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Quella volta che

DAL GHEPARDO IN POI

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 03/04/2020

casino

Il vecchio Casinò di Campione

-Caro Mauro, quella volta che…

“Quella volta che andai, ed era la prima, in Svizzera con mio padre”.

-E ti stupì il bendidio di cioccolato in vendita dal benzinaio…

“Mi stupì ben altro. Guardando all’insù verso un balcone, vi notai accucciato un ghepardo”.

-Sicuro?

“Sicurissimo. Ebbi conferma anni dopo, ascoltando varie voci, dell’esistenza d’un tipo curioso che lo teneva in casa. L’avevo inquadrata in anticipo, la casa”.

-Periodo?

“Anni Cinquanta, prima metà. Quando circolavano auto di cartone”.

-Di cartone?

“Ma sì. Quelle giardinette marrone e beige. Moltissime. Se non erano di cartone, lo sembravano”.

-Poi com’è andata con la Svizzera?

“Bene. Rapporto sempre felice. Ho ricordi uno più bello dell’altro”.

-Per esempio?

“Per esempio della prima volta che andai in un casinò. A Campione d’Italia, pezzo tricolore in terra rossocrociata. Mi fu compagno Piero Chiara. E non solo compagno”.

-Cioè?

“Era un maestro di carte, dadi, azzardi e scommesse. A Varese, nella sede del Partito liberale di cui era segretario, aveva una roulette. M’insegnò ogni segreto. Tirare alla roulette pare roba per chiunque, e invece non lo è, se si vuol sfidare la sorte con qualche probabilità di riuscire vincitori”.

-Dunque andaste a Campione…

“Sì, io giocai e persi. Uscimmo, dopo che Piero cambiò una fiche da cinquemila franchi, e salimmo in auto. A quel punto mi diede metà della somma, spiegando il motivo del regalo. Aveva seguito un tizio che passava da un tavolo all’altro con puntate da cinquemila franchi alla volta sul rosso o sul nero. Piero ne metteva sul tavolo dieci. Il tizio perdeva, lui vinceva. Finché quello, qualificatolo come menagramo, non gli mise in mano la fiche da cinquemila invitandolo a togliersi di torno”.

-Con Chiara hai spartito anche la collaborazione al Giornale del Popolo…

“Lui vi scrisse in anni lontani, prima d’aver successo come romanziere. Quando nel ’62 uscì ‘Il piatto piange’, il direttore, giudicando l’opera peccaminosa, gli disse che non poteva più accoglierlo nella sua squadra, dove peraltro si firmava come Nick Inghirami, e Piero traslocò al Corriere del Ticino aprendo la rubrica ‘Sale e Tabacchi’. Io modificai il titolo in ‘Sale, Tabacchi e’ inaugurando nel ’94 la collaborazione al Giornale del Popolo. Sarebbe durata sino al 2007. Fu Cesare Chiericati a presentarmi al vicedirettore Moreno Bernasconi durante un sontuoso pranzo al ristorante della stazione di Lugano, che raccomando per la qualità. Venni arruolato”.

-Poi anche dalla Tv del posto…

“Ho avuto l’onore di partecipare, unico nella storia, per tre volte alla trasmissione ‘Controluce’ di Michele Fazioli, un must della Rsi. Fazioli ha intervistato in vent’anni, dal ’93 al 2012, quattrocento personalità d’ogni settore. M’è capitato inoltre d’essere ospite di programmi vari. Ricordo per esempio, a proposito di Campione d’Italia, quando davanti alle macerie del vecchio Casinò obiettai aspramente a quello nuovo progettato dall’architetto Botta. Non mi piaceva e non mi piace per nulla”.

-Riavvolgiamo il nastro, prima di chiudere. Che cos’altro tra l’esordio col ghepardo e la conclusione con le presenze televisive?

“Parecchio, e qui non c’è tempo per dirne. Ma una bizzarria va citata: le uscite a Mendrisio, assieme a un amico medico, per vedere film sessant’anni fa considerati osée e che oggi sono per educande. Un’esperienza da cui ricavai un libro di racconti intitolato ‘Tato fuma’, a causa del curioso ricorrere d’una situazione nel cinema che frequentavamo”.

-Ovvero?

“Tra il primo e il secondo tempo usciva sotto lo schermo la scritta al neon ‘Vietato fumare’. Ma le prime tre lettere e le ultime due a un certo punto bruciarono, sicché si leggeva ‘Tato fuma’. Di qui l’idea del titolo”.

-Un titolo da Oscar…

“I film meno. Ma non c’è trofeo abbastanza celebrativo di quella spensieratezza”.

-L’Oscar che diventa Scarso nel paragone anagrammato…

“Vedi dove ci porta la roulette delle parole”.

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