Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

La Lente d'Ippocrate

GUARDAVA DALL’ALTO

MARCO VITALI - 03/04/2020

urbaniIl 29 marzo è ricorso l’anniversario della scomparsa del dottor Carlo Urbani, insigne infettivologo scopritore della SARS.

Questa malattia è provocata dal virus SARS-CoV che apparve nella provincia cinese del Guangdong tra fine novembre 2002 e luglio 2003 provocando un’epidemia.

La SARS, sindrome respiratoria acuta severa, è causata da un coronavirus trasmesso all’uomo dagli zibetti e può provocare una forma atipica di polmonite letale.

Fu proprio Carlo Urbani che per primo individuò la causa di questa malattia, andando a visitare un paziente proveniente da Hong Kong, ricoverato ad Hanoi da due giorni per una febbre sconosciuta.

Carlo Urbani nacque il 19 ottobre 1956 a Castelplanio, in Vallesina (Ancona).

Negli anni 70 fu costante la sua presenza al consiglio pastorale e in parrocchia dove suonava l’organo. Si impegnava a raccogliere farmaci per Mani Tese.

Nel 1981 si laureò in medicina all’università di Ancona e successivamente si specializzò in malattie infettive e tropicali presso l’università di Messina.

Dal 1986 al 1989 fu medico di base a Castelplanio, dove organizzò viaggi in Africa portando con sé colleghi marchigiani portando aiuto alle popolazioni che non avevano accesso ai farmaci morendo per malattie curabilissime.

Dal 1990 al 2000 assunse il posto di aiuto nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Macerata dedicandosi soprattutto alla cura di malati di AIDS; intanto tenne corsi di parassitologia tropicale in varie università, all’Istituto Superiore di Sanità e in centri ospedalieri.

Nel 1993 divenne consulente dell’organizzazione mondiale della sanità per il controllo delle malattie parassitarie dove eseguì numerose missioni in Africa (fu uomo più incline all’azione che a stare seduto dietro una scrivania)

Nel 1999 fu presidente di medici senza frontiere in Italia e fece parte della delegazione che a Oslo ricevette il Premio Nobel per la Pace.

Nel 2000, rifiutato il ruolo di primario dell’ospedale di Macerata, accettò la nomina di esperto dell’Oms per la regione del pacifico per il controllo delle malattie parassitarie.

Il 28 febbraio 2003 visitò all’ospedale francese di Hanoi un paziente che nessuno sapeva curare e che stava infettando il personale medico. Il caso attirò la sua attenzione e fu lui a capire che si trattava di una nuova malattia e ad allertare il mondo attraverso l’Oms.

Il 29 marzo Carlo Urbani morì all’età di 47 anni, unica vittima italiana della SARS.

A dimostrare l’umanità e la tempra di Carlo Urbani fu una sua lettera in cui scrive che è profondamente felice mentre si rende conto che tutto scorre velocemente e poco gli resta tra le dita. Si chiede cosa restituire in cambio di quanto ricevuto, l’importanza di regalare qualche sorriso o una carezza quando capita, ma soprattutto un profondo senso di gratitudine. Questo per descrivere meglio l’uomo.

Come medico, all’indomani di un colpo di stato del 1997 in Cambogia raccontò il tentativo, insieme ad altri medici, di rimettere in funzione gli ospedali della capitale per prestare soccorso alle vittime degli scontri a fuoco. La sua presenza era diventata fondamentale il giorno in cui convinse il direttore di un ospedale, a riprendere il suo posto in cambio della sua vicinanza.

A dimostrare la sua fede fu un suo scritto in cui racconta: “ Si dice in genere che non esiste mai una situazione con il bianco ed il nero ben distinti, ma che si può trovare della ragione e del torto ovunque. Occorre invece saper distinguere dove sta il Bene, e dove il Male si annida. Le altre letture più equilibrate sembrano sempre più gravi ipocrisie”.

Era un amante del deltaplano, gli piaceva guardare dall’alto, i grandi orizzonti. Scrive la madre: Carlo era vivace, generoso, non uno da scrivania, ma non un coraggioso: forse il deltaplano era il suo desiderio di guardarci dall’alto, noi il paese. Passava sopra casa si abbassava un pò e salutava con la mano.

Il volo genera paura e allo stesso tempo emozione e attrazione. Questo lo sanno bene i piloti quando decollano e quando atterrano. Spesso il volo diventa preghiera di supplica e ringraziamento perché ci fa rendere conto della nostra grandezza ma anche della nostra fragilità…

Queste informazioni sono state tratte dal libro di Lucia Bellaspiga: Carlo Urbani il primo medico contro la SARS

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login