutare e cedere personale alle strutture pubbliche senza alcuna intermediazione della Regione. Il personale medico e infermieristico andrebbe invece assunto attraverso avvisi pubblici, garantendo l’inquadramento contrattuale e non reclutato tramite cooperative o altre forme di esternalizzazione dei servizi che alimentano serbatoi di personale precario e sottopagato e non abbastanza preparato. Per lasciare spazio ai pazienti da coronavirus è sospesa l’attività degli ospedali pubblici su tutte le visite ambulatoriali non urgenti, che si riverseranno inevitabilmente sulla sanità privata, convenzionata e non. Per la tutela della salute pubblica è urgente definire, da parte della Regione, che queste visite siano effettuate al solo costo del ticket senza alcun onere aggiuntivo a carico dei singoli e della collettività.

Dal punto di vista economico le stime di autorevoli economisti internazionali che cercano di dare una prospettiva economica degli effetti dell’epidemia dettano tre scenari: il più favorevole spera in una stagionalità del morbo e dunque una ripresa della normalità entro giugno. Quello più pessimistico descrive la ripresa della normalità all’80% verso la fine del 2020. È facilmente prevedibile che non si tratta solo di contare i decessi o le ricadute sul sistema, ma di creare una rete di sostegno per gli effetti economici e sociali. In particolare, cercare di evitare sottovalutazioni o semplificazioni di cui sono piene le trasmissioni televisive nelle quali spesso i partecipanti si scagliano contro le politiche di prevenzioni di massa. Solo una cosciente interpretazione delle responsabilità che provengono da una fase completamente nuova della specie umana ci farà uscire più uniti e, di conseguenza, più consapevolmente solidali. I muri e i fili spinati cambiano rapidamente di posizione e “il futuro – come avvertiva il compianto Giorgio Nebbia – capita quando meno ce lo si aspetta”. Soprattutto se non siamo sufficientemente previdenti e capaci di una “fratellanza audace” che anche la politica – in alto e in basso – s’era scordata.

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